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Droni e DNA ambientale, l’ultima frontiera della ricerca sulla biodiversità

Masoala hall
I droni permettono di raccogliere materiale genetico in luoghi difficili da raggiungere altrimenti. Imagebroker.com Gmbh & Co. Kg / Alamy

Robotica e genetica si alleano per sviluppare una tecnica che potrebbe cambiare la nostra comprensione della biodiversità della Terra. In vista di una competizione da 10 milioni di dollari, una squadra del Politecnico di Zurigo ha testato dei droni per la raccolta di campioni di DNA ambientale (eDNA).

I lemuri rossi dello zoo di Zurigo sono abituati al rumoreggiare della gente, ma non così presto la mattina; il parco biologico aprirà solo tra due ore. È quindi con aria vagamente accusatoria che guardano il gruppo di persone sulla pedana sopraelevata al centro del padiglione.   

Al lavoro attorno a dispositivi elettronici e una carrucola, il gruppo non è qui per osservare gli animali e le piante tropicali, ma il DNA disperso nel loro ambiente, utilizzando innovative tecniche che uniscono robotica e genetica. Si tratta di un test che verrà replicato al di fuori dello zoo.

“La biodiversità si sta riducendo a un ritmo elevatissimo che non riusciamo a controllare, anche perché non abbiamo a disposizione strumenti e dati nel momento in cui ci servono”, ci spiega la professoressa di genetica Kristy Deiner del Politecnico federale di Zurigo (ETHZ).

La tecnologia che la squadra sta testando vuole cambiare le cose, accelerando la raccolta di dati sulla biodiversità, ci spiega Deiner mentre scendiamo dalla pedana e ci addentriamo nella rigogliosa vegetazione verso un gruppo di studenti e studentesse. Stanno montando un laboratorio portatile mentre, a qualche metro di distanza, una pompa aspira l’acqua da un laghetto. 

Kristy Deiner su un ponte
Con la ricerca sull’eDNA “è iniziata una nuova fase di esplorazione del mondo”, afferma Kristy Deiner. swissinfo.ch

Il mini-laboratorio permette il sequenziamento del DNA ambientale (eDNA, environmental DNA), le tracce di materiale genetico che ogni specie vivente rilascia nell’ambiente e sono presenti ovunque: nell’acqua, nell’aria, nel terreno, sulle fronde degli alberi e sullo schermo del dispositivo su cui state leggendo questo articolo. L’analisi dell’eDNA è un ramo della ricerca in rapida espansioneCollegamento esterno e ha aperto le porte a possibilità inimmaginabili fino a pochi anni fa quando, per elencare le specie presenti in un dato luogo, non si poteva far altro che mandare persone capaci di riconoscerle direttamente sul campo.

Ora, da una provetta d’acqua o da una striscia di materiale adesivo passata tra le fronde degli alberi si possono estrarre più informazioni di quante ne potrebbe fornire un esercito di biologi accampato nella giungla per giorni.

Nuove soluzioni emerse dalla pandemia

Negli scorsi dieci anni, Deiner ha lavorato allo sviluppo di metodi e strumenti sempre più efficienti per l’analisi dell’eDNA. Il mini-laboratorio montato accanto al laghetto è il risultato. Permette il sequenziamento del materiale genetico in poche ore direttamente nella zona in cui è stato raccolto. Non è quindi necessario inviare i campioni altrove, il che permette di ridurre il rischio di contaminazioni con materiale genetico non presente nell’area oggetto d’indagine.

“Lo sviluppo è stato accelerato dalla pandemia di Covid-19 poiché dei laboratori ‘pop-up’ per l’individuazione del virus sono spuntati ovunque. Negli ultimi quattro anni c’è stata molta innovazione per rendere la strumentazione meno cara, più accessibile e per pensare al modo in cui fare le analisi in luoghi dove le risorse, ad esempio energetiche, sono limitate”, spiega la professoressa.

Il mini-laboratorio testato allo zoo è una sintesi di queste innovazioni che l’ETHZ ha indirizzato verso lo studio della biodiversità.

Tuttavia, resta il problema di come raccogliere i campioni. E qui entra in gioco la robotica.

Droni e sonde per catturare l’eDNA

Genetica e robotica sono due ambiti raramente in contatto l’uno con l’altro. Tuttavia, quando il professore di robotica Stefano Mintchev è venuto a sapere di un concorso organizzato dalla XPRIZE foundationCollegamento esterno, un’organizzazione non profit statunitense creata per incentivare le innovazioni tecnologiche, ha subito contattato la collega Keristy Deiner. Insieme hanno formato la squadra ETH biodivxCollegamento esterno, che hanno iscritto alla competizione nel 2021. I team di ricerca partecipanti dovranno individuare il maggior numero di specie nel minor tempo possibile.

