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Debito pubblico, il gioco pericoloso degli Stati

Grecia, settembre 2010: un foglio comunica che la metropolitana di Atene è chiusa. I dipendenti delle ferrovie e dei trasporti pubblici in Grecia hanno indetto uno sciopero per contestare le misure di riduzione del debito decise dal governo. Keystone

Nessuno Stato può funzionare senza debiti. Nazioni quali l’Italia e la Grecia continuano però a causare notti insonni a economisti e politici. Cosa significa per un paese sprofondare nelle cifre rosse?

Le entrate fiscali non bastano per costruire strade, ospedali e scuole. I paesi sono così costretti a emettere delle obbligazioni per poter ottenere dei prestiti sui mercati finanziari. Tuttavia, alcuni economisti temono che il mondo sia sempre più dipendente da una montagna di debiti che non cessa di crescere. Un’evoluzione che potrebbe avere pesanti conseguenze.

Per l’Unione europea, il debito pubblico non dovrebbe superare il 60% del Prodotto interno lordo del paese. Una soglia di sicurezza che numerosi Stati hanno però già oltrepassato. La Svizzera, che non fa parte dell’Ue, è tra i pochi paesi del continente a rispettare il limite fissato nel trattato di Maastricht, secondo le stime del Fondo monetario internazionale.

Come si può notare nel grafico seguente, tra i paesi più indebitati si trovano principalmente delle economie “ricche”. La situazione riflette quanto succede nella vita reale: più si hanno soldi e più si possono chiedere prestiti. Inoltre, i paesi ricchi sono spesso delle democrazie in cui i partiti politici fanno a gara per offrire ai cittadini più servizi in cambio di meno tasse. Questa pratica di ricompensare i votanti di oggi, facendo pagare il conto ai votanti di domani, ha fatto sprofondare i governi sempre più nelle cifre rosse.

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La crisi finanziaria del 2008 ha mostrato quali possono essere le ripercussioni di un indebitamento troppo marcato. A quasi dieci anni di distanza, Grecia e Italia stanno ancora pagando le conseguenze di un debito pubblico fuori controllo. Di fronte al declino delle attività economiche, alla riduzione degli impieghi e al calo delle entrate fiscali, alcuni paesi si trovano sommersi da debiti che non riescono più a rimborsare. Ironicamente, la Banca centrale europea ha dovuto stampare 1’000 miliardi di euro per acquistare le obbligazioni di questi Stati che nessuno voleva.

Grecia e Italia non sono gli unici paesi in difficoltà. Altri Stati hanno aumentato il debito pubblico per altri motivi. La Cina ha immesso importanti liquidità nei progetti infrastrutturali e nelle aziende statali con l’obiettivo di dare un impulso allo sviluppo economico. Il Giappone ha invece contratto una montagna di debiti per stimolare un’economia in perdita di velocità.

Agli occhi di molti osservatori, questo aumento generalizzato del debito pubblico è preoccupante. Recentemente, la banca Goldman Sachs ha sottolineato che l’invecchiamento della popolazione comporterà un calo del gettito fiscale e, al contempo, metterà sempre più sotto pressione il sistema sanitario e quello di previdenza. Un’evoluzione che renderà il rimborso del debito ancor più difficile.

Dal canto suo, la Svizzera ha ritenuto indispensabile ridurre il debito pubblico dopo le difficoltà economiche incontrate negli anni Novanta. Nel 2003, la Confederazione ha introdotto un freno all’indebitamento che obbliga il governo a tenere le spese pubbliche sotto controllo.

Altri sviluppi

Non tutti sono però convinti dell’efficacia di questo strumento, adottato anche da altri paesi. A sinistra, si ritiene ad esempio che l’eccessivo controllo della spesa pubblica abbia un impatto nefasto sui servizi pubblici.

Traduzione dall’inglese di Luigi Jorio

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