Cavalcando il boom statunitense, l’orologeria svizzera raggiunge nuove vette
L'anno scorso le esportazioni orologiere svizzere hanno superato la soglia dei 24 miliardi di franchi, un record storico. Nonostante le incertezze economiche e geopolitiche, il settore dovrebbe continuare il suo trend positivo nel 2023.
Nulla sembra disturbare il costante ticchettio degli orologi svizzeri. Nonostante il ritorno dell’inflazione, il calo dei mercati azionari, il crollo delle criptovalute e le cupe prospettive di crescita economica, le esportazioni di orologi hanno raggiunto un nuovo record nel 2022, secondo i dati pubblicati martedì dalla Federazione dell’industria orologiera svizzera (FH). Il valore dell’export è aumentato di quasi l’11,4% rispetto al 2021, raggiungendo i 24,8 miliardi di franchi.
Questa crescita si è verificata nonostante il calo registrato in Cina (-13,6% su un anno) e a Hong Kong (-10,5%), rispettivamente il secondo e il terzo mercato per le vendite di orologi “Swiss made”. D’altra parte, le esportazioni di orologi sono aumentate costantemente in 28 degli altri 30 mercati principali. Ciò è particolarmente vero per gli Stati Uniti (+26,3%) che, come l’anno precedente, occupano il primo posto in questa classifica.
“Molti consumatori e consumatrici americani sono usciti dalla crisi del Covid con più risparmi del solito. Sono stati uno dei principali motori della crescita, sia acquistando orologi svizzeri nel proprio Paese che viaggiando all’estero, in particolare in Europa”, analizza Jean-Philippe Bertschy, esperto di orologi presso la Banca Vontobel.
Consolidamento ad alto livello
Gli orologi di alta gamma hanno ancora una volta fatto la parte del leone nel mercato mondiale: quelli di un valore all’esportazione superiore a 3’000 franchi svizzeri, ovvero con un prezzo di vendita finale di oltre 7’500 franchi, hanno rappresentato più di tre quarti del valore totale dell’export. Il ritorno dell’inflazione (2,8% in Svizzera e 6,5% negli Stati Uniti nel 2022) ha finora avuto scarso impatto sui portafogli delle persone più ricche del mondo, che hanno privilegiato l’investimento in orologi di lusso quale alternativa al calo dei mercati azionari.
La tendenza positiva registrata negli ultimi due anni dovrebbe continuare anche nel 2023. La fine dei confinamenti di massa imposti da Pechino nell’ambito della sua politica “zero Covid” e il ritorno della clientela cinese nelle principali destinazioni turistiche del mondo dovrebbero favorire le aziende orologiere svizzere.
Jean-Philippe Bertschy prevede un consolidamento ad alto livello nel 2023, con un aumento delle esportazioni tra l’1 e il 3%. “La Cina sarà ovviamente sotto i riflettori e dovrebbe rappresentare un importante vettore di crescita. D’altro canto, rimaniamo più cauti per quanto concerne i mercati europei, in particolare Germania, Regno Unito e Italia, che soffrono di una brutale inflazione dei prezzi dell’energia”, sottolinea lo specialista.
3’000 posti di lavoro in più
L’aumento dei costi energetici rappresenterà una sfida importante per l’industria orologiera svizzera. Lo stesso vale per il costo di materie prime come l’acciaio e il rame, di cui il settore è ghiotto, che l’anno scorso hanno registrato aumenti compresi tra il 10 e il 20%.
Resta il fatto che nei prossimi mesi il settore avrà bisogno di più mani e cervelli. Come molti altri rami economici, l’industria orologiera sta incontrando crescenti difficoltà di reclutamento.
Le aziende orologiere hanno dovuto assumere 3’000 persone in più nel 2022 per far fronte all’aumento della domanda. La forza lavoro del settore supera oggi le 60’000 persone, una cifra che non si raggiungeva dalla fine degli anni Settanta.
“L’orologeria è in un certo senso vittima del suo successo. Una simile crescita dopo il Covid era difficile da prevedere. Questa forte domanda ha portato a un’esplosione del fabbisogno di personale”, afferma Ludovic Voillat, segretario generale della Convenzione padronale dell’industria orologiera.
Puntare sulla formazione
Il risultato è che nelle principali regioni orologiere del Paese, situate nei cantoni nord-occidentali della Svizzera, il bacino di reclutamento è praticamente asciutto. Lo è anche dall’altro lato del confine, nella vicina Francia, da dove proviene parte del personale essenziale per il buon funzionamento dell’industria.
Se finora la carenza di manodopera ha colpito soprattutto alcune professioni tecniche altamente specifiche, le difficoltà di reclutamento riguardano ora tutti i settori e tutti i livelli di qualifica. “L’automazione sta progredendo nel nostro settore, ma per produrre orologi di alta gamma il know-how umano rimane indispensabile”, osserva Ludovic Voillat.
Secondo le stime della Convenzione padronale, entro il 2026 dovranno essere formati e assunti quasi 4’000 specialisti e specialiste in più solo nelle professioni tecniche. Sono state avviate numerose iniziative di formazione, ma sarà comunque difficile colmare rapidamente la carenza.
Ludovic Voillat non si lascia però prendere dal panico: “L’industria orologiera è da tempo consapevole dell’importanza della trasmissione del know-how. Oggi offre condizioni di lavoro moderne e attrattive che la pongono in una buona posizione nella competizione tra i datori di lavoro dei diversi settori economici per attrarre manodopera qualificata”.
Traduzione di Daniele Mariani
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