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I droni autonomi svizzeri finiranno in guerra?

drone quadricottero cinese
I piccoli droni commerciali stanno giocando un ruolo chiave nella guerra tra Russia e Ucraina. Il drone quadricottero Mavic 3, dell'azienda cinese DJI, pesa meno di 1 kg ed è il modello più utilizzato dalle truppe russe e ucraine. DJI

Gli stessi droni piccoli e leggeri che cercano persone disperse e trasportano medicinali sono sempre più utilizzati sul campo di battaglia. Ma i ricercatori svizzeri interpellati da SWI, che guidano lo sviluppo della tecnologia dei robot autonomi a livello globale, non sono turbati dal fatto che le loro scoperte potrebbero essere riconvertite per applicazioni belliche.

Sorvolano territori contesi e riprendono le atrocità con la telecamera. Monitorano gli spostamenti delle truppe in avvicinamento, guidando i mortai sulle loro posizioni esatte: i piccoli droni commerciali stanno svolgendo un ruolo chiave nella guerra tra Russia e Ucraina. Chiunque può acquistarli e farli volare senza un addestramento speciale, a un costo – relativamente basso – di 2’000 franchi svizzeri (2’000 dollari).

Si tratta per lo più di quadricotteri (cioè droni con quattro rotori) che pesano meno di un chilogrammo e sono dotati di telecamere ad alta risoluzione e di un potente zoom. Le forze di difesa ucraine ne hanno acquistati migliaiaCollegamento esterno dall’inizio della guerra e la tecnologia ha dato loro un vantaggio inaspettato. Ma anche l’esercito russo li ha utilizzati.

La maggior parte di questi droni è prodotta dall’azienda cinese DJI, che ha ripetutamente dichiarato che i suoi prodotti non sono realizzati per scopi militari e ne ha temporaneamente sospeso la vendita in Ucraina e Russia. Ma quando si parla di droni a quattro rotori di nuova generazione, la Svizzera è all’avanguardia a livello mondiale.

L’industria dei droni elvetica è prima al mondoCollegamento esterno per dimensioni del mercato pro capite e si prevede che cresca ulteriormente nei prossimi cinque anni, passando da 521 milioni di franchi svizzeri (2021) a 879 milioni grazie alle esportazioni, specialmente verso l’Europa e gli Stati Uniti. Zurigo e Losanna, con le loro università e politecnici federali, sono diventate centri internazionali di ricerca sulla tecnologia dei droni.

In bilico tra uso civile e militare

Davide Scaramuzza, professore di robotica all’università di Zurigo, ha dedicato gli ultimi tredici anni allo sviluppo di quadricotteri in grado di volare autonomamente, senza GPS o controllo remoto da parte di un umano.

Il suo gruppo è pioniere mondiale nella progettazione di questi piccoli droni che, utilizzando sensori di visione, possono mappare aree difficilmente raggiungibili dagli umani ed esplorare foreste, grotte o edifici crollati alla ricerca di persone sopravvissute.

Davide Scaramuzza
Davide Scaramuzza è professore di robotica e percezione presso l’Università di Zurigo. Il suo gruppo è pioniere mondiale nello sviluppo di droni quadricotteri autonomi che volano senza GPS e controllo da parte di un umano. Meinrad Schade

Proprio per questo motivo la tecnologia sta attirando sempre di più l’interesse del settore militare. Nel 2021 l’esercito libico ha utilizzato droni quadricotteri autonomi equipaggiati con esplosivi per cercare e attaccare obiettivi umani. L’incidente è stato denunciato dalle Nazioni UniteCollegamento esterno.

Scaramuzza non è sorpreso che i risultati delle ricerche del suo gruppo possano avere applicazioni militari. “Tutta la robotica può essere usata per la difesa, ma anche il contrario”, sottolinea, citando il fatto che molte scoperte che hanno migliorato la nostra vita quotidiana, come Internet e il GPS, sono frutto della ricerca militare.

