L’Artico secondo la Svizzera
Le regioni artiche suscitano un interesse crescente a livello internazionale. Una corsa all'estremo nord del pianeta che comporta però anche dei rischi, afferma Anna Stünzi, presidente del think-tank svizzero foraus. Nell'intervista a swissinfo.ch, spiega come la Svizzera potrebbe contribuire a uno sviluppo sostenibile e pacifico dell'Artico.
Con 38 gradi Celsius nel villaggio siberiano di Verkhoiansk, l’Artico ha registrato un nuovo record di temperatura la scorsa estate. Anche l’estensione della calotta artica ha toccato un minimo storico e ogni anno la banchisa si riduce di una superfice pari a quella dell’Austria.
Con lo scioglimento dei ghiacci, appaiono nuove rotte commerciali e le risorse naturali dell’Artico diventano più accessibili. Uno sviluppo che suscita un’attenzione senza precedenti da parte dei Paesi della regione e delle grandi potenze. L’amministrazione Trump ha dato il via libera alle trivellazioni in un’area naturale protetta in Alaska (sebbene le nuove concessioni siano al momento bloccate da una moratoria temporanea decisa da Joe Biden), la Russia ha lanciato il progetto Vostok, il più vasto piano di sfruttamento del petrolio artico, mentre Canada e Norvegia hanno incrementato la loro presenza militare nella regione.
Quanto sta succedendo nell’Artico è importante anche per la Svizzera, che malgrado la lontananza geografica e il suo peso specifico ridotto sullo scacchiere geopolitico internazionale, potrebbe avere un ruolo di rilievo da svolgere. È l’opinione di Anna Stünzi, presidente del think-tank di politica estera svizzera forausCollegamento esterno, ricercatrice all’Istituto di ricerche climatiche di Potsdam e coautrice di un documentoCollegamento esterno intitolato ‘La Svizzera e l’Artico’.
swissinfo.ch: L’Artico è una regione desolata e lontana da tutto. Perché dovrebbe destare interesse?
Anna Stünzi: L’Artico non è composto soltanto da montagne di ghiaccio e dalla calotta polare. Oltre il circolo polare artico vivono quattro milioni di persone. Si tratta anche di un ecosistema incredibilmente ricco e dall’elevata biodiversità. Ci sono abbondanti risorse quali rame, nickel, zinco e diamanti. Si stima che la regione artica contenga il 22% delle riserve mondiali di petrolio e il 30% di quelle di gas.
L’Artico sta diventando una regione di importanza geopolitica e a mostrare interesse non sono soltanto gli attori regionali – Canada, Danimarca, Norvegia, Russia, Stati Uniti, Finlandia, Islanda e Svezia – ma pure grandi potenze quali la Cina.
L’Artico è tra le regioni del pianeta maggiormente colpite dal riscaldamento globale. Sappiamo che il ghiaccio si sta sciogliendo e che gli orsi polari sono minacciati. Ma in che modo i cambiamenti nell’Artico possono avere ripercussioni sulle nostre vite?
Il cambiamento climatico nell’Artico non minaccia solo le popolazioni indigene e la fauna locale, ma tutti noi. Il permafrost artico è un enorme serbatoio naturale di carbonio. Il suo scioglimento rilascia gas serra, ciò che accelera il riscaldamento globale.
“Dobbiamo evitare che l’Artico diventi il teatro della rivalità geopolitiche attuali, ad esempio tra Russia e Occidente o tra Stati Uniti e Cina.”
Per quanto concerne la ricerca e l’estrazione delle risorse, finora è prevalso uno spirito cooperativo. Ma le crescenti attività militare e commerciale nella regione potrebbero portare a un’escalation con conseguenze su larga scala.
Dobbiamo evitare che l’Artico diventi il teatro della rivalità geopolitiche attuali, ad esempio tra Russia e Occidente o tra Stati Uniti e Cina, e fare in modo che rimanga una regione pacifica e improntata sulla collaborazione.
Con lo scioglimento del ghiaccio potremmo disporre di più terre, di maggiori risorse energetiche e di nuove vie commerciali. Ciò non è positivo?
Dal 1979, il volume del ghiaccio artico è diminuito del 75% e in estate è oggi possibile navigare dall’Atlantico al Pacifico senza un rompighiaccio. Alcuni parlano di un ‘nuovo canale di Suez’ attraverso il Polo Nord. Per le popolazioni indigene, questo sviluppo e l’interesse crescente per la regione potrebbero creare impieghi, portare nuove attività economiche e contribuire all’estensione di strade, ferrovie, reti di telecomunicazione e reti elettriche.
Nuove rotte e un migliore accesso comportano però anche dei rischi per le comunità indigene e i già fragili ecosistemi. L’incremento dell’attività marittima può avere impatti negativi in termini di incidenti e di inquinamento. A causa delle difficili condizioni, le operazioni di soccorso o di bonifica in caso di fuoriuscita di petrolio sono più difficili nell’Artico. La recente marea nera a Norilsk, in Siberia, dimostra che gli incidenti industriali hanno effetti devastanti sull’ambiente e le popolazioni artiche.
