La politica alimentare della Cina agita il settore delle materie prime
Il principale gruppo agroalimentare cinese, COFCO, sta progettando di fondere alcune delle sue attività con la sua divisione commerciale internazionale con sede a Ginevra. Questa prospettiva sta facendo scalpore in un settore a lungo dominato da gruppi occidentali.
Dalla sua creazione nel 2014, la cinese COFCO International (CIL) ha sgomitato con i giganti del settore. La sua discesa in campo nel commercio internazionale di prodotti agricoli ha sollevato più di un interrogativo, ad esempio su come intendesse attingere al deposito mondiale di derrate alimentari.
I giganti dell’agro-business globale – Archer Daniel Midlands, Bunge, Cargill e Louis Dreyfus –, che controllano quasi il 90% del commercio mondiale di cereali, hanno capito in fretta quali erano le intenzioni della COFCO International, di proprietà della COFCO Corp, società statale cinese con sede a Pechino.
La prima mossa del gruppo CIL sullo scacchiere del settore è stata l’acquisizione per 4 miliardi di dollari (3,7 miliardi di franchi svizzeri) della società olandese Nidera e del Noble Group di Singapore. È stata l’azienda madre della CIL a rendere possibile tale passaggio di proprietà. A sette anni di distanza e dopo aver consolidato la sua posizione nel settore del commercio alimentare, la COFCO Corp ha comunicato che intende unire alcune delle sue attività nazionali di commercio e lavorazione con la divisione commerciale con sede a Ginevra. Stando a Bloomberg, multinazionale operativa nel settore dei mass media, l’offerta pubblica iniziale sarebbe di 5 miliardi di dollari ed è attesa per la fine di quest’anno o l’inizio del 2022.
Mire globali
Negli ultimi dieci anni, la forte espansione della classe media cinese ha generato un aumento della domanda di materie prime. Oltre a desiderare un’auto nuova e altri beni di consumo, sempre più cinesi vogliono avere nel piatto carne, soia, prodotti caseari, latte e cereali. Nel 2019, il consumo di carne bovina in Cina è aumentato dell’undici per cento, mentre le importazioni sono cresciute del 60%.
Sfamare una popolazione di circa 1,4 miliardi, quasi il 20 per cento degli abitanti del pianeta, è diventata una delle principali preoccupazioni delle autorità di Pechino anche perché solo il 10 per cento della terra coltivabile a livello globale si trova in Cina. L’instabilità dei prezzi delle materie prime e le conseguenze del cambiamento climatico in ampie aree dove tradizionalmente si coltiva la soia ha obbligato la seconda potenza mondiale ad attingere ad altre fonti per assicurare il rifornimento alimentare del Paese.
L’iniziativa geostrategica cinese “Nuova via della seta” è stata lanciata anche per garantire l’approvvigionamento di cibo mediante una capillare rete viaria. La creazione della CIL si inserisce nella strategia di Pechino volta a dare maggiore peso a livello internazionale alle sue compagnie per perseguire la sua politica in materia di sicurezza alimentare. L’ex CEO della CIL, Chi Jingtoa, ha indicato che l’obiettivo è di “diventare un vero e proprio agribusiness globale”.
Le acquisizioni iniziali delle società Nidera e Noble da parte della COFCO Corp hanno gettato le basi per il conseguimento di questo obiettivo. Queste due società sono state la chiave d’accesso agli impianti di lavorazione in Asia e al mercato dei cereali in Sudamerica, tra cui i fagioli di soia e il mais utilizzati come foraggio per gli animali. Inoltre, la Cina ha ora la possibilità di trattare direttamente con gli agricoltori, senza dover far capo alle tradizionali catene di approvvigionamento, saltando a piè pari le imprese commerciali che agiscono da intermediarie tra produttori e consumatori.
La CIL indica di aver comperato e venduto 106 milioni di tonnellate di materie prime nel 2018 e che l’obiettivo entro il 2022 è di superare i 60 milioni di tonnellate di prodotti acquistati direttamente dagli agricoltori non cinesi. Sono venti milioni di tonnellate in più rispetto a tre anni fa.
Nel 2018, la nuova società cinese specializzata nel commercio di derrate alimentari è diventata la maggiore esportatrice di soia dal Brasile, superando le imprese Cargill, ADM e Louis Dreyfus.
La fame di soia della Cina non è vista di buon occhio da tutti. La crescente domanda ha favorito la produzione e ha aggravato il problema della deforestazione in Brasile e in Paraguay, un altro Paese dove si rifornisce la CIL. In molti hanno sollevato la questione della tracciabilità della soia.
