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Vaccini per i Paesi poveri: Svizzera solidale, ma non troppo

gente in coda per il vaccino
A Trinidad e Tobago, la campagna di vaccinazione è un fallimento. Le autorità hanno voluto "fare troppo con troppo poco", come ha riconosciuto lo stesso primo ministro. Keystone / Andrea De Silva

La Svizzera è disposta a offrire i vaccini contro il coronavirus che non utilizzerà ai Paesi che ne sono privi. Non intende però modificare i brevetti dell'industria farmaceutica, che attualmente bloccano la produzione locale. Il Parlamento lo ha appena confermato con una stretta maggioranza.

Novanta voti a favore, 94 contrari, in una divisione che segue quasi perfettamente la linea che separa la sinistra e la destra politica. Mercoledì 16 giugno, il Consiglio nazionale (camera bassa) ha respinto la mozioneCollegamento esterno della sua Commissione della politica estera, che chiedeva alla Svizzera di aderire all’appello dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in favore della solidarietà globale nella lotta contro la Covid-19.

“Questa mozione chiede alla Svizzera di impegnarsi a difendere un compromesso sulla questione delle licenze obbligatorie”, ha detto il consigliere federale incaricato della sanità Alain Berset, che pur essendo socialista ha difeso la posizione del gremio governativo. Non sorprende che il Consiglio federale abbia ribadito il suo rifiuto di allentare la protezione dei brevetti. La dottrina è chiara: le aziende investono miliardi nello sviluppo dei vaccini e qualsiasi attacco alla protezione dei brevetti metterebbe a rischio i futuri investimenti nella ricerca.

Il compromesso impossibile

Su richiesta di diversi grandi Paesi del Sud e degli Stati Uniti, sono in corso discussioni presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) per allentare o addirittura sospendere temporaneamente la tutela brevettuale in tempi di pandemia. Questo potrebbe permettere ai produttori locali di fabbricare i vaccini anti-Covid. Ulteriori discussioni informali sono iniziate il 17 giugno presso la sede dell’organizzazione a Ginevra, al fine di redigere un rapporto per una riunione degli ambasciatori dell’OMC prevista il 21 e 22 luglio.

La Svizzera non è sola a opporre resistenza. L’Unione europea ha presentato un piano, sostenuto anche da Gran Bretagna e Corea del Sud, che mira a limitare le restrizioni all’esportazione, a sviluppare la produzione e a facilitare l’uso delle licenze obbligatorie. Dato che una decisione dell’OMC dovrebbe essere presa all’unanimità, è probabile che il tentativo di eliminare i brevetti fallisca.

Chi vuole AstraZeneca?

La Svizzera non resta comunque a guardare il mondo che lotta contro la pandemia e partecipa al vasto movimento di solidarietà dei Paesi ricchi, come ha ricordato mercoledì Alain Berset in Parlamento. Il 28 aprile, il Consiglio federale ha deciso di fornire un sostegno supplementare di 300 milioni di franchi al Dispositivo per accelerare l’accesso agli strumenti di lotta contro la Covid-19 dell’OMS, di cui un terzo andrà all’iniziativa Covax, il quale intende garantire un accesso equo alla vaccinazione in 200 Paesi. Il 12 maggio, il governo federale ha anche deciso di valutare la possibilità di riassegnare tre milioni di dosi di vaccino AstraZeneca a Covax. La Svizzera ha infatti acquistato 5,3 milioni di dosi del siero svedese-britannico e la decisione sui restanti 2,3 milioni di dosi sarà presa più tardi.

AstraZeneca? Questo vaccino, non ancora omologato in Svizzera, si è fatto una cattiva reputazione all’inizio dell’anno a causa di gravi effetti collaterali, delle trombosi venose, osservati in una piccola percentuale di pazienti che lo hanno ricevuto. Dopo averne sospeso l’uso, molti Paesi europei, tra cui Francia, Italia e Regno Unito, lo hanno reintrodotto. Ma gli Stati Uniti, che non l’hanno autorizzato sul loro territorio, stanno distribuendo pure loro le proprie dosi.

“È un ottimo vaccino”, ha detto Alain Berset in una conferenza stampa all’inizio di giugno. Swissmedic, l’autorità di omologazione, è indipendente e il Consiglio federale non può influenzare le sue decisioni. Nell’attesa, non si sa ancora se la Svizzera offrirà le sue dosi a Covax o se le venderà a basso prezzo.

La buona volontà non basta

Qualche giorno fa, il G7 ha deciso di donare un miliardo di dosi di vaccino ai Paesi poveri. Ma è indispensabile che questi prodotti delicati raggiungano i destinatari in buone condizioni e senza interruzioni della catena del freddo. In Africa, decine di migliaia di dosi di vaccino compromesse hanno dovuto essere distrutte, come ha rivelato recentemente la Radiotelevisione svizzera di lingua francese RTS.

Così, secondo i nostri colleghi, a metà maggio 20’000 dosi arrivate troppo tardi per essere utilizzate sono state incenerite in Malawi. Da parte sua, il Sudan del Sud restituirà più di 70’000 dosi, poiché non sarà in grado di somministrarle prima della loro scadenza a metà luglio. Data l’impressionante logistica dispiegata nei Paesi ricchi per le campagne di vaccinazione, è facile immaginare i problemi che deve affrontare una nazione che non ha né le persone, né i frigoriferi (o i congelatori), né i veicoli necessari per trasportare i vaccini fino nelle zone più discoste.

Traduzione dal francese: Luigi Jorio

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