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Cinque banche troppo grandi… per escludere gli svizzeri all’estero

Credit Suisse
Con la mozione Lombardi si rafforzano le pressioni sulle grandi banche, affinché aprano i loro servizi bancari ai 775'000 svizzeri all'estero. Keystone

Il governo deve garantire che tutti gli svizzeri all’estero possano intrattenere relazioni bancarie con i cinque istituti finanziari considerati troppo grandi per fallire (Too big to fail). È quanto esige una mozione del senatore popolare democratico Filippo Lombardi, approvata martedì dalla Camera dei Cantoni. 

“Dopo anni di battaglie, credo che siamo giunti finalmente a una fase decisiva per fare in modo che i connazionali all’estero non siano più discriminati dalle banche svizzere”, si rallegra Filippo Lombardi, vicepresidente dell’Organizzazione degli svizzeri all’estero (OSE)Collegamento esterno

“Too big to fail” 

Regolamentazioni “Too big to fail” sono state introdotte a livello internazionale in seguito alla crisi finanziaria scoppiata 10 anni fa, che ha costretto diversi governi a intervenire per salvare alcune grandi banche considerate troppo grandi per fallire. 

È stato il caso anche in Svizzera: nel 2008, dopo essersi ritrovata a secco di liquidità, l’UBS ha potuto evitare il fallimento soltanto grazie ad aiuti finanziari miliardari della Confederazione e della Banca nazionale svizzera (BNS). Una bancarotta del più importante istituto finanziario svizzero avrebbe rischiato di danneggiare gravemente l’intera economia nazionale. 

Le banche considerate d’importanza sistemica devono quindi sottostare a prescrizioni speciali, riguardo ad esempio all’entità delle loro riserve finanziarie. In Svizzera, la BNS ha decretato che cinque istituti rientrano in questa categoria: UBS e Credit Suisse dal 2012, Banca cantonale di Zurigo (2013), Raiffeisen (2014) e Postfinance (2015).

Nel giro di pochi giorni, i rappresentanti della Quinta Svizzera in parlamento hanno infatti strappato due importanti successi. La settimana scorsa, la Camera del popolo ha approvato una mozione che chiede al governo d’intervenire, affinché i connazionali espatriati possano accedere ai servizi di Postfinance. Martedì la Camera dei Cantoni ha accettato – con 23 voti favorevoli 14 contrari e 6 astensioni – una mozione di Filippo LombardiCollegamento esterno che si spinge ancora più lontano: tutti gli svizzeri dell’estero devono poter aprire un conto presso una banca svizzera di rilevanza sistemica, ossia i cinque istituti finanziari considerati troppo grandi per fallire. 

“In caso di rischio di fallimento, queste banche godono di una garanzia statale, ossia di poter beneficiare di aiuti dello Stato, come è già stato il caso con il salvataggio dell’UBS nel 2008”, sottolinea il senatore ticinese. “Quale contropartita, queste banche dovrebbero quindi permettere a tutti gli svizzeri all’estero di intrattenere relazioni bancarie alle condizioni usuali di mercato”. 

Condizioni penalizzanti 

“La problematica è cominciata una decina di anni fa con la nota crisi finanziaria e le accresciute prescrizioni che gli Stati hanno imposto alle banche e quest’ultime ai loro clienti”, ricorda Lombardi. “Vittime di queste prescrizioni sono stati moltissimi connazionali all’estero, ai quali sono stati chiusi i conti in Svizzera o sono state offerte condizioni estremamente penalizzanti”. 

“Secondo il governo, non vi è un interesse pubblico per agire. La discriminazione di oltre 775’000 svizzeri all’estero rappresenta sicuramente una questione d’interesse pubblico!”, ha dichiarato il senatore ticinese durante il dibattito alla Camera dei Cantoni. “Non basta limitarsi a ribadire in occasione della Festa nazionale l’importanza dei connazionali all’estero, quali piccoli ambasciatori della Svizzera nel mondo. Bisogna anche concretizzare il rispetto dei loro diritti”. 

I propositi di Lombardi sono stati sostenuti anche dal collega Konrad Graber, il quale ha ricordato che la mozione non porterà necessariamente una nuova legge, ma servirà forse a spingere le banche ad adottare una soluzione di categoria. “Le grandi banche sono in grado di conoscere le legislazioni dei vari paesi e quindi di offrire relazioni bancarie senza assumersi rischi ignoti”, ha affermato il senatore popolare democratico. 

