La Svizzera, un banco di prova per il populismo europeo?
L'ascesa del populismo che di recente ha suscitato qualche preoccupazione in Europa si è verificata parecchi anni fa anche in Svizzera. In che modo la democrazia diretta ha aiutato il Paese ad assorbire questo tipo di movimento e che cosa succederà in futuro?
“In qualità di giuristi abbiamo il nostro bel filo da torcere per trovare una definizione materiale di populismo”, afferma Andreas Glaser, professore di diritto all’università di Zurigo e co-direttore del Centro per la democrazia di Aarau (zda).
Dato che non può essere realmente misurato, quello che ci rimane, spesso, è un’ampia scelta di definizioni. La maggior parte di queste concorda sul fatto che si tratta di uno stile politico che contrappone una “élite” moralmente fallita a un “popolo” oppresso, ignorato o defraudato.
Per quanto riguarda le politiche, i loro avversari dicono che i populisti promettono soluzioni troppo semplicistiche per problemi complessi, come l’immigrazione, la diversità culturale e il cambiamento della società; i populisti dicono che populismo è un termine che le élite usano per ignorare argomenti che non sono di loro gradimento.
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Ma al di là della semantica, il dibattito è importante: IDEA, un gruppo di ricerca svedese, ritiene che i periodi in cui i populisti riescono ad accedere al governo siano periodi in cui molti aspetti della salute democratica, come la libertà di espressione o l’impegno della società civile, sono in declino.
Oggi viviamo un periodo del genere: sebbene sia stato raggiunto il “picco del populismo”, secondo un documento di ricerca della Commissione Europea, la situazione generale vede un sostegno a tali partiti più che triplicato nel Vecchio Continente negli ultimi due decenni.
Quindi, anche se l’idea di governare con movimenti come il Fronte Nazionale in Francia o il Partito per la Libertà in Olanda probabilmente appare spaventosa a molti centristi o moderati, potrebbe non esserci scelta. L’alternativa sarebbe di ostracizzare un numero crescente di cittadini.
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L’esempio svizzero
Come al solito quando si tratta di politica, la Svizzera è in una situazione piuttosto singolare in questo dibattito: se da un lato il Paese è spesso visto come un modello di stabilità e campione mondiale della democrazia (diretta), dall’altro è anche molto populista. E lo è da tempo.
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Negli ultimi tre decenni vi è stato un forte aumento del successo dei movimenti populisti nel Paese, soprattutto dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice), la cui forza parlamentare è passata dal 12% nel 1991 a un picco del 29,4% nel 2015.
Alle ultime elezioni federali del 20 ottobre 2019, pur essendo scesa al 25,6%, l’UDC è rimasta il più grande partito del parlamento svizzero.
Come ha fatto la Confederazione a evitare l’instabilità politica e l’infiammata retorica associata ai movimenti populisti di altri Paesi occidentali? Potrebbe dipendere dalla democrazia diretta, dicono gli esperti.
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Da un lato, la democrazia diretta in realtà incoraggia il populismo permettendo l’inserimento nell’agenda politica di idee che in un sistema diverso sarebbero bloccate. I cittadini possono proporre emendamenti costituzionali e votano fino a quattro volte l’anno su iniziative popolari e referendum. Possono così aggirare l’interesse delle élite.
Ma la democrazia diretta tempera il populismo per lo stesso motivo, ossia con la richiesta costante del contributo dei cittadini nel processo politico. Gli elettori svizzeri, avvezzi a votazioni e deliberazioni a scadenze regolari, hanno molte possibilità di far sentire la loro voce. Così, i problemi politici “emergono più velocemente, più chiaramente, e devono essere risolti”, dice l’analista Claude Longchamp.
Altrove, i problemi potrebbero passare inosservati e deteriorarsi sotto la superficie, osserva l’autore tedesco Ralf Schuler. “I movimenti [populisti] si occupano di questioni lasciate in sospeso dai partiti consolidati”, e “attirano dai margini persone suscettibili alle loro argomentazioni”, afferma.
Infine, giocano un ruolo anche la cosiddetta “formula magica”, ossia il fatto che la composizione del governo svizzero rappresenta tutti i maggiori partiti del Paese proporzionalmente alla loro forza, e la collegialità, vale a dire che il governo adotta le decisioni in modo consensuale.
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Così, mentre altrove i movimenti populisti vengono denigrati o emarginati, in Svizzera, l’UDC è una parte legittima e di lunga data del governo, dove collabora in modo pragmatico con gli altri partiti, piuttosto che scatenarsi nell’isolamento.
Parlando del futuro del populismo, l’autore ed ex direttore della Società svizzera di radiotelevisione Roger de Weck sostiene che la Svizzera potrebbe ancora una volta mostrare la via. “La mia speranza è che la Svizzera, primo Paese europeo a scivolare verso il populismo reazionario, sia anche uno dei primi Paesi ad uscirne”, ha detto a swissinfo.ch.
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Traduzione dall’inglese: Sonia Fenazzi
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