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Fusione di 13 comuni, la “porta del Ticino” si apre al futuro

Nota per i suoi tre castelli medievali, patrimonio mondiale dell'Unesco, la capitale del Ticino si rafforza per affrontare le sfide del futuro: l'aggregazione di 13 comuni, nell'aprile 2017, farà nascere una nuova Bellinzona che vuole essere un polo trainante del cantone. Keystone

Città di poco più di 18mila abitanti, Bellinzona in aprile diventerà un polo urbano di oltre 42mila abitanti, grazie alla fusione con altri 12 comuni: una tappa cruciale di un vasto processo aggregativo in atto in Ticino. In primo piano ci sono la partecipazione dei cittadini e l'autonomia comunale, componenti basilari della democrazia diretta e del federalismo elvetici.

La fusione, che per numero di comuni non ha precedenti in Svizzera, segna una svolta in una regione del Ticino – il SopraceneriCollegamento esterno – ancora molto frammentata. In particolare nei suoi due agglomerati urbani, ossia quello di Bellinzona e quello di Locarno.

Non soltanto: questo passo “porta tutto il Ticino nel XXI secolo”, ha dichiarato il capo del dicastero cantonale delle istituzioni, Norman Gobbi, il 18 ottobre 2015, commentando l’esito della votazione consultiva sul progetto di aggregazioneCollegamento esterno, per dar vita alla nuova BellinzonaCollegamento esterno. Dalle urne è uscito il sì in 13 dei 17 comuni coinvolti.

                    Il risultato della votazione nei 17 comuni

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Il progetto bellinzonese è un importante tassello nella strategia aggregativa del cantone. Fondata su studi, rapporti, procedure di consultazione, essa coniuga un’intensa informazione con consistenti incentivi finanziari e punta in primo luogo sulla volontà delle autorità locali e dei cittadini. In costante evoluzione, la politica aggregativa ticinese è stata avviata alla fine degli anni ’90.

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“All’epoca in Ticino c’erano 247 comuni, ossia quasi lo stesso numero dei tempi di Napoleone, nel 1803, quando è nato il cantone. Vale a dire che i comuni sono rimasti praticamente immutati, mentre le abitudini e le necessità dei cittadini sono profondamente cambiate. L’importante eterogeneità fra le diverse comunità ha portato a una centralizzazione cantonale di compiti di prossimità, che sarebbero quelli tipici dei comuni, perché non tutti erano in grado di assolverli”, rileva Elio Genazzi, capo della Sezione enti localiCollegamento esterno del cantone Ticino.

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Così si è creata una distorsione nel sistema federalista svizzero basato sui tre livelli – comunale, cantonale e federale –, ognuno con le proprie competenze e i propri oneri. “L’aggregazione è un passo necessario per rafforzare i comuni e rinfrescare il federalismo, affinché funzioni”, afferma Genazzi.

Un comune in grado di rispondere alle sfide

Nel caso della nuova Bellinzona, “l’idea è di costituire un comune che abbia le risorse finanziarie e tecniche, le competenze professionali e la struttura per poter fare una politica locale sociale, economica e culturale, per sviluppare una mobilità regionale, per garantire una pianificazione del territorio che tenga conto di quelli che sono i parametri odierni”, spiega il sindaco dell’attuale Bellinzona, Mario Branda.

Il capoluogo ticinese si prepara così anche agli sviluppi attesi in seguito all’apertura, lo scorso dicembre, della nuova galleria ferroviaria del San Gottardo. Secondo le previsioni, il notevole raccorciamento dei tempi di percorrenza tra il nord e il sud della Svizzera comporterà un forte aumento della mobilità. Questa dovrebbe tradursi in una espansione di Bellinzona, la prima stazione sul versante sud del San Gottardo, ovvero la “porta del Ticino”.

Un processo partecipato

Per affrontare le sfide in divenire occorre un Bellinzonese coeso, osserva Branda, secondo il quale, tutto il processo partecipativo su cui è stata costruita l’aggregazione, “consentirà di portarla avanti con il necessario sostegno. Per questo ritengo importante passare dalla verifica popolare per le aggregazioni comunali”.

Con una proporzione di sì di quasi il 60% di tutti i votanti e di quasi il 68% nei 13 comuni in cui l’aggregazione è stata approvata, “il responso popolare è andato addirittura oltre le nostre aspettative”, dice il sindaco.

Partecipazione popolare e rispetto della volontà della maggioranza sono fondamentali anche secondo i sindaci dei comuni che hanno rifiutato l’aggregazione.