Un altro tema scottante è quello dei legami della CIL con il gigante agroalimentare statale COFCO, legami che le permetterebbero di ottenere prestiti a basso costo per acquisire compagnie all’estero. “La COFCO International si è chiesta quale ruolo dovesse giocare a livello globale: competere con le quattro maggiori società oppure essere lo strumento per garantire l’approvvigionamento alimentare della Cina”, dice Ivo Sarjanovic, professore presso l’Università di Ginevra. “Le ultime mosse da parte della COFCO ci fanno supporre che l’idea è di diventare lo strumento di approvvigionamento della Cina e non un concorrente delle altre grandi compagnie”.
Alcuni temono che la futura fusione tra il gigante agroalimentare statale e la divisione con sede a Ginevra possa escludere i principali concorrenti dal mercato cinese dato che la società madre ha un accesso diretto ai produttori e ai consumatori.
Difetti d’infanzia
I piani di acquisizione e fusione della COFCO non basteranno tuttavia a colmare il divario con i principali attori sul mercato mondiale dei prodotti agroalimentari. Le cifre evidenziano il gap tra il commerciante cinese e le rivali. La quotazione in borsa colloca la COFCO a fianco della Louis Dreyfus e della Olam International di Singapore, ma non a livello delle società Cargill, Bunge e ADM.
Nel 2019, la COFCO International ha registrato ricavi pari a 31 miliardi di dollari su un volume di 114 milioni di tonnellate di materie prime agroalimentari. Nello stesso lasso di tempo, la Cargill ha conseguito utili pari a 114 miliardi di dollari e la Louis Dreyfus 36 miliardi di dollari.
L’obiettivo iniziale della COFCO era di diventare la maggiore compagnia mondiale nel settore del commercio agroalimentare entro il 2020, un traguardo non ancora raggiunto.
La CIL ha dovuto prima di tutto integrarsi nel settore. Al momento dell’acquisto della Nidera, i media hanno riferito che la società olandese presentava un buco finanziario di 150 milioni di dollari causato dalle sue operazioni in Brasile. Inoltre, nella sede centrale a Ginevra c’è stato un ricambio del personale.
In passato, Sarjanovic ha lavorato come trader per la Cargill. Il professore dell’Università di Ginevra spiega che dopo l’acquisizione delle due società da parte della COFCO, la gestione della Nidera e della Noble Group di Singapore è cambiata, passando a uno stile manageriale cinese. Stando all’esperto è stata una “sfida impegnativa”. La CIL ha dovuto combinare il management di Nidera, Noble e ADM (da cui provenivano molti dipendenti delle società precedenti) e creare un nuovo spirito, “omogeneizzando” i metodi.
Un ex dipendente della CIL, che vuole rimanere anonimo, ha confermato a swissinfo.ch questa evoluzione, parlando di uno scontro culturale dopo il passaggio di gestione delle due compagnie. Al momento dell’acquisizione, la CIL aveva indicato che “la direzione locale veniva assunta dal mercato svizzero”. Al momento, 200 dipendenti lavorano presso la sede centrale di Ginevra che non ha voluto commentare le notizie su una possibile fusione con la COFCO e le indiscrezioni sui contatti con le banche per valutare una simile mossa.
Sfuggire alla pressione pubblica
Mentre la COFCO consolida i suoi piani, alcuni temono che con tale strategia (seguita anche da altre società del settore) voglia allentare la crescente pressione pubblica riguardo a una maggiore responsabilizzazione delle grandi compagnie in campo ambientale e sociale.
Florence Schurch, segretaria generale della Società Svizzera di Public Affairs (STSA), indica che c’è una tendenza generalizzata da parte delle compagnie attive nel settore del commercio alimentare di controllare l’intera catena di approvvigionamento a causa del crescente interesse che la società civile manifesta nei confronti delle attività dei commercianti di materie prime.
Un’evoluzione evidenziata anche dal recente voto in Svizzera su un’iniziativa popolare che voleva rendere le imprese più responsabili delle proprie azioni all’estero. L’oggetto è stato respinto alle urne dalla maggioranza dei Cantoni, mentre il 50,7%della popolazione si era schierata con il “sì”.
“È normale che i commercianti cerchino di controllare l’intera catena di approvvigionamento perché le organizzazioni della società civile si aspettano che agiscano in maniera responsabile. Ma non possono farlo se non hanno tutto sotto controllo”, dice Schurch.
Di fronte alle critiche, CIL ha indicato che vuole raggiungere la piena tracciabilità entro il 2023. ADM, Bunge, Louis Dreyfus non hanno risposto alle nostre e-mail in cui chiedevamo una presa di posizione sulla notizia della fusione. La Cargill ci ha scritto che non commenta questioni relative a decisioni di altre aziende.
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