Calche letali, il panico non c’entra quasi mai
La notizia della morte di oltre 150 persone nella calca durante una festa a Seul ha scosso profondamente Claudio Feliciani, ricercatore svizzero residente in Giappone la cui specializzazione è proprio lo studio dei movimenti delle folle e il modo in cui gestirli. Intervista.
“Mi sento spesso dire che faccio ricerca su cose inutili quando ci sono problemi importanti come il cambiamento climatico o la fame in Africa. Poi per una volta succede qualcosa che ti riguarda. Credi che avresti potuto fare qualcosa per evitarlo. Ma non l’hai fatto. Ti fa sentire ancora più impotente e inutile”.
È questo che ci ha scritto Claudio Feliciani parlando della tragedia consumatasi a Seul lo scorso fine settimana, quando oltre 150 persone hanno perso la vita schiacciate dalla folla nel quartiere di Itaewon, celebre per la vivace vita notturna, durante una festa di Halloween.
Feliciani è ricercatore all’università di Tokyo. La sua specializzazione è il comportamento delle folle e lo studio del modo migliore per gestirle. È anche coautore di un libro scritto proprio allo scopo di scongiurare eventi come quello di Seul.
Avevamo intervistato lo scienziato ticinese lo scorso anno, quando una delle sue ricerche è valsa a lui e ai suoi colleghi dell’Università di Tokyo il premio IG Nobel, il riconoscimento per le ricerche più improbabili che, secondo lo slogan dell’organizzazione, “prima fanno ridere e poi danno da pensare”.
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Questa volta, nulla può far ridere. Chiedendoci di far sentire la sua voce, ha parlato del “senso di responsabilità che percepisco riguardo al dovere di evitare che cose del genere succedano ancora e che non vengano trattate in maniera superficiale”.
SWI swissinfo.ch: Cosa vuole dire esattamente quando parla del “trattamento superficiale” di questo genere di eventi?
Claudio Feliciani: In casi come questo, si nota spesso la tendenza di dare la colpa alla “folla”, lasciando intendere che chiunque si trovasse lì abbia in parte contribuito affinché l’incidente accadesse.
In realtà, quando ci si trova in una folla come quella che si è formata a Itaewon, non si è in grado di muoversi con le proprie gambe, si è mossi da onde di forza che si propagano nella massa e non si ha la minima idea di quanto stia accadendo anche solo pochi metri più avanti. Si è impotenti.
Inoltre, appaiono spesso commenti affrettati del tipo “c’era troppa gente”. Il numero è in realtà irrilevante. Eventi come la Street Parade di Zurigo attirano fino ad un milione di persone senza che succedano incidenti, ma stragi si sono verificate in locali notturni in cui erano presenti solo poche centinaia di persone (come a Corinaldo, in Italia, nel 2018).
Alcuni media, riportando la notizia, hanno usato termini come “panico” e folla “impazzita”. Sono espressioni appropriate per descrivere quanto successo?
L’idea che il panico si propaghi nella folla in modo incontrollato deriva da un trattato di fine ‘800 di Gustave Le Bon, uno dei primi ad occuparsi del tema. Purtroppo, quest’idea è rimasta impressa nell’immaginario collettivo, anche perché è facile scaricare le colpe su una miriade di persone facendo svanire, di fatto, ogni responsabilità.
In realtà, è ben noto che il panico molto raramente gioca un ruolo importante e non è quasi mai la causa delle calche.
Anche nel caso di Itaewon è possibile notare che molte persone festeggiano ancora allegramente pochi secondi prima dell’incidente e le (poche) urla iniziano dopo l’incidente, non prima. Anche per le urla, però, non si tratta di una trasmissione viscerale del panico nella folla, ma bensì di individui che urlano perché si sentono schiacciati.
Osservando i video girati a Seul si è potuto fare un’idea di cosa sia successo a Itaewon?
Dai video si possono vedere elementi comuni in questo tipo di incidenti: flusso a intermittenza, altissime densità e movimenti “turbolenti” che indicano che le persone sono sollevate da terra e mosse da onde d’urto formatesi nella massa. In queste condizioni si possono creare improvvisamente dei vuoti quando qualcuno, mosso continuamente in direzioni diverse, perde l’equilibrio.
