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Dalla banca di prossimità alla rete del fisco americano

Reuters

Due banche cantonali sono nel mirino delle autorità americane per aver aiutato dei contribuenti a evadere il fisco del loro paese. In Svizzera, sono in molti a chiedere la soppressione della garanzia statale di cui beneficia la maggior parte di questi istituti controllati dai cantoni.

«Nuovo capitale per la sua espansione, mercati target all’estero, Private Banking per i super ricchi, programma di bonus per i dirigenti e di efficienza per gli altri: la Banca cantonale di Zurigo fa tutto per diventare una grande banca». Nel mese di gennaio di quest’anno, la Neue Zürcher Zeitung riassumeva così le ambizioni della banca cantonale più grande della Svizzera.

Sei mesi dopo, l’istituto si ritrova in un contesto che potrebbe però far naufragare le sue aspirazioni. Le banche cantonali di Zurigo e Basilea fanno in effetti parte dei dodici istituti ufficialmente nel mirino del Dipartimento di giustizia americano. L’accusa è di aver aiutato dei clienti a sottrarre centinaia di milioni di dollari al fisco del loro paese. Circostanza aggravante, alcune di queste operazioni sarebbero avvenute dopo il 2009, ovvero dopo i guai di UBS negli Stati Uniti.

In una risposta scritta a swissinfo.ch, la Banca cantonale di Basilea nega qualsiasi aiuto alla frode fiscale, precisando che dalla fine di marzo 2009 non accetta più nuovi clienti residenti negli Stati Uniti.

In merito ai vecchi clienti americani che hanno bussato alla sua porta, «si tratta per la stragrande maggioranza di clienti che volevano depositare i loro averi dichiarati in una banca che offriva loro la sicurezza auspicata (garanzia statale)», indica l’istituto basilese.

Le 24 banche cantonali della Svizzera sono istituti bancari indipendenti. Hanno però un carattere statale dato che sono di proprietà dei rispettivi cantoni, i quali detengono la totalità del capitale oppure una quota azionaria maggioritaria.

Ad eccezione della Banca cantonale del Giura – creata nel 1978, anno di fondazione del nuovo cantone – tutte le banche cantonali o i loro precursori sono nati durante il XIX secolo.

Le loro principali missioni erano di assicurare il sostegno e la difesa dell’economia locale attraverso la concessione di crediti a basso tasso d’interesse, organizzare il mercato ipotecario, incrementare il risparmio tramite l’offerta di investimenti sicuri e aumentare il volume degli scambi monetari con l’emissione di banconote.

Con una somma di bilancio superiore ai 400 miliardi di franchi, le banche cantonali gestiscono attualmente circa il 30% delle attività bancarie della Svizzera. Questi istituti sono tuttavia assai eterogenei: il bilancio della Banca cantonale di Zurigo è ad esempio 75 volte più importante rispetto a quello della Banca cantonale di Uri.

Appenzello Esterno e Soletta sono gli unici cantoni a non più disporre di una banca cantonale.

«Una reliquia del passato»

Ad eccezione delle banche cantonali di Ginevra e di Vaud (garanzia parziale) e di quella di Berna (nessuna garanzia da parte del cantone) – le quali hanno dovuto essere ricapitalizzate a suon di miliardi di franchi dal contribuente in seguito alla crisi immobiliare di inizio anni Novanta – tutte le banche cantonali della Svizzera beneficiano di una garanzia statale illimitata. In caso di fallimento, l’investitore ha la certezza di farsi rimborsare i suoi averi al 100%.

Numerosi esperti ritengono tuttavia che tale garanzia sia oramai superata. «È una reliquia del passato che non ha più spazio nella visione moderna di una banca universale», afferma l’avvocato ginevrino Carlo Lombardini.

Già nel 2011, il professore dell’Università di Zurigo Hans Geiger aveva dichiarato al quotidiano Le Temps che «questa garanzia pone dei problemi nel quadro dell’espansione all’estero delle banche cantonali, siccome offrire la gestione patrimoniale a clienti stranieri non fa parte del servizio pubblico».

Per Carlo Lombardini, la possibilità di ricorrere al sostegno dello Stato è addirittura pericolosa. «Il cantone, in quanto azionista, è ritenuto un attore solvibile e solido. Una banca cantonale può quindi essere ancor più tentata di lanciarsi in avventure rischiose».

Le banche cantonali di Zurigo e Basilea non sono le uniche a essere state sedotte da un’espansione extraterritoriale. La Banca cantonale di Ginevra (BCGE) possiede ad esempio succursali a Dubai e a Hong Kong. Un portavoce spiega a swissinfo.ch che si tratta principalmente di accompagnare i clienti ginevrini che desiderano realizzare investimenti all’estero.

«Non siamo nel mirino del fisco americano e considerata la nostra clientela non c’è motivo di credere che lo saremo in futuro», afferma il portavoce della BCGE, aggiungendo che «nessuna banca elvetica, a parte le piccole banche regionali, può però escludere completamente tale ipotesi».

