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L’impulso di un’epidemia a Zurigo alla democrazia diretta svizzera

dipinto d epoca che raffigura un assemblea dell opposizione democratica nel cantone di Zurigo nel 1867,
Migliaia di persone si riunirono a Zurigo nel dicembre 1867 per sfidare l'ordine politico ed esigere maggiori diritti democratici. Keystone / Anonymous

Nell'estate del 1867 il colera si diffuse a Zurigo. Quando l'epidemia fu debellata, in autunno, il cantone creò "il sistema politico più democratico del mondo".

Dopo la registrazione del primo caso nel luglio 1867, la malattia si diffuse rapidamente a Zurigo, soprattutto nei quartieri più poveri e più sporchi della città, scriveCollegamento esterno lo storico della medicina svizzero Flurin Condrau.

Sei anni, 6’600 contributi: questo è il “caveau” di SWI swissinfo.ch riempito nel corso di 66 mesi con il suo focus sulla Democrazia Diretta. Quest’estate vi presenteremo dieci contributi che hanno mantenuto intatto il loro valore. Perché la democrazia, assieme alla questione climatica e alla previdenza per la vecchiaia, rappresenta uno dei grandi temi globali della nostra epoca.

Le autorità sanitarie, all’epoca ancora agli albori, adottarono i provvedimenti abituali di allora: la messa in quarantena delle case in cui c’erano persone infette, una rigida separazione tra sani e malati. Intanto, i cittadini osservavano con diffidenza quegli sforzi e, con l’aumentare del tasso di mortalità, iniziarono a essere contagiati anche da “un’atmosfera inquietante”, come riportò il quotidiano Winterthur Landbote il 28 settembre 1867:

“Se non si è stati a Zurigo nelle ultime settimane, non ci si può davvero immaginare come ci si sente, sia per le strade che nella mente […] L’impatto della temibile epidemia e l’improvvisa pressione della solitudine pesano fortemente sulla popolazione, e chi da settimane vive in questa situazione non può evitare di essere pervaso da una simile impressione di desolazione”.

E nonostante gli appelli alla solidarietà e all’unità da parte delle autorità, “molti membri delle classi più abbienti vedevano le cose in modo diverso e fuggivano dalla città”, scrive Condrau.

Poi, alla fine di ottobre, tutto finì. Erano morte 481 persone, ma la malattia non si era diffusa oltre la città, né nel cantone o né tantomeno nel resto del Paese.

Un successo? Non per le autorità, almeno. L’epidemia si rivelò il catalizzatore del rovesciamento del potere liberale – incarnato dall’onnipotente figura dell’imprenditore Alfred EscherCollegamento esterno – che aveva governato Zurigo per decenni. I cittadini chiedevano invece più democrazia: prima a Zurigo, dove nel 1869 fu approvata una nuova costituzione (rimasta in vigore fino al 2005), poi in gran parte del Paese, poiché gli avvenimenti di Zurigo ispirarono altri cantoni.

Nel 1874 il diritto di referendum fu ancorato nella Costituzione federale svizzera come strumento di controllo delle leggi varate dal parlamento. Nel 1891 si aggiunse un altro diritto popolare: quello di iniziativa costituzionale.

Stress test sociale

Come sempre, la difficile questione storica è in che misura l’evento ha portato direttamente al cambiamento politico, o in che misura le tensioni preesistenti fossero solo in attesa della scintilla che facesse divampare l’incendio.

Flurin Condrau, professore di storia della medicina all’università di Zurigo, dice che nel 1867 erano riunite “esattamente le condizioni propizie” per un cambiamento. Secondo il ricercatore, l’epidemia è una delle componenti di un trio di tendenze decisive nella Zurigo degli anni 1860. Le altre sono la recessione economica e il nascente movimento democratico, che aveva già cominciato a mettere in discussione l’ordine politico elitario.

Nel migliore dei casi, gli aspetti sociali, economici e politici sono tutti suscettibili di influire l’uno sull’altro, spiega Flurin Condrau a swissinfo.ch. Ma una crisi – in questo caso un’epidemia – è uno “stress test” per la società, che rivela improvvisamente dove si trovano le debolezze e le disuguaglianze, e mette in discussione vecchi valori e regole che sembrano incapaci di dare risposte.

