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“Non è possibile che il popolo diriga lo Stato”

Promotori di un iniziativa, impilano le scatole con i formulari con le firme, suddivise per cantoni.
Semplificare o complicare la raccolta delle firme per portare al voto referendum e iniziative popolari in Svizzera? Teoria e pratica non sempre coincidono. © Keystone / Thomas Delley

L'inasprimento dei requisiti per la riuscita di iniziative popolari e referendum è stato ripetutamente chiesto a gran voce da più parti in Svizzera a livello federale in questo inizio di millennio. Al contempo, alcuni cantoni hanno preso la direzione opposta. Ma non si tratta di una contraddizione, spiega uno specialista di democrazia diretta.

Il Ticino ha imboccato di recente la strada dell’agevolazione, seppur minima, dell’esercizio dei diritti popolari. Con il 79% di sìCollegamento esterno, i votanti il 10 febbraio hanno avallato la decisione del parlamento cantonale di allungare i termini per la raccolta delle firme. Questi passeranno dunque dagli attuali 45 a 60 giorni per i referendum e da 60 a 100 giorni per le iniziative popolari.

Lorenz Langer
Lorenz Langer ha studiato medievistica, storia e archeologia nonché giurisprudenza. Attualmente è ricercatore all’università di Zurigo e al Centro per la democrazia di Aarau (zda). zvg

Il cantone italofono non è un caso isolato. Dal 2000, altri sei cantoni hanno modificato le condizioni di raccolta delle firme e, ad eccezione di San Gallo, tutti le hanno allentate, indica Lorenz LangerCollegamento esterno, ricercatore all’università di Zurigo e al Centro per la democrazia di Aarau (zdaCollegamento esterno).

“Non si tratta di una tendenza dominante, ma c’è un certo andamento verso l’ammorbidimento”, osserva l’esperto di democrazia diretta. E quando il popolo è chiamato a decidere, “vota quasi sempre in favore di un allentamento”.

Differenza tra apparenza e fatti

La discrepanza tra il discorso di chi a livello nazionale reclama condizioni più restrittive e i cambiamenti in senso opposto intervenuti in alcuni cantoni non è sorprendente, per Lorenz Langer: mentre il popolo apprezza il fatto di avere questi strumenti decisionali e di poterli utilizzare, politici e accademici temono che essi si prestino ad un uso populista o eccessivo.

“Oggettivamente, più iniziative e più referendum possono presentare dei problemi. Per esempio, un rallentamento del processo legislativo”, rileva il ricercatore. In altri termini, la sovranità popolare ha dei limiti concreti anche in Svizzera.

Il sistema elvetico di democrazia semidiretta “dà l’impressione al popolo di poter partecipare alle decisioni politiche. Ma in realtà si tratta di decisioni puntuali. Non è possibile che il popolo diriga lo Stato. C’è una differenza tra l’apparenza e i fatti. E nei fatti legiferare resta compito del parlamento”, afferma Lorenz Langer.

Grande diversità tra i cantoni

D’altra parte, occorre anche distinguere la diversità dei contesti nei quali sono intervenute le agevolazioni. I cantoni che hanno ammorbidito i requisiti, in genere, sono quelli che hanno quorum e scadenze più severi. Per esempio, il Ticino, anche se ora concederà ai promotori 15 giorni in più per raccogliere le firme per i referendum e 40 giorni supplementari per le iniziative, resta al terzo posto dei cantoni con la più alta proporzione di firme richieste rispetto al corpo elettorale.

Con 7’000 firme necessarie per il referendum e per l’iniziativa legislativa questo quorum attualmente è pari al 3.15% del corpo elettorale ticinese, mentre per l’iniziativa costituzionale (10’000 firme) corrisponde al 4.5%. Quote decisamente più elevate di quelle della maggior parte dei cantoni, come anche di quelle a livello nazionale.

