“Il nostro lavoro ha ispirato il volo di Ingenuity su Marte”
È stata una ricerca svizzera a ispirare la tecnologia che sta dietro al mini-elicottero Ingenuity, che ha concluso il suo primo volo su Marte all'inizio di questa settimana. Davide Scaramuzza, direttore del Robotics and Perception Group dell'Università di Zurigo, definisce il volo "un grande successo". Il prossimo passo, dice, è quello di utilizzare i droni marziani per esplorare luoghi che potrebbero ospitare non solo la vita ma anche gli esseri umani, in un futuro forse non troppo lontano.
Tutti gli occhi sono puntati sulla missione del rover Perseverance della NASA su Marte e sul suo drone elicottero Ingenuity, che si è alzato in volo per la prima volta nella storia al di fuori dell’atmosfera terrestre. Questa missione è cruciale per cercare sul Pianeta Rosso segni di vita microbica passata, se mai è esistita. Il drone potrebbe anche far progredire significativamente l’esplorazione, immergendosi in cavità profonde come i tunnel di lava che potrebbero essere abitabili.
Davide ScaramuzzaCollegamento esterno lavora sulla navigazione autonoma dei droni con telecamere a bordo e senza GPS – come il mezzo che abbiamo visto volare su Marte – dal 2009. Il suo laboratorio sta attualmente collaborando con la NASA nell’ambito delle future missioni in elicottero su Marte. A colloquio con SWI swissinfo.ch, Scaramuzza spiega ciò che i droni potrebbero essere in grado di dirci sul Pianeta Rosso.
SWI swissinfo.ch: Com’è andato il volo di Ingenuity su Marte? Cosa sancisce dal punto di vista scientifico?
Davide Scaramuzza: È stato un grande successo. Abbiamo assistito al primo volo autonomo a elica su un altro pianeta. È davvero straordinario se pensiamo che l’atmosfera di Marte è l’1% del volume di quella terrestre alle nostre altitudini. Per darvi un’idea, volare sulla superficie marziana è come volare 30 chilometri sopra la Terra!
Si tratta anche di un volo parzialmente autonomo – il centro di controllo della missione invia una rotta che l’elicottero poi esegue. Ancora una volta, tutto ciò è straordinario, dato che il 99% dei droni commerciali naviga ancora usando il GPS. Questo dimostra che la tecnologia di navigazione autonoma basata su telecamere, su cui sto lavorando dal 2004, sta facendo degli enormi passi avanti!
In questo momento di svolta per la tecnologia, in cosa consiste il suo lavoro sui droni autonomi per le missioni spaziali?
L’obiettivo principale del laboratorio che dirigo è quello di far volare i droni autonomi meglio dei piloti umani. Abbiamo sviluppato algoritmi per rendere questi droni capaci di eseguire compiti complessi e superare le prestazioni dei piloti umani (video1Collegamento esterno e video2Collegamento esterno). Queste tecnologie sono già importanti al giorno d’oggi per missioni di ricerca e salvataggio, ispezione di infrastrutture complesse, consegna di beni, e giocheranno un ruolo significativo anche nelle future missioni spaziali, come accedere, esplorare e mappare tunnel di lava su altri pianeti.
In cosa consiste la collaborazione del suo laboratorio con la NASA? Ci può anticipare qualche dettaglio?
Tutto quello che facciamo nel mio laboratorio riguarda la navigazione autonoma dei droni usando solo le telecamere a bordo. Le telecamere sono economiche e leggere, il che è ideale per i mini-droni.
Attualmente stiamo collaborando con il Jet Propulsion Laboratory (JPL) della NASA per studiare l’idoneità delle telecamere a eventi* per le future missioni in elicottero su Marte. Si tratta di un nuovo tipo di telecamera con un intervallo dinamico e una risoluzione temporale più alti e un consumo energetico inferiore rispetto alle telecamere standard.
Grazie a questi vantaggi, le telecamere a eventi promettono di ampliare le capacità operative delle future missioni tramite droni elicottero su Marte.
* Le telecamere a eventi sono sensori di visione bio-ispirati che rispondono ai cambiamenti locali di luminosità.
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In che modo i droni potrebbero supportare la ricerca della vita su Marte e qual è l’importanza dei tunnel di lava per questa ricerca? In cosa i droni sono meglio dei rover?
I droni possono coprire distanze maggiori in tempi nettamente minori rispetto ai rover. In futuro, sciami di droni saranno utilizzati per identificare sia microrganismi sia ambienti adatti a ospitare missioni umane.
