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Come la scienza svizzera investiga sulle frodi

Messi sotto pressione per mostrare dei risultati e conservare i loro finanziamenti, alcuni ricercatori cadono nella tentazione della frode scientifica. Keystone

Il Politecnico federale di Zurigo (ETHZ) ha annunciato in aprile di avere aperto delle indagini su uno dei suoi professori, accusato di frode scientifica. Questo genere di casi non è nuovo, ma è solo di recente che la Svizzera ha iniziato ad adottare un approccio più sistematico nelle investigazioni.

Il caso scoppiato all’ETHZ concerne un professore di biologia, accusato anonimamente sul forum online PubPeerCollegamento esterno di aver manipolato delle immagini che accompagnano articoli pubblicati di cui è co-autore. Secondo il Centro nazionale della ricerca scientifica (CNRS) francese, che ha finanziato parte delle ricerche, si tratta di circa 30 articoli.

Il 9 aprile, l’ateneo zurighese ha comunicato di aver istituito un comitato investigativoCollegamento esterno per far luce sulle accuse. Sino alla fine delle indagini, l’ETHZ non intende rilasciare commenti, ha indicato un portavoce a swissinfo.ch. Il CNRS sta anche conducendo un’indagine.

Un problema mondiale

La falsificazione (adattamento o distorsione) e la fabbricazione (invenzione) di dati sono due forme tipiche di frode scientifica. Ve ne sono però molte altre. Vanno dal plagio (usare i testi di altri come se fossero i propri) alla paternità inattendibile delle pubblicazioni, passando dal conflitto d’interessi. Ad esempio quando lo studio è finanziato dalla società che vende i prodotti che il ricercatore sta esaminando.

Uno dei più grandi casi di frode scientifica in Europa ha coinvolto l’anestesista tedesco Joachim Boldt. Dopo lunghe indagini, questo professore è stato licenziato dalla clinica in cui lavorava; 88 dei suoi 102 rapporti pubblicati in giornali scientifici sono stati ritirati. Boldt aveva falsificato i dati delle sue ricerche sin dal 1999.

Alcuni regolamenti e procedure

Il Politecnico di Zurigo dispone dal 2004 di un regolamento di proceduraCollegamento esterno per i casi sospetti di frode scientifica. Esso stipula che la scuola «esige dai suoi membri che aderiscano a una cultura dell’integrità, della responsabilità e dell’autocritica nell’ambito della ricerca scientifica». L’istituto è inoltre «responsabile di indagare su comportamenti sospetti ».

Anche il Politecnico federale di Losanna si è dotato di direttive relative all’integrità della ricerca. Queste definiscono dei principi di base per pianificare, svolgere, presentare e valutare degli studi.

Il Fondo nazionale svizzero della ricerca scientifica, che nel 2013 ha investito 819 milioni di franchi in progetti vari, ha dal canto suo definito dei principi di base sull’integrità scientifica e la procedura da seguire in caso di comportamenti scorretti.

Nel 2009, da un’analisi condotta su vasta scala in diversi paesi, era emerso che quasi il 2% degli scienziati aveva ammesso di aver fabbricato, falsificato o modificato dei dati o dei risultati almeno una volta nel corso della carriera; il 34% aveva riconosciuto altre pratiche discutibili.

Perché degli scienziati mettono a repentaglio la loro carriere fabbricando o falsificando delle ricerche?

«Come in altri campi delle attività umane – ad esempio nello sport, dove esiste il fenomeno del doping – la gente vuole eccellere in quello che fa», afferma Mirjam Curno, manager editoriale presso il giornale Frontiers, con sede a Losanna. Questi comportamenti contrari all’etica sono anche una conseguenza degli incentivi proposti dai finanziatori, dai comitati di promozione e dagli enti istituzionali, osserva Mirjam Curno.

