L’industria svizzera tenta di resistere al franco forte
Oltre un anno dopo l’abolizione della soglia minima di cambio dell’euro da parte della Banca nazionale svizzera, l’industria elvetica continua a subire le conseguenze negative del franco forte. Ma nonostante un contesto difficile e un futuro incerto, numerose piccole e medie imprese non intendono abbassare le braccia.
Moutier, piccola città industriale nel cuore dell’Arco giurassiano, vero e proprio polmone dell’industria dell’alta precisione svizzera. Come ogni due anni, dal 19 al 22 aprile si è svolto uno dei più grandi saloni mondiale dedicati esclusivamente alle microtecniche, il SIAMSCollegamento esterno.
Quasi 440 espositori, visitatori provenienti da oltre 30 paesi e soprattutto un clima cordiale e disteso: a Moutier si è ad anni luce di distanza dalle grandi fiere orologiere e dai loro fasti. Qui non c’è posto per top model e stand appariscenti. Ad essere in primo piano sono le macchine e la tecnologia.
All’interno dei padiglioni, la maggior parte degli espositori è unanime: il settore industriale elvetico sta vivendo uno dei periodi più difficile della sua storia. La causa: un franco forte che continua a incidere pesantemente sui margini dell’esportazione, soprattutto dopo la soppressione del tetto minimo di cambio euro-franco decisa dalla Banca nazionale svizzera nel gennaio 2015.
A questo si aggiungono i problemi di crescita della Cina, che si ripercuotono in particolare sull’industria orologiera. I fabbricanti di macchine utensili hanno infatti sicuramente bisogno dei loro partner orologieri e del mercato nazionale per rilanciare i loro affari, che l’anno scorso si sono ridotti del 7%.
Ventata di ottimismo
Malgrado il contesto non favorevole, sul SIAMS prevale un certo ottimismo, come constata il suo direttore Pierre-Yves Kohler. «La situazione rimane molto tesa per numerose aziende, ma sono stato molto sorpreso dal clima di fiducia durante il salone. Dall’abolizione del tetto minimo di cambio, le aziende hanno effettuato sforzi molto importanti per ridurre i costi e migliorare la produttività, in particolare rivedendo il loro processo di produzione. Oggi vengono con nuove idee e sono pronte a battersi con la concorrenza internazionale».
Agli occhi di numerosi attori economici della regione, questo periodo difficile obbliga gli imprenditori a rimettersi in discussione, a mostrarsi ancor più creativi del solito e, soprattutto, a non dormire sugli allori.
«L’industria microtecnica dell’Arco giurassiano è abituata a vivere al ritmo delle fluttuazioni congiunturali e delle crisi. E sono precisamente queste crisi che le hanno permesso di rimanere innovativa», ritiene Gilbert Hürsch, direttore della camera economica Bienne-SeelandCollegamento esterno.
Ed è esattamente questo spirito che contraddistingue Posalux, un’azienda familiare della regione che impiega 125 persone e che a Moutier ha presentato una nuovissima tecnologia di micro lavorazione del vetro. «In questo contesto del franco forte è vitale presentare nuovi prodotti e aprirsi su nuovi mercati di nicchia. La forza di una PMI come la nostra è appunto di poter rispondere a bisogni precisi, garantendo una produzione industriale sufficientemente ampia», spiega Marco Nadalin, responsabile dello sviluppo degli affari presso Posalux.
Altri sviluppi
«La Svizzera è diventata un bersaglio facile e vulnerabile»
Sebbene questa particolare tecnica sia stata sviluppata in collaborazione con un’università canadese, Marco Nadalin è dell’idea che «le condizioni quadro in materia di innovazione rimangono alquanto uniche in Svizzera». Il partenariato tra scuole universitarie, istituti di ricerca e industria, così come il sostegno finanziario fornito dalla Confederazione tramite la Commissione per la tecnologia e l’innovazioneCollegamento esterno, sono tutti strumenti che permettono alle PMI di progredire malgrado una contrazione dei mezzi stanziati per la ricerca e lo sviluppo.
Adattarsi ai bisogni dei clienti
Inoltre, numerose aziende non si accontentano più di produrre e vendere i loro prodotti ad alto valore aggiunto sui mercati internazionali. «Oggi offriamo tutta una serie di servizi annessi, che vanno dalla gestione dei flussi all’integrazione delle nostre macchine utensili nei sistemi informatici dei clienti», spiega Patrick Haegeli, vice direttore di Willemin-MacodelCollegamento esterno, un’azienda che impiega oltre 250 persone nel canton Giura.
Adattarsi sempre più alle esigenze del cliente è pure la filosofia del gruppo LNSCollegamento esterno, leader mondiale delle periferiche di macchine utensili che ha sede a Orvin, nel canton Berna, e che possiede nove centri di produzione nel mondo.
Nonostante l’ottimismo, LNS, come d’altronde molte altre aziende della regione, continua a navigare in cattive acque. «Le prospettive sono un po’ migliori dall’inizio dell’anno, ma ci manca molta visibilità. Il nostro portafoglio è pieno per le prossime settimane, ma non sappiamo cosa ci aspetta dopo», afferma il presidente della direzione del gruppo, Gilbert Lile.
L’anno scorso, LNS ha dovuto separarsi da circa il 10% dei suoi collaboratori in Svizzera e adattare drasticamente la struttura di produzione. In seno alla società sono inoltre sempre in vigore misure di aumento del tempo di lavoro, senza contropartita salariale.
Impatto psicologico del franco forte
Presso il fabbricante di macchine utensili TornosCollegamento esterno, il principale datore di lavoro di Moutier, i danni sono stati tutto sommato limitati nel 2015, con un fatturato in calo del 6,7%. «La situazione rimane comunque molto precaria», puntualizza Carlos Paredes, responsabile dello sviluppo e delle operazioni. «L’interesse per i nostri prodotti e i bisogni ci sono. Ma siccome il futuro rimane incerto, i nostri clienti continuano a esitare a investire in nuove macchine», rileva.
È il paradosso attuale. I prodotti svizzeri di alta qualità, compresi quelli che non si rivolgono direttamente al consumatore finale, continuano ad essere richiesti all’estero. Tuttavia, numerosi acquirenti esitano al momento di pagare. «Non bisogna sottovalutare l’impatto psicologico della decisione della BNS», sottolinea Marco Nadalin. «Nella mente delle persone, i prodotti svizzeri sono diventati più cari da un giorno all’altro. In realità, però, noi ci siamo adattati alla nuova situazione, mantenendo i prezzi allo stesso livello. Ci vorranno ancora parecchi sforzi di comunicazione prima che il messaggio venga recepito all’estero».
Traduzione dal francese di Luigi Jorio
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