Cadmio nelle fave di cacao: quanto è tossico il cioccolato?
Normative internazionali annacquate comportano una diversa esposizione al cadmio nel cioccolato a seconda di dove si vive. Azioni legali intentate contro le grandi aziende produttrici potrebbero cambiare le cose.
Poche persone, oltre a quelle che lavorano nell’industria alimentare, hanno mai sentito parlare del Codex Alimentarius. È un insieme di regole e linee guida che puntano ad armonizzare le norme sulla sicurezza alimentare intorno al globo. Delegazioni di tutti i Paesi discutono e stabiliscono il livello massimo ammissibile di ogni sostanza tossica nei prodotti alimentari venduti nel mondo. Una di queste è il cadmio, metallo pesante che a lungo termine è tossico per i reni ed è un noto cancerogeno.
Questo articolo è parte di una serie che esplora gli sviluppi dell’industria alimentare dal punto di vista delle consumatrici e dei consumatori. Nonostante sia un Paese piccolo, la Svizzera ha un peso notevole nel paniere alimentare globale. Vi hanno sede giganti agroalimentari come Nestlé e Syngenta, nonché aziende di primo piano dell’industria lattiero-casearia e della lavorazione del cioccolato. Il Paese si sta anche posizionando come polo delle tecnologie alimentari: conta numerose start-up e un incubatore specializzato, riuniti nella cosiddetta Swiss food and nutrition Valley. È inoltre il centro europeo di molte aziende attive nel commercio di materie prime alimentari come la soia, il cacao, il caffè e l’olio di palma.
Il cioccolato è uno dei rari alimenti che possono contenere naturalmente alti livelli di cadmio. Il motivo è che nei terreni di alcune regioni dell’America latina esso è notoriamente presente grandi quantità, e così finisce nelle fave di cacao. La Svizzera acquista dal Sudamerica il 20% del suo fabbisogno.
Nel 2014, la commissione Codex sui contaminanti nei prodotti alimentari CCCF (Codex Committee on Contaminants in Food) ha deciso di avviare un dibattito sui massimi livelli di cadmio ammissibili nel cioccolato e in altri prodotti derivati dal cacao. Dopo otto anni e numerosi round negoziali, tali valori sono stati fissati nel 2022, ma non senza riserve.
I Paesi sudamericani che hanno alti livelli di cadmio nei propri terreni erano per soglie più clementi, per proteggere le esportazioni di agricoltrici e agricoltori. La Svizzera e l’Unione europea, per contro, spingevano per limiti più severi poiché le loro cittadine e i loro cittadini consumano molti più prodotti di cioccolateria. Alla fine, l’opzione più restrittiva ha avuto la meglio.
“Gli standard del Codex sono raccomandazioni che i Paesi membri applicano su base volontaria e fungono da base per la legislazione nazionale in molti di essi. Non però in Svizzera, dove nel cioccolato sono ammessi livelli massimi di cadmio inferiori, al pari che in Unione Europea (UE) e Norvegia”, spiega a SWI swissinfo.ch un portavoce dell’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria (USAV) via e-mail.
Gli amanti del cioccolato in UE, Svizzera e Norvegia sono perciò relativamente al sicuro grazie a regole più restrittive entrate in vigore nel 2019.
Nel resto del mondo, invece, fanno testo gli standard del Codex. Ma l’applicazione rimane appunto volontaria: solo pochi Paesi al di fuori dell’Europa -Australia, Nuova Zelanda, Russia e gli Stati del Mercosur- hanno una qualche forme ufficiale di limite massimo per i livelli di cadmio nei prodotti di cioccolato. E sono tutti più permissivi dell’UE.
Cioccolato svizzero segnalato
Lo scorso dicembre, Consumer reports ha testatoCollegamento esterno 28 tavolette di cioccolato vendute in California (l’unico Stato americano che abbia fissato una dose massima ammessa per il cadmio, ossia 4,1 microgrammi al giorno). Una varietà del produttore svizzero Lindt & Sprüngli, il Lindt Excellence Dark Chocolate 70% Cocoa, era tra le 13 segnalate per i livelli di cadmio più alti del consentito. A dispetto dei risultati del test, l’azienda nega che il suo cioccolato comporti rischi per i consumatori.
“Tutti i nostri prodotti citati nell’analisi di Consumer Reports soddisfano severi requisiti di qualità e sicurezza e sono sicuri per il consumo”, ha commentato un portavoce della Lindt & Sprüngli per e-mail.
Non tutti ne sono convinti. Il 10 gennaio, è stata intentata una class action (azione legale collettiva) contro la filiale statunitense della multinazionale svizzera presso la Corte distrettuale degli Stati Uniti per il distretto della California settentrionale. Vi si accusa l’azienda di sprezzante noncuranza per la salute e il benessere dei propri consumatori. La parte querelante ha chiesto un processo con giuria. Altre industrie dolciarie come Hersheys, Mars, Godiva e Trader Joe’s (nei cui prodotti sono pure stati rilevati livelli di cadmio troppo alti) stanno affrontando procedimenti giudiziari analoghi.
L’azione legale potrebbe spronare i produttori di cioccolato di tutto il mondo a elencare in etichetta le concentrazioni di metalli pesanti come il cadmio, così da consentire a consumatrici e consumatori di prendere una decisione informata.
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