I ricercatori possono cadere in tentazione poiché subiscono «un’enorme pressione per garantire i finanziamenti». Hanno dei contratti a corto termine e le sovvenzioni su base regolare a un certo punto giungono a scadenza. Inoltre «sono costantemente in competizione per mantenersi su posizioni d’eccellenza e di queste posizioni ve ne sono poche».

Approccio più sistematico contro le frodi

Il problema della frode scientifica non è più acuto in Svizzera che in altri paesi del mondo, afferma il professore di diritto Kurt Seelmann, responsabile della Commissione per l’integrità scientifica del Fondo nazionale svizzero della ricerca scientificaCollegamento esterno (FNS). «Si tratta però di un problema. Vi sono molti casi sospetti che stiamo seguendo».

Anche se la frode scientifica esiste da decenni, o addirittura da secoli, è solo di recente che le istituzioni svizzere attive nel campo della ricerca hanno elaborato linee direttive per investigare su casi sospetti.

Software contro il plagio

Molti istituti hanno investito in programmi informatici per esaminare i testi e scoprire eventuali casi di plagio, paragonando i documenti con articoli già pubblicati e contenuti in una banca dati.

«Con tutto il materiale pubblicato online e i software attualmente disponibili, è relativamente facile scoprire i casi di plagio», osserva Mirjam Curno, manager editoriale del giornale Frontiers. 

«Prima del 2009 non vi erano procedure formali», spiega Susan Killias, consigliere generale per il Politecnico federale di Losanna (EPFL). «Lavoro qui dal 2000 e non ne avevo mai sentito parlare».

La Commissione per l’integrità scientifica dell’FNS è stata fondata nel 2013.

«I comportamenti riprovevoli in ambito scientifico esistono naturalmente da prima ed erano anche oggetto di investigazioni. Tuttavia avevamo la sensazione che dovevamo avere un approccio più sistematico. È per questa ragione che è stato creato un comitato apposito», afferma Seelmann.

Da quando si è sviluppata questa consapevolezza circa il problema delle frodi, le università, i giornali scientifici e gli enti finanziatori hanno iniziato a diventare più pro-attivi.

«Punire è importante. Ma è ancor più importante prevenire», sottolinea Killias. «Regolarmente pubblichiamo sul nostro sito dei promemoria o inviamo degli e-mail per ricordare ai ricercatori quali sono i loro doveri».

Dal 2009 l’EPFL è stato il primo istituto ad instaurare una procedura formale per queste vicende. La scuola è stata finora confrontata con tre casi che coinvolgevano dei professori – due dei quali si sono rivelati inconcludenti – e tre o quattro che coinvolgevano altre persone, indica Killias. «Nulla se si pensa che ogni anno pubblichiamo forse 2’000 articoli».

Scambio di informazioni

Per un’istituzione che vuole indagare su un potenziale caso di comportamento illecito può essere utile avere dei sostegni o dei pareri. Il Comitato internazionale sull’etica delle pubblicazioniCollegamento esterno (COPE), di cui sono membri circa 10’000 editori, pubblica delle linee guida, delle documentazioni e gestisce una banca dati su casi a carattere etico che hanno suscitato discussione.

«Molti casi con cui sono confrontati gli editori devono essere riferiti agli istituti per le investigazioni», indica Mirjam Curno, attiva in seno al consiglio del COPE. Per aiutarli, il COPE ha elaborato delle linee guida sulla cooperazione tra istituti di ricerca e i giornali.

In Svizzera, scambiare delle informazioni non è sempre semplice. In parte ciò è dovuto alla struttura federalista del paese, osserva Seelmann. «Per quanto ci concerne non è un problema. Forniamo e chiediamo informazioni. Le singole università, la maggior parte delle quali sono cantonali, spesso non sono però autorizzate a fornirci informazioni».

In Svizzera le istituzioni accademiche hanno forse meno esperienza nell’affrontare casi di frode scientifica. «L’importante – afferma ancora Mirjam Curno – è però che gli istituti abbiano previsto delle procedure per investigare velocemente e in modo equo e che comunichino in maniera chiara».

Traduzione di Daniele Mariani

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