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«Una distorsione della concorrenza»

In un’intervista a Le Temps, il professore zurighese Martin Janssen mette dal canto suo tutte le banche elvetiche in un unico paniere. «Che si tratti delle due grandi banche, di PostFinance o delle banche cantonali, il problema di fondo è lo stesso: questi istituti non versano nulla allo Stato per il sostegno, diretto o indiretto, che viene loro accordato. (…) Per ciò che concerne le banche cantonali, bisognerebbe procedere a un ritiro graduale dello Stato». Questo ritiro, aggiunge il professore, potrebbe condurre a un processo di concentrazione al termine del quale non rimarrebbero che due o tre banche cantonali in Svizzera.

Anche numerosi politici hanno reagito di fronte al modo di agire di alcuni istituti bancari cantonali, rimettendo a loro volta in discussione la garanzia statale. Durante la trasmissione Infrarouge della Radiotelevisione Svizzera di lingua francese, il deputato popolare democratico (PPD, centro) Dominique de Buman ha parlato di una «distorsione della concorrenza»

A Zurigo, il Partito liberale radicale (centro destra) ha emanato un comunicato molto chiaro: «Nella sua forma attuale, la garanzia dello Stato non ha più futuro». Alcuni politici zurighesi e basilesi esigono dal canto loro la limitazione della garanzia nei confronti di clienti domiciliati nei due cantoni e di alcune categorie di attività.

Alcuni esperti, come ad esempio il professore di economia territoriale Olivier Crevoisier, continuano comunque a credere nell’utilità delle banche cantonali e a sostenere la necessità di un creditore statale, in grado di intervenire in caso di difficoltà. «Certo, la garanzia dello Stato non dovrebbe valere nel caso di alcune attività all’estero. Ma in un sistema democratico decentralizzato, è indispensabile disporre di una leva finanziaria, ovvero le banche cantonali, per sostenere le politiche locali. E con ciò che va definito “il fallimento del sistema finanziario mondiale”, sono convinto che queste logiche di prossimità ritorneranno di attualità nei prossimi anni».

La Banca cantonale di San Gallo (BCSG) ha appena fatto un passo in questa direzione, annunciando che si sarebbe separata dalla sua filiale di gestione privata Hyposwiss a Ginevra, «in modo da ricentrarsi sul suo mercato di prossimità in Svizzera orientale e in Germania». Per giustificare questa scelta, l’istituto ha parlato di «profonde trasformazioni» in atto nel mercato della gestione patrimoniale e di «un’accentuazione della regolamentazione».

«Questo ricentramento riduce pure i rischi corsi dall’azienda», indica la BCSG, puntualizzando che la sua decisione non è comunque stata influenzata dal dossier fiscale con gli Stati Uniti.

Secondo un articolo pubblicato da due ricercatori della Segreteria di Stato dell’economia (SECO) nella rivista Vie économique del 1. maggio 2013, le banche cantonali non svolgono un ruolo preponderante nel finanziamento delle aziende della loro regione.

«L’attività delle banche regionali, delle casse di risparmio e, in misura minore, delle banche cantonali, si concentra quasi esclusivamente sul settore delle ipoteche nazionali», scrivono Christian Bisch e Christian Wipf. «Malgrado una predominanza ipotecaria, le grandi banche hanno dal canto loro attività più diversificate in Svizzera», aggiungono.

Anche una recente indagine dell’Istituto di studi congiunturali Kof del Politecnico federale di Zurigo rileva che le grandi banche continuano ad essere la fonte principale di finanziamento delle aziende.

Come è possibile che delle banche cantonali svizzere, create nel XIX secolo per assicurare un ruolo di sostegno essenziale all’economia delle loro regioni, siano oggi finite nel mirino del fisco americano, con il rischio di incappare in una multa salata o addirittura di andare in fallimento?

Olivier Crevoisier, professore di economia territoriale all’Università di Neuchâtel, sottolinea che la decartellizzazione del settore finanziario svizzero nel 1992, che ha fatto seguito al movimento di deregolamentazione bancaria nel mondo anglosassone, ha segnato una svolta decisiva. «Alcune grandi banche cantonali hanno iniziato a investire nei mercati finanziari internazionali, nei quali hanno potuto realizzare importanti profitti. Tra il 1992 e il 2007, era così possibile moltiplicare per nove il valore di un portafoglio reputato senza rischi».

Il ruolo di intermediario che spetta tradizionalmente al banchiere nella raccolta del risparmio e nella concessione di crediti in una data regione si è indebolito contemporaneamente all’acquisizione delle PMI da parte di grandi gruppi internazionali, osserva Olivier Crevoisier.

Per quanto riguarda il mercato tradizionale delle ipoteche (settore in cui le banche regionali realizzano tra il 75 e il 90% dei loro guadagni), numerosi banchieri lo considerano superato. «In seno alle grandi banche cantonali del paese, molti sono stati tentati da attività più lucrative e generatrici di bonus considerevoli, come la gestione patrimoniale o la banca d’investimento», sottolinea il professore di Neuchâtel.

Traduzione dal francese di Luigi Jorio

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