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Votazioni federali del 13 febbraio 2022

Nessun aiuto supplementare ai media privati in Svizzera

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Keystone / Jean-christophe Bott

Lo Stato non deve sostenere i media privati confrontati con il calo della pubblicità e la concorrenza dei giganti del web. Lo ha deciso il popolo svizzero, che domenica ha respinto con una maggioranza di oltre il 54% il pacchetto di aiuti supplementari a giornali, radio, televisioni e piattaforme online.

Entrate pubblicitarie a picco, calo degli abbonamenti, concorrenza dei giganti del web: lo Stato voleva sostenere i media per garantire la qualità e la diversità di giornali, radio e siti online in Svizzera. Concretamente, intendeva aiutarli con circa 150 milioni di franchi supplementari all’anno.

Il progetto non ha però ottenuto l’approvazione popolare. Domenica, è stato respinto alle urne dal 54,6% delle persone votanti, un risultato che conferma quanto emerso nell’ultimo sondaggio. La partecipazione è stata del 43,6%.

Dalla carta dei risultati risulta evidente il fossato tra Svizzera tedesca e francese, anche se è meno netto del previsto. C’è comunque stata anche qualche sorpresa: ad esempio Uri è tra i Cantoni che hanno sostenuto il testo (50,5%), mentre il Vallese lo ha respinto (53,3%).

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Il progetto di sostegno elaborato dal Parlamento prevedeva di aumentare l’aiuto ai media di 151 milioni di franchi, portandolo a un totale di 287 milioni di franchi. Il finanziamento sarebbe stato garantito dai proventi dell’attuale canone radiotelevisivo e attraverso il bilancio federale.

Il comitato referendario – composto di parlamentari di partiti di destra e del centro – è riuscito durante la campagna a convincere la maggioranza dell’elettorato che con gli aiuti statali si sarebbe messa in discussione l’indipendenza dei media. A nulla sono valsi gli appelli dei sostenitori del testo, in primis la sinistra e la ministra delle comunicazioni Simonetta Sommaruga, che hanno tentato di sottolineare come l’autonomia del giornalismo non sarebbe stata rimessa in causa con il pacchetto di aiuti.

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Società divisa e critica di fronte ai media

Il chiaro “no” odierno ha sorpreso il comitato favorevole “Sì alla pluralità mediatica”. Secondo una delle sue coordinatrici, Olga Baranova, alla fine le false argomentazioni lanciate durante la campagna hanno funzionato.

Il pacchetto di aiuti ha subito le conseguenze di una società divisa e più critica di fronte ai media dopo due anni di pandemia, ha commentato la deputata dell’Alleanza del Centro Isabelle Chassot.

Mentre la diffidenza nei confronti dei media è aumentata, questi ultimi non sono mai stati così seguiti come negli ultimi mesi, ha sottolineato Chassot. La stampa è una necessità in una democrazia diretta e questa conoscerà sempre più difficoltà, ha aggiunto l’ex direttrice dell’Ufficio federale della cultura.

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La consigliera federale Simonetta Sommaruga non ha nascosto la sua delusione. Ma il risultato popolare è chiaro e bisogna accettarlo, ha sottolineato. A suo parere, durante la campagna si è parlato molto dei soldi statali, in particolare nella Svizzera tedesca, e poco dei media.

Il sostegno ai media, ha proseguito Sommaruga, è importante per la democrazia, indipendentemente dalla votazione odierna. Le minoranze linguistiche – oltre alla Svizzera francese anche parecchi comuni romanciofoni e italofoni dei Grigioni hanno votato sì – meritano un’attenzione particolare, ha detto.

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La Svizzera non sarà meno democratica

L’opposizione al pacchetto di misure a favore dei media si è focalizzata sui milioni che avrebbero ricevuto i grandi editori zurighesi, secondo la vicepresidente del Partito socialista Elisabeth Baume-Schneider. La deputata alla Camera dei Cantoni si dice ora preoccupata per le testate regionali.