Che cosa c’entra la Svizzera con l’Artico?
Svizzera e Artico sono più vicini di quanto si potrebbe immaginare. L’economia estremamente globalizzata della Svizzera dipende dalle vie commerciali globali. Alcuni gruppi di interesse potrebbero intravedere nel potenziale accesso alle risorse anche delle opportunità per la Svizzera, un centro per il commercio delle materie prime.
L’attuale antagonismo geopolitico nell’Artico rappresenta una minaccia per la sicurezza dell’Europa e quindi anche della Svizzera. La protezione dell’ambiente e la sicurezza umana sono sfide globali comuni.
Sappiamo che la Svizzera è colpita più di altri Paesi dal riscaldamento climatico. Poiché ha ratificato l’Accordo di Parigi sul clima e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile [Agenda 2030 delle Nazioni UniteCollegamento esterno], è sua responsabilità seguire quanto succede nell’Artico. Nel 2017, la Svizzera è diventata membro del Consiglio articoCollegamento esterno in qualità di osservatrice, principalmente grazie alla sua competenza scientifica nelle regioni alpine e polari. La Svizzera, con la sua forte identità alpina, è a volte descritta come un ‘Artico verticale’. Ha molti anni di esperienza e una lunga tradizione nell’esplorazione della criosfera.
Tra il 2016 e il 2018, UBS e Credit Suisse avrebbero investito rispettivamente 304 e 147 milioni di dollari in aziende petrolifere attive nell’artico, secondo il rapporto Banking on Climate ChangeCollegamento esterno pubblicato nel 2019 da diverse ong. Anche il gigante della materie prime Glencore, con sede a Zugo, è presente nella regione, scrive il quotidiano La LibertéCollegamento esterno.
Annotazione: abbiamo aggiunto questo riquadro il 2 febbraio 2021 dopo la segnalazione di alcuni lettori su TwitterCollegamento esterno.
In che modo la Svizzera ha contribuito alle discussioni e alle decisioni in seno al Consiglio artico?
L’influsso di un Paese con uno statuto di osservatore è molto limitato. La Svizzera intrattiene però ottime relazioni con tutti gli Stati membri del Consiglio artico e può quindi affrontare determinate questioni per via bilaterale.
I ricercatori elvetici partecipano a tre dei sei gruppi di lavoro del Consiglio. Ad esempio, collaborano nell’ambito della protezione dell’ambiente marino artico e dello sviluppo sostenibile.
Quale tipo di Artico vorrebbe vedere in futuro?
Le attività commerciali e lo sviluppo regionale nell’Artico vanno portati avanti conformemente agli Obiettivi di sviluppo sostenibile e andare a beneficio delle popolazioni locali.
“Svizzera e Artico sono più vicini di quanto si potrebbe immaginare.”
L’Artico deve essere un’ancora di stabilità e un esempio di governance nello spirito della collaborazione e del multilateralismo. Siccome la sicurezza e la prosperità della Svizzera dipendono dal buon funzionamento dell’ordine internazionale, è necessario creare dei meccanismi per una risoluzione pacifica delle vertenze e limitare le attività militari.
Che cosa può fare concretamente la Svizzera?
Può agire a vari livelli. In primo luogo, data le sue competenze in ambienti alpini e glaciali, può favorire la creazione di un nuovo gruppo di lavoro incentrato sullo sviluppo sostenibile delle infrastrutture.
Secondariamente, può agire attraverso due canali istituzionali: in seno al Consiglio artico e con l’intermediario dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE). Avendo buone relazioni con tutti gli attori nell’Artico, potrebbe favorire l’instaurazione di un ordine di sicurezza regionale tramite l’OSCE, sebbene al momento il contesto politico non sia ancora maturo per un coinvolgimento dell’organizzazione in questioni concernenti le regioni artiche.
La Svizzera può offrire i suoi buoni uffici per facilitare la risoluzione pacifica dei conflitti e incoraggiare discussioni tra governi, esperti e società civile. La Ginevra internazionale può ad esempio organizzare incontri per dialoghi costruttivi sulle popolazioni indigene, la salvaguardia del patrimonio culturale e la gestione delle risorse.
Infine, nel quadro della diplomazia scientifica, il governo elvetico potrebbe promuovere l’elaborazione di una dichiarazione comune sull’impatto del cambiamento climatico nell’Artico.
Detto questo, va puntualizzato che la Svizzera è ancora nel processo di ‘scoperta’ dell’Artico al di fuori della ricerca. Obiettivo della nostra visione è di avviare discussioni a medio e lungo termine e di sensibilizzare gli attori sulle varie opzioni possibili.
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