Armi nucleari, autonome e digitali: come la tecnologia contribuisce alla guerra
Una guerra nel 2022 significa mettere in campo arsenali molto più sofisticati di un tempo, fatti in alcuni casi di armi nucleari molto potenti, armi letali autonome guidate dall’intelligenza artificiale e armi digitali da sganciare sul Internet, dove nemmeno la Svizzera si salva.
La minaccia di una guerra nucleare lanciata dal presidente Vladimir Putin ha ricordato a tutto il mondo che le armi nucleari esistono e potrebbero essere usate. Nel lungo periodo di pace e prosperità per il continente europeo successivo alla fine della Seconda guerra mondiale, il rischio di un conflitto nucleare era rimasto nei recessi della nostra mente, rinvigorito solo per un momento durante la Guerra fredda e poi di nuovo sprofondato nell’oblio, o meglio, nell’abitudine di un pericolo lontano, che non ci riguarda.
In realtà, in tutti questi anni di “silenzio nucleare”, la tecnologia si è evoluta, rendendo le armi nucleari ancora più letali e pericolose. Oggi, infatti, sono più compatte, precise e potenti rispetto a quelle sganciate su Hiroshima e Nagasaki. Nel concreto, alcune testate nucleari in mano a Putin hanno una potenza distruttiva 50 volte superiore rispetto a quelle in dotazione nel 1945. E mentre l’energia della bomba fatta esplodere a Hiroshima era di 14-15 kilotoni (cioè tra quattordici e quindicimila tonnellate di TNT), alcuni ordigni cinesi, per esempio, sono nell’ordine dei megatoni (cioè delle milioni di tonnellate di TNT).
Ho analizzato in un recente articolo le armi nucleari e come sarebbe una guerra nucleare per il mondo con l’aiuto di Stephen Herzog e Alexander Bollfrass, ricercatori presso il Centro di studi sulla sicurezza del Politecnico federale di Zurigo, specializzato nella politica di sicurezza svizzera e internazionale.
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Come sarebbe una guerra nucleare nel 2022?
Il campanello d’allarme suona sempre in ritardo
Herzog e Bollfrass mi hanno anche fatto riflettere su un altro punto. La minaccia nucleare assomiglia un po’ a quella pandemica: tutti sanno inconsciamente che potrebbe arrivare, ma nessuno fa niente finché non arriva davvero. Così è successo con la pandemia di Covid-19 e così sta succedendo con il pericolo della guerra nucleare.
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Una start-up svizzera vuole reinventare l’energia nucleare
“Penso che le persone non dovrebbero preoccuparsi delle questioni relative alle armi nucleari solo quando c’è una crisi”, mi ha detto Herzog. “Cosa accadrebbe al mondo se la Russia usasse le armi nucleari? Stiamo letteralmente parlando della potenziale distruzione di intere città in Europa e degli effetti della ricaduta radioattiva anche in Svizzera. E questo è, in molti modi, un rischio esistenziale e qualcosa su cui penso che l’opinione pubblica debba concentrarsi di più”.
In fondo, chi di noi ha mai pensato realmente, finora, alle ripercussioni reali di una guerra nucleare e al fatto che molte città potrebbero essere rase al suolo in pochi minuti? Perché non ci sono più proteste contro le armi nucleari come negli anni ’80, quando in Germania e negli Stati Uniti scendevano in piazza centinaia di migliaia di persone? Fatemi sapere cosa ne pensate.
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Armi letali potenziate dall’IA
Sarebbe sbagliato, comunque, pensare alle armi nucleari come la sola minaccia per l’umanità e l’ordine mondiale: non bisogna dimenticare i progressi nell’ambito dell’innovazione militare resi possibili dall’intelligenza artificiale (IA).
Eravamo abituati a pensare alle armi iper-tecnologiche in termini fantascientifici, immaginando robot killer con le sembianze di Arnold Schwarzenegger in Terminator, possibili solo sul grande schermo, ma ci sbagliavamo. Il noto informatico britannico e professore presso l’Università della California, Berkeley, Stuart Russel ha spiegato bene perché in un podcastCollegamento esterno: queste armi non sono fantascienza, ma esistono davvero e sono già disponibili per l’uso in guerra.
Inoltre, non sono robot che sparano proiettili in modo casuale, ma sono sistemi autonomi in grado di localizzare, selezionare ed eliminare esseri umani senza supervisione umana. Nel futuro, ritiene Russel, vedremo armi letali “intelligenti” molto più piccole, economiche e agili di un carrarmato, di un elicottero d’attacco o di un soldato armato.
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Una visita al laboratorio di intelligenza artificiale
Certo, se da una parte l’IA permette di effettuare attacchi più precisi e, probabilmente, di ridurre i danni collaterali e le vittime civili, come afferma chi sostiene questa tecnologia (soprattutto Stati Uniti e Russia), dall’altra ci dobbiamo chiedere fino a che punto questi algoritmi che decidono in maniera fredda e calcolata chi uccidere possano portare all’escalation dei conflitti armati. E con quale costo per l’umanità.
L’altra questione riguarda l’intelligenza dei modelli di IA che alimentano tali sistemi autonomi: dovremmo considerarli capaci di discernimento? Dove stanno le responsabilità? Un team di ricerca presso l’istituto svizzero Idiap, specializzato in intelligenza artificiale e cognitiva, mi ha fatto riflettere su un punto chiave: non c’è intelligenza dietro l’intelligenza artificiale, perché nessun sistema di IA riflette la minima intelligenza umana, né una capacità di ragionamento e buon senso pari alla nostra. È quindi morale che degli algoritmi abbiano potere di vita e di morte su di noi?
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L’intelligenza artificiale è davvero così intelligente come pensiamo?
Ginevra teme la guerra informatica
Se la Svizzera ha meno da temere un’offensiva militare diretta, per via della sua neutralità, lo stesso non si può dire degli attacchi cibernetici. Ne avevamo già parlato in una precedente newsletter, ma con l’avanzare della guerra in Ucraina la discussione rimane aperta, anche perché i cyberattacchi in Svizzera sono aumentati significativamente. Nel 2021, ne sono stati registrati il 65% in più rispetto al 2020 e quest’anno si è già raggiunto un picco storicoCollegamento esterno nella seconda settimana di gennaio.
Per via del ruolo determinante di Ginevra sulla scena geopolitica internazionale, le molte ONG importanti che lì hanno sede ragionano su come aumentare il livello di sicurezza digitaleCollegamento esterno e proteggersi da una potenziale guerra cibernetica. L’agenzia dell’ONU per i rifugiati UNHCR, per esempio, è particolarmente vigilante per via del sostegno fornito in questo momento ai rifugiati ucraini.
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“La natura deve essere la nostra alleata nell’adattamento climatico”
Tuttavia, ciò che manca per rafforzare lo “scudo digitale” della Ginevra internazionale è prima di tutto la forza lavoro qualificata: anche in Svizzera c’è una penuria di professionisti e professioniste in sicurezza informatica. A livello globale, questo deficit ammonterebbe a 3 milioni di persone, secondo un rapportoCollegamento esterno del World Economic Forum.
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