Nuovi movimenti possono quindi trarne beneficio. In questo caso, poiché il colera aveva colpito in modo sproporzionato i quartieri della classe operaia, la popolazione lo ha naturalmente visto non solo come una crisi sanitaria, ma anche come una crisi sociale. Il movimento democratico lo ha dunque collegato “immediatamente” ai suoi sforzi di riforma politica, ed è riuscito a raccogliere sostegno e firme per la riforma costituzionale.

statua di alfred escher
Imprenditore, politico e “re delle ferrovie” Alfred Escher, perse il potere in seguito all’espansione dei movimenti democratici del 1867. © Keystone / Christian Beutler

Dietro la facciata

Andreas Gross, ex parlamentare e storico svizzero specializzato nella democrazia diretta, descrive l’epidemia come un “indicatore sociale”. Colpendo in modo più evidente i poveri, la crisi ha rivelato la menzogna al centro del discorso delle autorità liberali zurighesi: la città non era quella metropoli della ricchezza e del benessere in piena espansione che di cui parlavano sempre.

Gross cita un altro articolo del Winterthur Landbote, del 23 ottobre 1867: “Il colera ha portato ad uno sguardo più approfondito sulla vita popolare […]. Si è scoperto che molti dei nostri concittadini sono in condizioni tali che per loro, anche con la migliore volontà del mondo, è impossibile nutrirsi correttamente […] Il lavoratore è davvero qui per sopperire solo parzialmente ai propri bisogni vitali, compiendo tutti gli sforzi possibili, ed essere dipendente dalla carità per il resto? Non avete idea che tali condizioni devono avere un effetto deprimente e inquietante sul senso dell’onore e sulla morale del lavoratore?”.

Mentre la situazione macroeconomica era in pieno boom, le fasce meno abbienti non ne beneficiavano minimamente. I liberali di Escher avevano pompato denaro nelle infrastrutture e nell’industria, ma lo avevano fatto dall’alto verso il basso e i profitti non erano ripartiti equamente, sottolinea Andreas Gross.

“Hanno trascurato il popolo, non si sono preoccupati delle sue necessità e non hanno creato un sistema fiscale equo. Si sono preoccupati solo dell’alta borghesia. Il colera ha sollevato il coperchio sui reali bisogni della gente e su quante persone si trovassero ancora nella miseria”.

Sfida mondiale

La questione ancora più difficile è come applicare tali lezioni alla crisi odierna. Per Andreas Gross e Flurin Condrau, l’impatto complessivo della Covid-19 non è del tutto chiaro. La narrazione e l’influsso di tali epidemie si vedono solo una volta superate.

Sul piano democratico, tuttavia, Andrea Gross traccia una previsione: la sospensione delle raccolte di firme e delle votazioni popolari in Svizzera non rischia di danneggiare il sistema a lungo termine.

“Le persone oggi sono molto più consapevoli dei loro diritti politici e sensibili che in passato”, dice. Vanno cauti nella rinuncia alle loro libertà democratiche per troppo tempo, come invece successo in Svizzera dopo la Seconda guerra mondiale:

>> Quando la Svizzera levò la voglia di autoritarismo al suo governo

Per quanto riguarda i “problemi nascosti” che tali crisi possono rivelare, possiamo trovare gruppi – senzatetto o richiedenti asilo, per esempio – la cui vulnerabilità è esposta, dice Gross. Potremmo anche trarre lezioni più intangibili sugli effetti che un tale isolamento avrà “sullo spirito”.

Ma complessivamente, egli ritiene che, mentre l’epidemia del 1867 ha aperto gli occhi sulla disuguaglianza e la miseria a Zurigo, la crisi della Covid-19 potrebbe fare lo stesso a livello internazionale: “In Paesi come l’India, il Bangladesh, l’Ecuador o il Congo, milioni di persone potrebbero morire, persone che sarebbero sopravvissute se fossero state in Europa. Questo è uno scandalo di cui una società umana non può assumersi la responsabilità”, tuona l’ex deputato socialista.

Flurin Condrau aggiunge che le buone condizioni del sistema sanitario e dell’economia della Svizzera danno al Paese maggiori possibilità di superare l’attuale stress test senza che compaiano fessure profonde.

Egli concorda sul fatto che il grande impatto si vedrà altrove. Proprio come la crisi del 1867 ha rivelato un sistema sanitario pubblico mediocre a Zurigo, molti Paesi stanno ora scoprendo che i loro ospedali non sono pronti per epidemie su larga scala. Oltre a ciò, le nazioni con economie più deboli – Flurin Condrau cita la Spagna e l’Italia – sono spinte ai limiti.

Al di là delle città o dei Paesi nel loro insieme, egli vede la lezione principale della pandemia del 2020 – a differenza del 1867 – nella “dimensione globale”. Vediamo che questo problema “non può essere affrontato a livello nazionale. Così il ruolo di istituzioni internazionali, come l’Organizzazione mondiale della sanità e l’Unione europea, sta crescendo d’importanza”.

Dopo anni in cui abbiamo trascurato tali organismi, ci renderemo nuovamente conto dell’importanza della cooperazione internazionale, afferma Condrau.

A condizione che tali istituzioni sopravvivano allo stress test.

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