Altri sviluppi

Fusione coatta

La Legge cantonale sulle aggregazioni e separazioni dei comuni prevede che il parlamento può imporre a dei comuni di aggregarsi anche se hanno dato un parere negativo, nei seguenti casi:

“a) quando la pregiudicata struttura finanziaria e le limitate risorse economiche di un comune non gli permettono più di conseguire il pareggio della gestione corrente;

b) se la partecipazione di un comune alla costituzione di un nuovo comune è necessaria per ragioni geografiche, pianificatorie, territoriali, di sviluppo economico, di funzionalità dei servizi e di apporto di risorse umane e finanziarie;

c) se perdura l’impossibilità di un comune di costituire i suoi organi o di assicurare una normale amministrazione o quando gli organi comunali si sottraggono in modo deliberato ai loro doveri d’ufficio”.

Coazione possibile

Se nell’aggregazione bellinzonese la volontà popolare dei quattro comuni che non hanno voluto aderire è stata rispettata, in Ticino però non è stato così in tutte le fusioni. La leggeCollegamento esterno cantonale contempla infatti anche la coazione.

Seppur limitata a condizioni precise, l’aggregazione coatta è aspramente criticata dagli oppositori, che la giudicano una violazione dell’ampia autonomia di cui gode il comune nel sistema federalista elvetico.

“Ma l’autonomia non è semplicemente giuridica: la vera autonomia significa che il comune ha i mezzi per soddisfare le esigenze dei propri cittadini”, obietta Elio Genazzi. Quando il comune deve ricorrere a versamenti di compensazione intercomunale o all’adesione a consorzi, è il segnale di mancanza di autonomia.

Oltre tutto, il consorzio “non è affine alla democrazia svizzera. Nel consorzio, per esempio, non ci sono i diritti di iniziativa popolare e di referendum, che sono i capisaldi del sistema democratico elvetico”, sottolinea lo specialista. Con le aggregazioni in Ticino si è passati “da 200 consorzi a una cinquantina, che nei prossimi anni dovrebbero arrivare a meno di 30”. Dunque si è compiuto un notevole progresso.

Tra resistenze e accelerazioni

Una visione completamente diversa da quella dell’Associazione ticinese per l’autonomia dei comuni (ATAC), la quale tra l’altro ha sostenuto il ricorso di 81 cittadini alla Corte suprema – che lo ha bocciato – contro l’aggregazione della nuova Bellinzona. Secondo il presidente dell’ATAC, Alberto Poli, la maggior parte delle fusioni comunali effettuate in Ticino ha favorito i centri a scapito delle periferie.

“Anche i cittadini delle periferie che hanno votato a larghissima maggioranza per le fusioni, una volta che queste sono state realizzate sono rimasti scontenti e si sono pentiti”, sostiene Poli.

Il successo incontrato dai promotori di due iniziative popolari cantonali che chiedevano delle grandi fusioni comunali sembrerebbe tuttavia indicare che molti cittadini propendano per questa evoluzione. La prima iniziativaCollegamento esterno prevedeva la creazione di due poli urbani – Bellinzona e Locarno –, la secondaCollegamento esterno domanda di ridurre il numero dei comuni in Ticino a 15, contro i 135 del 2013 quando è stata depositata.

L’elettorato ticinese non si è potuto esprimere sulla prima, perché dichiarata irricevibile. Probabilmente la seconda subirà la stessa sorte. La Corte suprema ha confermato che l’iniziativa dichiarata irricevibile viola la Carta europea delle autonomie localiCollegamento esterno. Questa stipula che, “per ogni modifica dei limiti locali territoriali, le collettività locali interessate dovranno essere preliminarmente consultate”. Il popolo di tutto il cantone non può dunque decidere il destino di singoli comuni.

Impulso per un intero cantone

La nuova Bellinzona uscita dal voto dei comuni interessati è comunque quasi identica a quella preconizzata dall’iniziativa invalidata. Secondo il promotore di quest’ultima, Giorgio Ghiringhelli, la forte risposta dei cittadini quando ha raccolto le firme è stata proprio “il meccanismo psicologico che ha accelerato il processo di aggregazione nel Bellinzonese”.

E la mega aggregazione di Bellinzona potrebbe dare un impulso a quelle regioni del cantone dove i campanilismi sembrano ancora prevalere. Una nuova dinamica che agevolerebbe l’attuazione del piano cantonaleCollegamento esterno che mira a un Ticino con poco più di una ventina di comuni.

In Svizzera sempre meno comuni

In Svizzera nel 2016 sono scomparsi altri 39 comuni. Dal 1° gennaio la Confederazione conta ancora soltanto 2’255 comuni.

Questo calo è dovuto alle fusioni tra comuni. I motivi più frequenti sono la mancanza sia di risorse finanziarie e quella di volontari per assumere mandati politico-amministrativi, come pure all’impossibilità di svolgere compiti complessi che devono così essere delegati ad istanze superiori.

I comuni sono la colonna portante della democrazia elvetica. Essi godono di un’ampia autonomia, che sta alla base del principio del federalismo. Quest’ultimo divide il potere su tre livelli: Confederazione, cantoni e comuni.

Nel 1860, la Svizzera contava ancora 3’200 comuni, numero in costante calo.


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