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Assoluzione Weil positiva, ma non la panacea

Raoul Weil, con la moglie, è raggiante all'uscita dal tribunale di Fort Lauderdale che lo ha assolto Keystone

Buone prospettive per le banche svizzere che stanno ancora negoziando con il fisco degli Stati Uniti: è quanto prevede parte della stampa elvetica all’indomani dell’assoluzione in Florida dell’ex top manager dell’UBS Raoul Weil. Ma c’è chi è meno fiducioso. Severe critiche sono mosse alle autorità svizzere, tacciate di essersi "inginocchiate" davanti al gigante americano.

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“La vittoria di Weil, la disfatta di Berna”, titola in prima pagina il Giornale del popolo (GdP), sottolineando che la vittoria in tribunale dell’ex numero tre dell’UBS interviene quando ormai le banche elvetiche e la Confederazione hanno calpestato “non solo il segreto bancario svizzero, ma anche le disposizioni a tutela dei diritti dei lavoratori e della protezione dei dati”, trasmettendo tutte le informazioni richieste dagli Stati Uniti.

 Per il commentatore del quotidiano di Lugano, “le istituzioni svizzere, anche al di là del sistema bancario, ne sono uscite con le ossa rotte”. Egli rammenta che “non solo le banche nel loro complesso, ma anche tutto un paese, la Svizzera, si è inginocchiato di fronte alla requisitoria del Dipartimento di giustizia. E questa requisitoria non ha retto nemmeno all’esame indipendente di una giuria popolare”.

Indipendenza della giustizia americana

Il GdP invita dunque le autorità elvetiche a imparare la lezione da Weil, che” non ha implorato patteggiamenti o condoni”, ma “ha affrontato a testa alta” estradizione e processo. D’altra parte, osserva che “la giustizia americana ha così dimostrato la sua indipendenza rispetto ai potentissimi servizi dell’Amministrazione che, dal 2007, stanno letteralmente perseguitando il sistema bancario svizzero”.

Sulla stessa lunghezza Le Temps di Ginevra, secondo il quale, “di per sé, questa sentenza è importante e costituisce una vittoria per tutti i banchieri il cui nome potrebbe essere associato con i dossier di contribuenti con pochi scrupoli. Essa dimostra che il sistema giudiziario americano funziona sia a carico che a discarico degli imputati, indipendentemente dalle apparenze e dal clima politico”.

Il quotidiano economico L’Agefi ritiene persino che Raoul Weil sia “una sorta di eroe nazionale in Svizzera”, lui che ha avuto l’incredibile coraggio di dichiararsi non colpevole, rischiando di subire cinque anni di carcere. Questo episodio ricorda qualcosa di molto semplice agli occhi dell’Agefi: “Dei frodatori hanno depositato clandestinamente soldi in Svizzera. Ciò sono affari loro. I fatti risalgono a un tempo in cui le visite di inviati bancari in territorio francese o statunitense non sembravano affatto un problema (…) È troppo facile cambiare improvvisamente e retroattivamente il livello di repressione”.

Anche la Basler Zeitung guardando retrospettivamente si chiede se la minaccia di una denuncia penale contro l’UBS nel 2009 avrebbe veramente retto. Sotto pressione, la Svizzera aveva allora consegnato 250 nomi di contribuenti americani sospettati di evadere le tasse nel loro paese, incurante del segreto bancario. È stato il primo grande colpo dato il sacrosanto segreto bancario svizzero, che è ormai sepolto per i clienti esteri con l’introduzione dello scambio automatico di informazioni.

Anche per i pesci piccoli?

La RegioneTicino mette l’accento sulle possibili “conseguenze positive anche per gli altri dirigenti di istituti finanziari svizzeri ancora alle prese con le more della macchina giudiziaria statunitense”, che potrebbe avere il verdetto di Fort Lauderdale.

Il commentatore del quotidiano di Bellinzona rammenta che una dozzina di banche svizzere rischiano ancora di finire sotto processo negli Stati Uniti per pratiche analoghe a quelle imputate a Weil e che è inoltre in corso il programma “volontario” per regolare il passato, destinato a quelle banche che non possono escludere di aver avuto clientela americana non in regola con il fisco.

