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Davos si reinventa senza il WEF

Kongresszentrum im Dunkeln
Il Centro Congressi di Davos è anche la sede centrale del WEF. Meinrad Schade

Senza il WEF e la Spengler Cup, Davos sta vivendo un inverno pandemico particolarmente rigido. Nonostante tutto, se si fa un giro per la cittadina, non sembra mancare l’ottimismo.   

Una musica orecchiabile di Robbie Williams risuona dagli altoparlanti. Su un cartello si legge “Vin brulè a 5 franchi”.

Dalla pista ghiacciata proviene il rumore dei bastoni da hockey su ghiaccio. È un vero spasso al “Dorfseeli” di Davos il secondo fine settimana di gennaio.

Un quattordicenne, che si sta allacciando i pattini, pensa che la pandemia gli abbia reso la vita difficile a scuola. Visto che occorre arieggiare la classe non solo durante le pause, ma anche nel bel mezzo della lezione, si gela a ridosso della finestra. Al mattino, le temperature a -12 gradi celsius non sono rare a Davos, che si trova a quasi 1600 metri di altitudine.

Benjamin von Wyl, nato in Argovia nel 1990, è un giornalista freelance. Scrive per SWI swissinfo.ch, il settimanale WOZ e altri media.

Il suo ultimo romanzo “Hyäne”, pubblicato nel settembre 2020, sarà insignito dall’Ufficio federale della cultura del Premio letterario svizzero 2021.

Ha debuttato con il libro “Land ganz nah” nel 2017 – aggiudicandosi il riconoscimento del Cantone di Zurigo. Von Wyl vive a Basilea.

Qui si può quasi dimenticare la pandemia, anche perché sul ghiaccio non tutti indossano una mascherina. Le mascherine sono obbligatorie in tutto il centro città e questo è ricordato in modo amichevole dai dipendenti comunali.

Sia l’obbligo che i controlli sono eccezioni in Svizzera. Al Dorfseeli, questo ha suscitato un certo scalpore. Alcuni considerano questa misura e le chiusure dei ristoranti eccessive. Tutti sperano che le piste da sci rimangano aperte e l’hockey possa continuare a essere praticato.

Il WEF, una “macchina da soldi”

Agli abitanti di Davos può essere concessa un po’ di spensieratezza. La città più alta d’Europa è stata duramente colpita dalla pandemia: nel 2021 il Forum economico mondiale (WEF), che negli altri anni ha portato a Davos decine di milioni di franchi e notorietà, non si terrà qui.

Anche la tradizionale Spengler Cup, il torneo internazionale di hockey su ghiaccio, è stata annullata a fine dicembre. Soltanto per i cinque giorni del WEF del 2014, la rivista “Bilanz” ha calcolato 31.200 pernottamenti in hotel e alloggi.

La redazione di Swissinfo ha richiesto interviste a cinque hotel di lusso ma tutti si sono rifiutati di parlare! L’Intercontinental Hotel, dove di solito soggiornano i presidenti degli Stati Uniti durante il WEF, ha dichiarato che il futuro è al momento molto incerto. Due giorni dopo, l’hotel a cinque stelle ha chiuso per almeno un mese.

Non è ancora chiaro se riaprirà questa primavera. “Alcuni stanno chiudendo fino a nuovo ordine. È difficile”, dice il responsabile degli eventi del Berghotel Schatzalp presso la stazione a valle. Dopo Natale le code davanti alla funivia erano sempre lunghe. Ma per mantenere le distanze, c’è bisogno di personale aggiuntivo. Tenere aperto è più costoso del solito.

Un mese da dimenticare

Gli impianti di risalita della regione hanno fatto segnare il 10% di ospiti in più a Capodanno rispetto alla media degli ultimi cinque anni. La causa è stata però la neve precoce. Ora il giornale locale si aspetta “un mese da dimenticare”. Ancora prima che il Consiglio federale ordinasse la chiusura di tutti i negozi di beni non primari e restrizioni più severe nell’ambito della socialità.

Altri sviluppi

I 6500 posti dello stadio di hockey dove si giocano le partite della Spengler Cup sono vuoti. Il Davos, che ha vinto il maggior numero di campionati svizzeri di hockey su ghiaccio della storia, compie 100 anni nel 2021.

“Festeggeremo”, dice l’amministratore delegato Marc Gianola, “ma con pacatezza, senza strafare”. La pacatezza, dice, non è dovuta alle perdite economiche o allo stadio vuoto. Si tratta di rispettare coloro che non hanno voglia di festeggiare durante la pandemia.