Secondo recenti studi, la vita su Marte potrebbe nascondersi nel ghiaccio all’interno dei tunnel di lava, che si sono formati attraverso processi vulcanici. I droni rappresentano il modo ideale per entrare in questi tunnel ed esplorarli nelle future missioni marziane.
Le telecamere a eventi potrebbero essere cruciali per tre motivi: l’intervallo dinamico più elevato renderebbe possibile analizzare i punti di ingresso dei tunnel di lava in fase di sorvolo; il minore consumo energetico potrebbe aumentare la durata del volo; e la maggiore risoluzione temporale riduce significativamente la sfocatura durante il movimento veloce, il che significa che il drone non deve rallentare al buio.
I tunnel di lava sono anche gli ambienti ideali per ospitare la vita umana, in quanto possono schermare gli esseri umani dalle radiazioni cosmiche, dall’accumulo di polvere, dalle fluttuazioni di temperatura e dai micrometeoriti.
I droni sono perfetti per esplorarli perché alcuni tunnel di lava possono essere profondi e difficili o impossibili da percorrere anche per rover molto abili.
Qual è stato il ruolo del suo gruppo nel rendere possibile il volo di Ingenuity?
Nel 2009, quando ero ancora un ricercatore presso l’Autonomous Systems Lab del Politecnico federale di Zurigo, il mio team ed io abbiamo dimostrato il primo volo autonomo – decollo, navigazione da A a B e atterraggio – di un mini-drone con una telecamera e un sensore inerziale (senza GPS).
Questo lavoroCollegamento esterno ha mostrato per la prima volta un drone in grado di muoversi autonomamente con l’uso di una telecamera. Tutti i sistemi fino a quel momento e il 99% dei droni attuali utilizzano ancora il GPS.
Su Marte ovviamente non c’è il GPS. L’algoritmo di Ingenuity è ispirato a quel lavoro, in quanto si serve di una telecamera e un sensore inerziale. Inoltre, il primo volo di Ingenuity ha replicato esattamente ciò che abbiamo dimostrato nel primo esperimento del 2009 menzionato sopra: decollo, volo sospeso, atterraggio.
Come fa un drone a orientarsi anche a milioni di chilometri dalla Terra? Quali sono i maggiori ostacoli tecnici da superare?
Un rover come Perseverance è un po’ più facile da telecomandare dalla Terra di un drone (nonostante il ritardo di diversi minuti nella comunicazione) perché le sue ruote sono sempre in contatto con il terreno. Il robot, invece, rimane “in attesa” del prossimo comando dalla Terra.
Un drone come Ingenuity è più difficile da controllare perché è molto sensibile alle turbolenze e richiede l’invio di comandi di controllo decine di volte al secondo. Questi comandi non vengono inviati dalla Terra ma direttamente dal “pilota automatico” di bordo del drone, ovvero dal suo software di guida.
Il pilota automatico del drone funziona in due fasi: in primo luogo, combina le informazioni dai suoi sensori di bordo (un’unità di misura inerziale, un altimetro e una telecamera rivolta verso il basso) per stimare la posizione 3D e l’orientamento del drone rispetto al punto di partenza. In seguito, usa la posizione e l’orientamento stimati per seguire un percorso precalcolato.
Questo percorso è l’unica informazione inviata dalla Terra dagli ingegneri della NASA e consiste in una sequenza di coordinate in cui vengono specificate la posizione, l’orientamento e la velocità che il drone deve raggiungere.
Un esempio di percorso precompilato è: decollare e raggiungere un’altezza di un metro; volare dritto e orizzontale per tre metri a una velocità costante di 1 metro al secondo e, infine, atterrare.
Il volo dell’elicottero Ingenuity è stata una dimostrazione tecnologica, il cui unico scopo era quello di mostrare che è possibile sospendere in aria e far volare un drone su un breve percorso nella sottile atmosfera marziana.
In futuro, droni più avanzati dovrebbero essere in grado di eseguire comandi di alto livello, come “vai nel punto x e fai una foto a quella roccia”, “entra in quel tunnel di lava, costruiscine una mappa 3D e torna indietro”.
Si tratta, tuttavia, di funzionalità molto elevate che sono generalmente confinate nei laboratori di ricerca, poiché non sono abbastanza rodate per essere utilizzate sulla Terra. Ci vorrà ancora qualche anno prima che questa prospettiva possa diventare realtà.
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