“La Svizzera si è tirata una grande zappa su un piccolo piede”
La fine improvvisa dei negoziati per l’accordo istituzionale con l'Unione Europea lascia molti punti di domanda sul futuro della Svizzera, in particolare nel campo dei finanziamenti per la ricerca scientifica e degli scambi universitari. Secondo il presidente del Politecnico federale di Losanna EPFL, la reputazione del Paese alpino come centro di ricerca internazionale è in bilico. Intervista.
Il fallimento dei negoziati sull’accordo quadro mette a rischio la partecipazione della Svizzera al programma di ricerca dell’UE da 100 miliardi di euro Horizon EuropeCollegamento esterno. La Svizzera riceve attualmente la seconda più alta quota di fondi di qualsiasi altro Stato associato al programma europeo, e due terzi di questi vanno alle università.
La modalità di accesso della Svizzera a Horizon Europe era già incerta prima del fallimento dei negoziati con l’UE. Ora, il Paese sta entrando in una fase molto delicata che determinerà la sua futura capacità di competere negli ambiti della ricerca e innovazione, afferma il presidente dell’EPFL Martin Vetterli.
Anche se i negoziati sull’accordo istituzionale non avevano nulla a che fare con la cooperazione tra Svizzera e UE sulla ricerca, Bruxelles potrebbe rispondere politicamente al “no deal” di Berna impedendole l’accesso ai suoi finanziamenti destinati all’innovazione o decidendo di integrare la Svizzera come “Paese terzo”, mettendo di fatto la Confederazione all’angolo.
Martin Vetterli è ricercatore, insegnante ed esperto del panorama svizzero della formazione e della ricerca. Nel 2017 è stato nominato presidente del Politecnico federale di Losanna (EPFL). È anche professore ordinario presso il Laboratorio di comunicazione audiovisivaCollegamento esterno dell’EPFL
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SWI swissinfo: Si aspettava questo sviluppo della situazione, che l’accordo quadro sarebbe fallito?
Martin Vetterli: [ride] Certo, tutti se lo aspettavano.
Anche se l’oggetto dei negoziati era l’accesso della Svizzera al mercato unico dell’UE, si teme che il mancato accordo possa compromettere la capacità della Svizzera di fare ricerca, innovare e attirare talenti. È quello che succederà?
Legalmente le due questioni non sono collegate, perché l’accordo quadro non ha direttamente a che fare con la cooperazione sul piano della ricerca, ma politicamente ci sono dei legami. C’è quindi il rischio che la Svizzera non possa partecipare al programma [di finanziamento della ricerca] Horizon Europe e alla competizione europea per la ricerca.
E questo sarebbe un grande svantaggio perché la “Champions League” della ricerca è in Europa: da Horizon Europe all’European Innovation Council, il Quantum Flagship e i programmi legati alla ricerca spaziale. Se fossimo tagliati fuori da queste iniziative, ci sarebbe il rischio reale di perdere competitività.
In che misura la Svizzera rischia di perdere attrattiva per gli studenti stranieri?
Certamente anche i programmi di scambio di studenti [come il programma Erasmus, a cui la Svizzera è associata, e il programma ErasmusPlus, che la Svizzera sta negoziando] potrebbero risentire della situazione attuale. Non solo, ma potremmo anche perdere attrattiva per i ricercatori dalla Svizzera e dal resto del mondo, com’è successo nel Regno Unito dopo la Brexit [secondo uno studioCollegamento esterno, il numero di cittadini britannici emigrati verso i Paesi dell’UE dopo il voto sulla Brexit è aumentato del 30%]. Perciò ci auguriamo che la Svizzera riesca a negoziare bene in questa fase delicata.
C’è il rischio che l’Europa chiuda la porta in faccia alla Svizzera nella cooperazione per la ricerca e l’innovazione?
Questo rischio esiste. Anche se il dossier di ricerca è separato da quello commerciale legato al mercato unico, bisogna fare attenzione che il risultato del secondo non influisca sul primo. E questo potrebbe accadere.
Cos’ha da perdere la Svizzera rispetto all’UE?
Tutti escono perdenti quando si rinuncia a una collaborazione che funziona. Prendiamo l’esempio dei vaccini. Moderna è un’azienda statunitense che ha un accordo con Lonza, in Svizzera, per produrre il suo vaccino, che viene poi imbottigliato in Spagna. Immaginate cosa sarebbe successo se ci fossero state barriere tra i Paesi. Semplicemente non avremmo avuto i vaccini. Per avanzare su questioni chiave, come lo sviluppo, la produzione e la distribuzione dei vaccini, oppure la lotta contro il riscaldamento globale, è necessario che i Paesi lavorino insieme. Tuttavia, mi piace descrivere la posizione della Svizzera con questa immagine: con la rottura dei negoziati per l’accordo quadro, l’Europa si è tirata una piccola zappa su un grande piede, ma la Svizzera si è tirata una grande zappa su un piccolo piede.
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Quali potrebbero essere le conseguenze immediate e concrete di un eventuale divorzio dell’UE dalla Svizzera in termini di cooperazione nella ricerca e nell’innovazione?
Per il 2021, i giochi sono già fatti e ciò che è stato deciso rimarrà valido. L’incertezza è su Horizon Europe. Per quanto ci riguarda, le conseguenze potrebbero essere molto concrete perché il finanziamento dell’UE costituisce il 6-7% del bilancio dell’EPFL.
L’adesione al programma Horizon Europe è di solito determinata formalmente dal Parlamento svizzero, che vota anche la quota da pagare all’UE per la partecipazione. Se dovessimo perdere i fondi europei, la Confederazione dovrebbe capire come sostituirli.
Come hanno reagito gli studenti e i ricercatori dell’EPFL al fallimento dell’accordo quadro?
Questo sviluppo era nell’aria, si sapeva che nulla era ancora deciso. In genere, tutti si chiedono se sarà ancora possibile partecipare ai grandi programmi di ricerca.
E se la risposta fosse negativa, come sarà possibile continuare a competere a livello tecnologico con colossi come gli Stati Uniti e la Cina?
I blocchi che attualmente si contendono l’egemonia tecnologica sono il Nord America, l’Asia e l’Europa. L’Europa può tenere testa alla concorrenza solo con programmi all’avanguardia come Horizon Europe. Se la Svizzera rimanesse un osservatore indipendente, questo non rafforzerebbe di certo la posizione dell’UE.
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