Viste le grosse forze in gioco, il vuoto viene colmato dalle persone circostanti, formando una reazione a catena dove le persone collassano una sopra l’altra. Anche in incidenti avvenuti in piano è possibile trovare molti corpi ammassati. Il fatto che la strada fosse in pendenza facilita questo meccanismo o se non altro rende più difficile fermarlo.
Cosa provoca la morte delle persone durante una calca?
Sugli aspetti medici sono meno informato, posso comunque dire che la maggior parte delle morti avvengono per soffocamento traumatico (a causa della forte pressione esercitata sul torace). Lesioni interne possono anche portare alla morte, anche se in misura minore. Non vanno poi sottovalutati i danni psicologici che subiscono le persone che sopravvivono a queste stragi, che possono durare anche parecchi anni.
Quali accorgimenti vanno presi per evitare che si creino queste situazioni?
Prima di tutto, è necessario che ci sia coordinamento tra tutte le parti coinvolte. Per la Street Parade di Zurigo c’è un comitato organizzatore che si coordina con la polizia e fanno anche affidamento su esperti ed università per studi più specifici e simulazioni dei flussi pedonali.
Anche residenti, ristoratori e operatori di locali notturni vanno coinvolti nell’organizzazione in modo che ognuno sappia come valutare la situazione e chi informare nel caso si verifichino situazioni a rischio. Dalle prime informazioni, sembra che nel caso di Itaewon questa coordinazione sia mancata, anche se ci vorrà tempo per capire il perché.
Esistono poi accorgimenti più generali, come per esempio dividere sempre i flussi; evitare quindi che ci siano gruppi di persone che si muovono in direzioni opposte in modo incontrollato come successo a Itaewon, ma anche molte volte in passato, per esempio a Phnom Penh nel 2010, con oltre 300 morti.
E, lo ricordo ancora, occorre tenere conto che episodi di questo genere non solo limitati a grosse metropoli dove vivono milioni di persone. Anche un piccolo evento può essere fatale se la sicurezza non viene presa in considerazione.
Per eventi di grossa portata esistono linee guida e leggi specifiche che regolano capienza o misure di sicurezza da prendere, ma anche per piccoli eventi è sempre utile informare le autorità e sapere a chi rivolgersi se si percepisce che la situazione stia sfuggendo al controllo.
Quindi crede che sarà possibile definire le responsabilità di quanto successo?
“Episodi di questo genere non solo limitati a grosse metropoli dove vivono milioni di persone. Anche un piccolo evento può essere fatale se la sicurezza non viene presa in considerazione.”
Definire una responsabilità precisa è solitamente molto difficile. Nel caso dell’incidente alla Love Parade in Germania nel 2010 (21 persone morte, 510 ferite, ndr) il processo è considerato uno dei più complessi del dopoguerra ed è durato 10 anni senza che si trovassero dei colpevoli (si è stabilito che le singole colpe non soddisfano i criteri minimi necessari per una condanna penale). Per l’incidente a Hillsborough, nel 1989 nel Regno Unito (97 persone morte, 766 ferite, ndr), ci sono voluti addirittura 30 anni e rimangono ancora questioni aperte. Gestire situazioni come quella Itaewon è certamente arduo. Con così tante parti in gioco si ha a che fare con una catena di eventi in cui ogni anello ha un suo piccolo ma determinante ruolo.
C’è qualcosa che una singola persona nella folla può fare se si ritrova in una calca?
Come individuo, occorre fare molta attenzione qualora ci si trovi in una situazione in cui non si è in grado di muoversi dove si vuole e si è mossi dalla folla. Percepire una forza da ogni direzione, anche per un breve periodo di tempo, è già un segno di pericolo.
È quindi importante allontanarsi cercando di mantenere la calma e al contempo informare amici o eventuali agenti di sicurezza sul posto. Non bisogna spostarsi bruscamente e in modo improvviso e vanno evitate scalinate o vicoli stretti già affollati.
Infine, bisogna evitare di fermarsi, per esempio per scattare delle foto, in una folla che si muove camminando. Ciò può creare un “tappo” favorendo un accumulo di gente in breve tempo con conseguenze non controllabili.
È difficile poter dire come salvarsi nel caso si è coinvolti in un collasso e non penso di poter dare dei validi consigli. In parte perché non è facile fare studi al riguardo e in parte perché dipende molto dalla posizione in cui si cade.
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