Le 50’000 firme che si devono raccogliere entro 100 giorni per la riuscita di un referendum federale equivalgono infatti allo 0.92% degli elettori iscritti in catalogo in Svizzera, mentre le 100’000 necessarie entro 18 mesi per un’iniziativa sono pari all’1,84%. In altre parole, proporzionalmente in Ticino si deve raccogliere circa il triplo delle firme per portare al voto referendum e iniziative cantonali.

Fattori molteplici e complessi

Resta comunque difficile determinare se un allentamento dei requisiti porti automaticamente a un aumento del numero di iniziative popolari e referendum e viceversa.

In passato dei confronti tra i cantoni hanno mostrato che non c’è un rapporto diretto evidente tra il livello di queste condizioni e il numero delle iniziative che giungono in votazione popolare.

Per esempio, un’analisi comparata per il periodo 1990-2010, effettuata dal professore dell’università di Berna Marc BühlmannCollegamento esterno, direttore dell’annuario Année politique suisseCollegamento esterno, mostra che vi sono cantoni con un quorum di firme elevato, dove sono riuscite più iniziative che in altri con una soglia più bassa, come si vede nel grafico seguente.

grafico
Osservazioni: Sei cantoni nel frattempo hanno modificato il quorum richiesto per le firme: Zurigo, Uri, Grigioni, Basilea Città, Neuchâtel Ginevra. In quest’ultimo è dapprima stata fissata una quota pari al 4% degli aventi diritto di voto, al posto di un numero di firme. In seguito, la quota è stata abbassata al 2%. Ad Appenzello interno e Glarona è ancora in uso la Landsgemeinde. swissinfo.ch

Anche nei cantoni in cui si sono cambiate le regole del gioco non è semplice misurare l’impatto. “Tendenzialmente un ammorbidimento delle condizioni, dovrebbe far aumentare il numero dei referendum e/o iniziative. Ma non è una regola assoluta. Ci sono pure stati casi in cui si sono registrate diminuzioni”, precisa Lorenz Langer.

Inoltre, secondo il ricercatore, occorre prudenza nel trarre conclusioni: anche se c’è un aumento delle iniziative e/o dei referendum dopo un allentamento dei requisiti, è difficile stabilire fino a che punto vi sia una relazione di causa a effetto. I fattori che determinano il lancio e la riuscita di iniziative e referendum sono “molteplici e complessi”, avverte.

Guardando alle firme elettroniche

Un fatto sembra però certo: quorum e scadenze per la riuscita dei due strumenti tradizionali della democrazia diretta svizzera saranno nuovamente oggetto di discussioni. In particolare, nell’ambito di un dibattito appena abbozzato, che verosimilmente terrà banco nei prossimi anni: l’e-collecting, vale a dire l’introduzione della firma digitale per referendum e iniziative popolari.

A livello svizzero, una mozioneCollegamento esterno in tal senso è attualmente pendente alla Camera del popolo. A livello cantonale, San Gallo è già un passo in avanti: il parlamento lo scorso novembre ha incaricato il governo di elaborare le basi necessarie per avviare delle prove pilota.

Raccolta semi-digitale

Mentre le firme elettroniche per iniziative popolari e referendum sono solo in fase di discussione, Internet entra già in gioco nelle campagne di raccolta delle sottoscrizioni in Svizzera e il suo ruolo si sta nettamente intensificando. Se già da anni i promotori di iniziative e referendum sono immancabilmente sulla rete e dai loro siti si possono stampare i formulari da firmare, la vera e propria rivoluzione strategica è stata la creazione, nel 2016, da parte di un’associazione senza scopo di lucro, della piattaforma online wecollectCollegamento esterno. Questo strumento di promozione, con il quale sono sollecitati attivamente i cittadini tramite e-mail e reti sociali, si è dimostrato così efficace, che ora il Partito socialista svizzero (PS) ha deciso di crearne uno simile. Con il proprio software opensource denominato “Democracy BoosterCollegamento esterno“, il PS mira non solo ad accelerare le raccolte di firme ma anche a disporre una miniera di contatti per tutte le sue campagne.

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