Mann im leeren Stadion
Marc Gianola è amministratore delegato dell’HCD e presidente del comitato organizzatore della Spengler Cup. Ha dovuto cancellare il più antico e famoso torneo di hockey su ghiaccio del mondo, che tradizionalmente avrebbe dovuto svolgersi alla fine di dicembre. Meinrad Schade

Gianola si è trasferito a Davos quasi 30 anni fa per giocare nella squadra locale. È cresciuto vicino a St. Moritz. “A St. Moritz arrivano ospiti di lusso a fare passeggiate, qui abbiamo ospiti attivi che sciano”. Gli alberghi di lusso di Davos sono orientati al WEF, ha detto. Ci vorranno anni per compensare la perdita del 2021.

Gianola è ovviamente più interessato alla Spengler Cup annullata. Anche con il pubblico, la stagione di hockey sarebbe in perdita. Solo la Spengler Cup porta soldi e rende possibile il budget annuale del club che si attesta intorno ai 29 milioni di franchi. Anche i finanziatori, soprattutto i proprietari di una seconda casa, sono importanti per questo.

Tutto il vicinato del quartiere dove vive Gianola è fatto di seconde case. Ma si tratta pur sempre di vicini di casa. Solo il 40% circa degli appartamenti sono sempre occupati. Alcuni si finanziano la casa vacanza attraverso l’affitto, parecchio lucrativo, durante le giornate del WEF. 

Un’aria più pulita senza il WEF

Gianola è ottimista sul ritorno del vertice economico mondiale. Durante il WEF partecipa solo all’aperitivo del Consiglio federale nel palazzo del ghiaccio, ma non si sente ingabbiato. I cordoni, la presenza militare e l’ingorgo stradale non danno fastidio a Gianola. E poi va a piedi al lavoro per qualche giorno.

Un’indagine durante il WEF 2018 ha dimostrato che, nei giorni dell’evento, il limite del particolato è stato regolarmente superato di quasi il doppio. “Nel frattempo, Davos riesce a malapena ad accogliere tutte le limousine”, dice l’insegnante di musica in pensione Cäcilia Bardill, che vive a Davos da oltre 50 anni. Menziona numerose cose che si imparano quando si vive qui. Per esempio, ci si abitua a trasferirsi ogni due anni a causa di ristrutturazioni o demolizioni.

Alcune volte ha accolto attivisti critici durante il WEF, ma la Bardill non vuole “condannare completamente il congresso”. “L’idea di base di Klaus Schwab credo fosse buona: parlare tra di noi, per un’economia più sociale”. Forse il congresso di dirigenti, un tempo piccolo, è cresciuto al di sopra delle sue capacità?.

Ältere Dame am Tisch
Cäcilia Bardill nella veranda del suo appartamento. Meinrad Schade

In una delle prime edizioni, aveva organizzato con tre allievi di flauto un pomeriggio, inserito nel programma ufficiale, per le compagne dei partecipanti. “Oggi è impensabile che una scuola di musica possa soddisfare le loro richieste!” È un’ottimista di fondo ed è convinta che un’edizione del WEF altrove non condannerà Davos. Dopo tutto è sopravvissuta quando il WEF si è tenuto a New York nel 2002.

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“Davos è un posto molto aperto”, così dicono tutti. La città è diventata internazionale ancor prima dell’inizio del Vertice economico mondiale. Quasi la metà delle persone che vivevano a Davos nel 1920 non aveva il passaporto svizzero. Purtroppo Davos era allora anche un punto di ritrovo nazionalsocialista in Svizzera. 

Da stazione climatica a roccaforte dello sport

Un tempo villaggio agricolo, Davos è poi fiorito come stazione climatica. Con le cliniche termali arrivarono anche i primi istituti di ricerca all’inizio del XX secolo. Il figlio di un pioniere delle terme fondò nel 1924 la Spengler Cup, che fece di Davos una capitale dello sport. Quando i farmaci resero la cura della tubercolosi sempre più obsoleta, Davos si è reinventata come sede congressuale.

Porträt der jungen Frau im Theaterlicht
Anka Topp nella sala del nuovo centro culturale “Kulturplatz Davos”. Meinrad Schade

“Attualmente siamo in un momento di crisi”, dice Anka Topp, “Forse Davos ha bisogno di reinventarsi ancora una volta”. In questo caso la cultura dovrebbe avere un ruolo importante. La tedesca del nord è arrivata qui sei anni fa come direttrice di un festival di musica classica ed è anche molto impegnata nella vita culturale locale.