Filippo Lombardi
Per Filippo Lombardi è giunto il momento di risolvere un problema che dura ormai da una decina d’anni. Keystone

Obbligo di assumersi rischi 

Contro la mozione si è espresso invece il senatore liberale radicale Ruedi Noser, per il quale esistono delle restrizioni a seconda del paese di residenza, ma nessun connazionale all’estero non ha accesso a conti bancari in Svizzera. Secondo Noser, è inoltre sbagliato affermare che le banche di rilevanza sistemica godano tuttora di una garanzia statale. “Questa garanzia è stata soppressa. Oggi un salvataggio, come quello dell’UBS, non sarebbe più possibile”. 

Anche il ministro delle finanze Ueli Maurer ha invitato la Camera dei cantoni a bocciare la mozione. “Con la regolamentazione ‘To big to fail’ abbiamo imposto alle banche di ridurre i loro rischi. Molte banche hanno dovuto pagare molto per i loro sbagli, sotto forma di multe. Ora questa mozione vuole in pratica imporre loro un obbligo legale di assumersi nuovi rischi”. 

Secondo il ministro, costringere le grandi banche – o qualsiasi altro istituto finanziario – a garantire prestazioni e condizioni analoghe a tutti gli svizzeri, indipendentemente dal paese di residenza, costituirebbe inoltre una “grave ingerenza nella libertà economica”. Le banche devono essere libere di adeguare l’offerta e le spese amministrative alle esigenze normative e ai rischi giuridici dei vari paesi. 

OSE sodddisfatta 

Per l’Organizzazione degli svizzeri all’estero (OSE), le mozioni adottate nel giro di pochi giorni dal Consiglio nazionale e dal Consiglio degli Stati sono di portata “storica”, dopo che questa problematica è rimasta per quasi 10 anni senza soluzione. 

Rallegrandosi per questa “presa di coscienza politica”, l’OSE ritiene a sua volta che le banche di rilevanza sistemica, che godono di fatto di una garanzia implicita della Confederazione in caso di difficoltà finanziarie, debbano essere spinte, quale contropartita, ad accettare quali clienti gli svizzeri all’estero. 

Il presidente dell’OSE Remo Gysin sottolinea come le banche svizzere “cerchino clienti nel mondo intero, mentre rendono difficile la vita dei nostri connazionali espatriati. Un modello di affari che esclude gli svizzeri all’estero è discriminante, discredita la piazza finanziaria e nuoce alla Svizzera”.

Norme per tutti i clienti 

Per Thomas Matter, deputato dell’Unione democratica di centro (UDC) e presidente della Neue Helvetische Bank, le argomentazioni del governo e la strategia adottata dalla maggior parte degli istituti finanziari nei confronti degli svizzeri all’estero sono solo in parte comprensibili. La sua banca, specializzata nella gestione patrimoniale, ha aperto tre anni fa le sue prestazioni ai connazionali espatriati. 

“Oneri amministrativi supplementari per procedure di accertamento sono giustificabili per alcuni paesi, ma non si possono penalizzare tutti gli svizzeri all’estero. Oggi, dobbiamo ormai accertare sia l’origine del denaro che il rispetto delle norme antiriciclaggio per tutti i clienti, indipendentemente dal fatto che siano stranieri, svizzeri all’estero o persone residenti in Svizzera”, indica Thomas Matter. 

Il deputato ha approvato la mozione relativa a Posfinance, ma intende rifiutare la mozione Lombardi quando approderà alla Camera del popolo. “Nel caso di Postfinance si tratta di un’impresa che appartiene allo Stato. Tra i suoi compiti vi è quindi quello di offrire un servizio pubblico e ciò può valere anche per gli svizzeri all’estero. Per quanto riguarda la mozione Lombardi, il fatto che si tratti di banche di rilevanza sistemica non giustifica invece un intervento dello Stato nel settore privato”. 

Rivendicazione importante 

Una visione condivisa solo in parte dal deputato socialista Tim Guldimann, che ha presentato la settimana scorsa la mozione adottata dalla Camera del popolo. “Per Postfinance abbiamo potuto far valere il fatto che questa impresa è tenuta a fornire un mandato di servizio universale, ad esempio per quanto riguarda il traffico dei pagamenti. Per quanto concerne invece le banche di rilevanza sistemica si può forse obbiettare che lo Stato imporrebbe delle direttive a aziende private, senza necessariamente assumersene i costi”. 

“Ma poco importa, entrambe le mozioni vanno nella stessa direzione e ciò che conta è che si possa raggiungere l’obbiettivo di offrire dei servizi bancari agli svizzeri all’estero”, aggiunge l’ex ambasciatore. “L’accesso a questi servizi rappresenta un’esigenza vitale per molti membri della Quinta Svizzera. Alcuni di loro si sono trovati da un giorno all’altro esclusi dalla loro banca. Altri vivono in paesi, come Singapore, in cui non hanno nemmeno diritto ad aprire conti presso banche locali”.

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