Dreiner sapeva come analizzare l’eDNA, mentre Mintchev aveva a disposizione le competenze per andare a raccogliere i campioni. In vista del concorso, il gruppo di ricerca dell’esperto di robotica ha modificato dei droni installandovi dei dispositivi che filtrano l’eDNA dall’aria e una carrucola a cui si può attaccare una pompa per l’aspirazione dell’acqua oppure una particolare sonda.

Quest’ultima viene calata tra il fogliame e, sfiorando le piante, trattiene il materiale genetico depositato su foglie e rami che il drone riporterà al mini-laboratorio.

L’idea è semplice, concretizzarla però non lo è stato. “Abbiamo dovuto effettuare molto lavoro di ottimizzazione del design della sonda e dell’algoritmo di controllo che la muove, in modo da ridurre il rischio che rimanga impigliata”, spiega Mintchev. Con sensori che misurano la tensione del cavo è possibile azionare dei movimenti che la liberano e, nel caso non ci si riesca, un meccanismo può separare il cavo dal drone.  

Questo lavoro andava fatto in vista delle semifinali della competizione, tenutesi a Singapore a inizio giugno in un’area di 100 ettari di foresta pluviale. Se la squadra supererà questa fase (i risultati sono attesi a fine luglio*), parteciperà alla finale che si terrà nel 2024 in Sudamerica o in Africa. Sono in palio 10 milioni di dollari (5 milioni andranno a chi salirà sul più alto gradino del podio).

Per prepararsi al meglio, dunque, era necessario svolgere i test su una vegetazione tropicale, a dir poco difficile da trovare nei boschi elvetici. Fortunatamente, in Svizzera c’è anche una foresta pluviale ed è proprio a Zurigo: la Masoala hall, nello zoo cittadino. Oltre ai lemuri, circa 40 diverse specie animali e 500 specie di piante vivono in questo grande padiglione.

“La ricerca è uno dei compiti degli zoo moderni. Parte di questo consiste nella collaborazione con i politecnici e le università”, indica Leyla Davis, responsabile della ricerca dello zoo di Zurigo. Ogni singolo vertebrato presente nella Masoala Hall è catalogato, spiega Davis, il che ha permesso al gruppo di ricerca di Mintchev e Deiner di verificare quasi in tempo reale se il DNA raccolto corrispondeva effettivamente a quello delle specie presenti nel padiglione.

Lemure rosso
I lemuri rossi sono tra gli inquilini più rumorosi della Masoala Hall. Anthony Pandiani / Alamy

Milioni di specie ancora da descrivere

Indipendentemente dal successo all’XPRIZE, soluzioni come quella sviluppata dalla squadra dell’ETHZ promettono di rivelarsi utili in moltissimi ambiti. Ad esempio in agricoltura, per individuare velocemente la presenza di malattie e parassiti dannosi.

“Ciò che mi piace dell’utilizzo dei droni è che consentono l’accesso a zone troppo dense, troppo remote o troppo pericolose per essere raggiunte in altro modo”, commenta Elizabeth Clare, biologa della York University di Toronto specializzata nello studio dell’eDNA. “Sarà anche molto utile per capire come il materiale genetico si muove e si stratifica nell’aria”. La sfida più grande, secondo Clare, sarà però l’automatizzazione di simili tecnologie affinché possano essere utilizzate su scala industriale. “Sono ancora necessarie competenze molto specifiche per operare i droni”, sottolinea Clare.

Nel frattempo, la squadra del Politecnico di Zurigo sperimenta il brivido della scoperta. Spesso, infatti, nell’ambiente naturale si trova una sequenza genetica a cui non si riesce a dare un nome. Quando si vede, tramite l’analisi dell’eDNA, che la stessa sequenza emerge altri luoghi, o a più riprese, si può immaginare che si tratti di una specie ancora sconosciuta alla scienza.

Si stima che ci siano più di otto milioni di specie sulla Terra (e attualmente ne sono catalogate circa un quarto), ma questa è solo una estrapolazione basata sul ritmo in cui la scienza ne ha scoperte in passato. “Ora abbiamo un metodo che ci permetterà di verificare se è vero. È una nuova fase di esplorazione del nostro mondo”, dice Deiner sorridendo. “Mi fa pensare agli esploratori che secoli fa trovavano nuove terre sulle loro navi. Ora, abbiamo un nuovo tipo di nave su cui viaggiare”.

*Il 24 luglio, il Politecnico federale di Zurigo ha annunciato che la squadra ETH biodivX, di Deiner e Mintchev, è tra i sei team finalisti della XPRIZE Rainforest Competition.

A cura di Sabrina Weiss

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