Per la prima volta il comune ha adottato una strategia culturale. Parte importante di questa strategia è la nuova casa della cultura, la “Kulturplatz Davos”. “Prima di aprire, questo deve essere sistemato”, grida il direttore del cantiere che si trova dall’altra parte dell’atrio della Kulturplatz. “Prenditi tutto il tempo”, risponde Topp con una risata, “Le autorità stanno facendo in modo che questo non avvenga così presto”. Ancora a dicembre Topp, Presidente dell’associazione promotrice, sperava che la Kulturhaus potesse essere inaugurata con una cerimonia di apertura degna di questo nome. Non è successo.

Un cantiere culturale

“Non sappiamo quando sarà possibile pianificare qualcosa su larga scala”, dice Topp, “Ma per questo non nascondiamo la testa sotto la sabbia”. Anche Topp è ottimista. Non appena sarà di nuovo possibile, la gente ricomincerà ad andare a teatro e anche al cinema. Netflix e simili non possono sostituire l’esperienza condivisa, dice. Anche la varietà di bar e ristoranti caratterizza lo stile di vita urbano di Davos. Topp spera che il maggior numero possibile di realtà possa sopravvivere alla crisi.

Alcuni ristoranti chiusi offrono ora raclette da asporto o pizza. C’è chi riferisce di aver fatto buoni affari, altri accettano solo contanti perché da tempo hanno smesso di usare la carta di credito per risparmiare. Se si chiede nei negozi di articoli sportivi, casalinghi e librerie lungo il corso del centro città, ti dicono che gli affari sono andati “meglio del previsto” all’inizio di gennaio.

Porträt mit Maske im Laden
Bruno Pereira nel suo negozio di alimentari può continuare a servire la sua clientela. Meinrad Schade

“Jänu, cosa ci vuoi fare?” dice Bruno Pereira. Il suo negozio di alimentari portoghese lontano dal corso chic può rimanere aperto. Non si lamenta delle vendite, ma che il suo incarico presso un grande distributore sia stato ridotto. Non può godersi il nuovo tempo libero perché il mancato reddito gli fa male. “Altre famiglie hanno molte più difficoltà. Alcuni sono stati licenziati dopo molti anni perché gli hotel per il momento chiudono”.

Nei periodi di alta stagione, migliaia di portoghesi di solito lavorano nei cantieri di Davos e negli alberghi. “La cosa buona è che tutti si aiutano e si sostengono a vicenda. Il senso di comunità è meraviglioso nel nostro gruppo”.

Vetrine vuote

Le vetrine vuote del corso non sono la prova della “morte dei negozietti”, ma sono in parte utilizzate soltanto durante le giornate del WEF. “Alcuni fanno gran parte dei loro affari annuali in pochi giorni”, spiega il nuovo sindaco Philipp Wilhelm. Per Wilhelm, questo è un esempio della dipendenza economica di alcune persone dal WEF.

Mann am Schreibtisch
In testa alla crisi: Philipp Wilhelm, sindaco socialista neo eletto di Davos, nel suo ufficio in municipio. Meinrad Schade

Wilhelm è il primo socialdemocratico in carica; la sua elezione è una svolta. “Non ho semplicemente manifestato contro il WEF a Davos, ma per un mondo migliore durante il WEF”, sottolinea. Wilhelm è fiducioso che il WEF 2022 si svolgerà a Davos. “È fondamentale per tutto il turismo congressuale e quello internazionale che la Svizzera riesca a tenere sotto controllo la pandemia”.

Conosce il suo incarico solo in modalità crisi. “Mantenere i contagi bassi e compensare le imprese colpite” è il suo credo. Davos dimostra che il successo non può essere dato per scontato. Nel turismo sono necessarie nuove idee. Un modo per evolvere come destinazione turistica è suggerito proprio dalla crisi: i proprietari di seconde case sono più spesso qui nelle loro abitazioni per lavorare in homeoffice. “Perché non pensiamo ad appartamenti in affitto e spazi di coworking per le persone che vogliono lavorare qui nella natura per qualche giorno o settimana?”.

Al “Dorfseeli” si crede nel futuro di Davos – ma in toni più rabbiosi. “Non ho paura”, dice un giovane padre, “e la mia compassione è molto limitata. Davos è una macchina per stampare soldi”! Ci sono stati anni molto buoni, dice, e ce ne saranno di nuovo degli altri.

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