“L’assoluzione dell’ex dirigente di UBS potrebbe avere delle conseguenze positive su quest’ultima vertenza. Fermo restando che le responsabilità penali sono personali e che il caso di Raoul Weil non può essere esteso per analogia a tutti i suoi omologhi di altre banche, è certo che chi ha degli argomenti giuridicamente validi e soprattutto i mezzi finanziari per farlo, può difendersi in modo dignitoso. Non tutti gli ex impiegati ed ex dirigenti di UBS sono però nelle condizioni di poterlo fare. La via del patteggiamento per evitare un lungo e oneroso iter giudiziario sarà quella più utilizzata”.

Queste considerazioni sono condivise dalla Tribune de Genève, la quale ritiene che l’assoluzione dell’ex “big boss” della gestione patrimoniale dell’UBS sia di poco aiuto ai “piccoli” gestori e consulenti ancora minacciati di finire in carcere negli Stati Uniti. “Questi ultimi non hanno i milioni di dollari necessari per assicurarsi i migliori avvocati e i loro nomi sono menzionati in troppi documenti presentati dai loro clienti americani pentiti”, scrive il quotidiano di Ginevra.

Pure La Liberté si pone la domanda: le maglie della rete della giustizia americana lasceranno sfuggire anche i pesci piccoli? “Si dice che siano rassicurati da questo verdetto. Costretti a trascorrere le proprie vacanze nei Grigioni dopo le rivelazioni di Bradley Birkenfeld, sperano di fare di nuovo i turisti negli Stati Uniti. Senza fermate in carcere”.

Guardando al futuro

Positivo il bilancio della Neue Zürcher Zeitung (NZZ), secondo cui il processo Weil è servito a chiarire delle questioni importanti per la piazza finanziaria elvetica. “In primo luogo, è stato confermato che gli Stati Uniti hanno esplicitamente autorizzato le banche svizzere nel 2001 a consigliare i clienti americani, senza doverlo riferire automaticamente all’erario. In secondo luogo, ha dimostrato che il segreto bancario svizzero è molto più di una legge volta a proteggere gli evasori fiscali”, ricordando che esso servì a proteggere la sfera privata in casi di fondi provenienti dall’Olocausto. “Questi argomenti potrebbero avere un ruolo significativo nei negoziati ancora in corso con le autorità fiscali”, prevede il quotidiano.

Per il Tages-Anzeiger, pur essendo corretta dal profilo giuridico, l’assoluzione di Raoul Weil lascia senza risposta molti interrogativi sulle responsabilità dei dirigenti delle banche svizzere. “Le rimunerazioni elevate dei top manager sono spesso motivate con le responsabilità che hanno, ma è raro che siano disposti ad assumere gli errori commessi in seno alla loro banca”, commenta il quotidiano di Zurigo.

L’Agefi conclude nel suo editoriale: “Il caso Raoul Weil non è forse un punto di svolta nel doloroso e interminabile regolamento del passato di clienti stranieri e irregolari delle banche svizzere, ma dovrebbe restituire un po’ della fiducia persa”.

Non è finita qui

Anche se il caso è stato chiaramente una battuta d’arresto per i procuratori, difficilmente li dissuaderà dal riprovarci, afferma l’avvocato Nathan J. Hochman, ex giurista del Dipartimento di giustizia (DoJ) americano. “Il DoJ vince il 90% dei suoi casi, ma è sempre arduo perseguire alti dirigenti che possono dare la colpa ai loro dipendenti o clienti”, ha dichiarato a swissinfo.ch.

Una cosa è certa: “il DoJ è molto bravo a imparare la lezione e non commetterà lo stesso errore. La prossima volta che si lancerà in un processo, procederà sicuramente in base a una posizione più solida”. “Non vogliono perdere in un altro caso. Quindi, probabilmente, in futuro il DoJ attaccherà meno, ma più duramente”.


Con i contributi di Samuel Jaberg e Peter Siegenthaler

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