A suo avviso, il modello economico difeso dalla destra per quel che concerne i media rischia di mettere in difficoltà vari attori nella Svizzera francese, un timore che si riflette anche nel voto favorevole al pacchetto di aiuti in vari Cantoni francofoni. Baume-Schneider ha inoltre deplorato il fatto che l’Alleanza del Centro, pur essendo favorevole al progetto, sia stata completamente assente durante la campagna.

Di tutt’altra opinione il parlamentare liberale radicale Philippe Bauer, che si è battuto contro gli aiuti statali ai media privati. “Domani, la Svizzera non sarà meno democratica rispetto ad oggi”, ha dichiarato alla Radiotelevisione svizzera di lingua francese RTS. I media continueranno a ricevere gli aiuti, pari attualmente a 136 milioni di franchi all’anno, secondo la legislazione attualmente in vigore.

Continuare a discutere in modo più “intelligente”

Il dibattito sull’aiuto ai media non è tuttavia terminato, in particolare nella Svizzera romanda, e il lavoro deve essere ripreso in Parlamento il prima possibile, ha detto Isabelle Chassot. Una posizione condivisa anche da uno dei maggiori oppositori al progetto, l’ex parlamentare democentrista Manfred Bühler.

Olga Baranova del comitato a favore degli aiuti afferma che la Svizzera deve chiedersi quale sia la diversità dei media che vuole. Oggi, non vuole assumersene i costi, ma la crisi della Covid-19, che è stata affrontata in maniera diversa nei 26 Cantoni, ha dimostrato la forza del giornalismo locale. Secondo Baranova, ci sono delle priorità da risolvere: tra queste l’aiuto all’agenzia Keystone-ATS che fornisce prestazioni che fanno parte del servizio pubblico. Occorre inoltre un contratto collettivo di lavoro per la distribuzione dei giornali e per le redazioni.

Anche l’ex consigliere nazionale e presidente di Medienfreiheit (Azione libertà dei media), Manfred Bühler, auspica che i dibattiti riprendano in Parlamento. “C’è un bisogno innegabile” di discutere in Parlamento, ma “in maniera più intelligente”, ha aggiunto.

A suo parere, il progetto sottoposto al voto è stato sovraccaricato di elementi non applicabili, come l’aumento dell’aiuto indiretto, e la popolazione ha avuto l’impressione che il sostegno sarebbe andato solo ai grandi gruppi.

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Qual è la situazione dei media in Svizzera?

L’avvento di Internet e l’espansione dei giganti del web come Facebook e Google hanno stravolto completamente il panorama mediatico in Svizzera. Da allora, si è registrato un graduale e costante spostamento dal cartaceo all’online dell’informazione e della pubblicità, un’evoluzione che ha causato un calo del numero di abbonamenti ai media tradizionali e una perdita importante delle loro entrate. Negli ultimi vent’anni, gli introiti pubblicitari di giornali, riviste e radio private sono diminuiti di circa il 40 per cento.

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I media elvetici hanno proposto delle versioni online dei loro prodotti, ma le lettrici e i lettori non sono sempre disposti a pagare per articoli pubblicati sul web e le tariffe pubblicitarie sono meno redditizie. Risultato: circa 70 giornali sono scomparsi dal 2003. Molti titoli sono stati assorbiti dai grandi gruppi editoriali, riducendo la diversità dei media nella Confederazione.

Le misure di risparmio hanno colpito duramente le redazioni e molti giornalisti e giornaliste della carta stampata sono rimasti senza lavoro. La pandemia ha peggiorato ulteriormente la situazione poiché l’annullamento di innumerevoli eventi ha privato i media di importanti entrate pubblicitarie.

L’uso generalizzato di Internet e la crisi dei media tradizionali ha promosso la creazione di nuove piattaforme online. Negli ultimi dieci anni sono state lanciate innumerevoli iniziative editoriali con formati e modelli economici di vario tipo. Alcuni di questi “nuovi media” hanno avuto vita breve, altri sono riusciti a resistere al vento di fronda e a creare posti di lavoro.

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