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La febbre referendaria contagia gli italiani in Svizzera

Il dibattito tra la deputata Laura Garavini (a sin.) e la docente di sociologia politica Cinzia Dato (in piedi), moderato dal vicepresidente della Federazione Colonie libere italiane in Svizzera, Maurizio Spallaccini, il 23 novembre a Neuchâtel, è stato uno degli ultimi appuntamenti dell'intensa campagna in Svizzera per il referendum costituzionale del 4 dicembre in Italia. swissinfo.ch

La più intensa campagna referendaria finora vissuta dagli italiani in Svizzera è terminata. Ora c’è la palpitante attesa per il verdetto delle urne. Sul risultato, oltre all’incertezza, aleggia anche lo spettro di un ricorso, proprio riguardo al voto degli italiani all’estero, nel caso in cui risultasse determinante.

Le schede di voto degli italiani all’estero dovevano pervenire agli uffici consolari oggi entro le 16:00, ora locale. Tutte sono adesso inviate al Centro di raccolta di Castelnuovo di Porto (Lazio), dove saranno scrutinate. Il risultato del voto giungerà solo al termine dello spoglio delle schede, che inizierà domenica sera dopo la chiusura dei seggi, alle ore 23:00, in Italia.

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Le rappresentanze diplomatiche non rilasciano alcun dato sulla partecipazione. Anche per sapere quanti dei quasi 4 milioni di aventi diritto fuori dall’Italia – tra cui circa 482’500 in Svizzera – hanno votato, si dovrà aspettare fino a domenica.

In base all’interesse manifestato durante la campagna, in Svizzera – dove risiede il terzo elettorato italiano all’estero del mondo per ordine di grandezza, dopo Argentina e Germania – gli osservatori ritengono che la mobilitazione sia superiore a quella che si registra solitamente.

Ad influire è stato il clima arroventato della campagna in Italia, dove “il dibattito è diventato a livello di derby calcistico”, si rammarica Alessio Caprari, coordinatore del Comitato per il No in SvizzeraCollegamento esterno. “Il clima politico italiano è impazzito”, gli fa eco Dino Nardi, coordinatore del Comitato per il Sì in SvizzeraCollegamento esterno. “È la prima volta che vivo una situazione simile”, aggiunge Nardi, che ha un’esperienza pluridecennale ed è coordinatore dell’Unione italiani nel mondo (UIMCollegamento esterno) per l’Europa.

Dibattiti e comizi a raffica

I toni nella comunità italiana in Svizzera sono comunque stati decisamente più pacati di quelli in patria, anche se il nervosismo era palpabile, ha constatato swissinfo.ch nei vari dibattiti e comizi seguiti.

Indicativo della mobilitazione è il numero senza precedenti di questi appuntamenti organizzati in tutta la Confederazione elvetica. Solo il Comitato per il Sì, dalla fine di agosto in poi ha tenuto un centinaio di comizi, ci dice Dino Nardi.

Molto attivo è stato anche il Comitato per il No, che ha iniziato la campagna già in giugno e, pur organizzando anche eventi con soli rappresentanti del No, ha puntato maggiormente sui dibattiti con la partecipazione di oratori di entrambi i campi. “Prima di tutto perché il confronto di idee fa parte del gioco democratico. Poi perché con il confronto degli argomenti speriamo di riuscire a convincere anche persone che inizialmente erano per il sì”, ci spiega Alessio Caprari.

Tanti big a caccia di voti

Alacre è stata la partecipazione alla campagna nella Confederazione dei parlamentari eletti dalla circoscrizione esteri residenti in Svizzera: il senatore Claudio MicheloniCollegamento esterno e i deputati Gianni FarinaCollegamento esterno e Alessio TacconiCollegamento esterno. Tutti e tre membri del gruppo parlamentare del Partito democratico (PD) del primo ministro Matteo Renzi, ma con posizioni diverse sulla riforma costituzionale sottoposta al referendum: mentre i deputati Farina e Tacconi la sostengono, il senatore Micheloni la combatte.

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Se la presenza in prima fila dei parlamentari “di casa” rientra nella normalità, fuori dal comune è stato il numero di oratori provenienti dall’Italia. Un elenco impressionante di personalità del mondo politico e di quello accademico. Tra questi ultimi soprattutto i costituzionalisti contrari alla riforma. Troppi i personaggi che hanno fatto la trasferta nella Confederazione, per elencarli qui. Basta però un nome per dare l’idea di quanto ogni campo si sia dato da fare per raccogliere il maggior numero di voti possibile tra i connazionali in Svizzera: la ministra per le riforme costituzionali Maria Elena BoschiCollegamento esterno, la “madre” della legge costituzionaleCollegamento esterno su cui votano gli italiani.

Difficile sapere quale dei due campi abbia convinto maggiormente. Di sicuro nei dibattiti in Svizzera sono stati compiuti grandi sforzi per entrare nel merito della riforma costituzionale e cercare di mettere da parte personalismi e politicizzazione del referendum. Una missione ardua, tuttavia, perché – fa notare Dino Nardi – “tutti seguono ormai tutti i canali televisivi italiani e i social media”.

Un punto particolarmente discusso riguarda direttamente gli italiani all’estero: se la riforma sarà approvata, non avranno più rappresentanti in Senato, poiché questo rappresenterà solo i territori. Continueranno invece ad avere dodici rappresentanti alla Camera, che avrà più peso.

Il peso degli italiani all’estero

Il colpo di coda finale dell’infuocata campagna in Italia con le polemiche su presunti brogli nei voti dei connazionali all’estero e sull’opportunità di permettere il voto per posta non ha poi lasciato indifferenti. Tanto più in un paese come la Svizzera, dove moltissimi italiani con la doppia cittadinanza sono abituati a votare più volte all’anno e a farlo per corrispondenza, c’è chi si è risentito di essere sospettato di corruzione.

Il presidente del Comitato per il No, il costituzionalista Alessandro Pace, ha intanto annunciato che se il voto degli italiani all’estero dovesse far pendere l’ago della bilancia per il sì nel referendum del 4 dicembre, ricorrerà. Il professore di diritto sottolinea che il voto per corrispondenza è contrario alla Costituzione italiana poiché non garantisce la segretezza e quindi anche la libertà di voto.

Ricorrerà anche se gli italiani all’estero faranno vincere il No? Forse lui no, ma magari in tal caso potrebbe farlo qualcuno nell’altro campo. “Speriamo che non siano gli italiani all’estero a determinare il risultato, perché sarebbe grave”, commenta Dino Nardi.

Un’eventualità che però non è così remota e che del resto si è già avverata in passato. La lotta infatti è molto serrata e il risultato potrebbe giocarsi su pochissimi punti percentuali. Se la partecipazione degli italiani all’estero fosse particolarmente elevata, i loro voti potrebbero anche rappresentare tra il 5 e il 7% del totale.

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È giusto accordare il diritto di voto a tutti gli italiani all’estero o si dovrebbero mettere dei limiti (per esempio solo fino a un determinato numero di anni che non risiedono più in Italia)? Scriveteci il vostro parere.

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