Anche l’invenzione del forno a microonde può essere fatta risalire a un componente utilizzato nei radar militari durante la Seconda guerra mondiale.

Per sviluppare i suoi droni all’avanguardia, il professore di robotica ha ricevuto finanziamenti dalla DARPA, l’agenzia di ricerca del dipartimento di difesa degli Stati Uniti. Scaramuzza considera queste sovvenzioni come “acceleratori di innovazione”, poiché senza di esse il progresso tecnologico avverrebbero comunque, ma a un ritmo più lento.

E chiarisce che i suoi progetti finanziati dalla DARPA tra il 2015 e il 2018 non erano classificati e quindi non comportavano la fornitura di software militari. “I risultati sono trasparenti e di dominio pubblico. A guadagnarne è il mondo”, afferma.

drone che vola autonomamente nella foresta
Utilizzando solo telecamere a bordo, i piccoli droni sviluppati da Scaramuzza e dal suo team possono mappare aree difficilmente raggiungibili dagli umani ed esplorare foreste, grotte o edifici crollati alla ricerca di persone sopravvissute. UZH

Ma Scientists for Global Responsibility (SGR – Scienziati per la responsabilità globale), un’organizzazione con sede nel Regno Unito che promuove l’etica nella scienza e nella tecnologia, ritiene che oggi gli scambi di tecnologia tra l’ambito militare e civile siano in realtà per lo più a senso unico: è l’esercito a trarne maggiormente vantaggio, piuttosto che il contrario.

“Ci vuole molto lavoro e denaro per convertire una tecnologia militare per l’uso civile”, afferma Stuart Parkinson, scienziato ambientale e direttore esecutivo della SGR.

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La DARPA sovvenziona progetti di ricerca di base e applicataCollegamento esterno, senza utilizzi militari immediati, con l’obiettivo di acquisire conoscenze su idee all’avanguardia, finanziariamente rischiose ma potenzialmente rivoluzionarie. Nel 2021Collegamento esterno, la ricerca di base ha rappresentato il 15% dei finanziamenti dell’agenzia statunitense e la ricerca applicata il 39%.

Tuttavia, ciò consente alla DARPA di assicurarsi un vantaggio a lungo termine quando si tratta di trasformare i risultati delle ricerche in prodotti concreti. Ad esempio, l’agenzia sta già sfruttando la tecnologia delle auto senza conducente, originariamente sviluppata attraverso concorsi di ricercaCollegamento esterno, per far progredire i veicoli militari.

Hutter con robot quadrupede
Marco Hutter è professore di sistemi robotici presso il Politecnico federale di Zurigo (ETH). Il suo gruppo ha sviluppato un robot a quattro zampe chiamato ANYmal, progettato per effettuare ispezioni robotiche autonome e per la ricerca e il salvataggio in aree disastrate. ETH

“In linea di principio, qualsiasi tecnologia può essere utilizzata in modo improprio”, afferma Marco Hutter, professore di robotica presso il Politecnico federale di Zurigo (ETH). Il suo gruppo ha sviluppato un robot a quattro zampe chiamato ANYmal, progettato per effettuare ispezioni robotiche autonome e per la ricerca e il salvataggio in aree disastrate.

La DARPA ha impiegato diversi di questi robot nell’ambito di un concorso pluriennale di robotica lanciato dall’agenzia, che Hutter e il suo team hanno vinto nel 2021, aggiudicandosi parte del premio di 2 milioni di dollari.

I cani-robot sono commercializzati da ANYbotics AG, una start-up zurighese spin-off dell’ETH che Hutter ha contribuito a fondare. Sebbene ANYbotics vieti per contratto l’uso militare armato delle sue macchine, l’anno scorso l’azienda statunitense Ghost Robotics ha lanciato un robot simile armato di fucile di precisione.

Robot cane con fucile
L’azienda statunitense Ghost Robotics ha presentato l’anno scorso un modello di cane-robot armato di fucile di precisione. Ghost Robotics

Prevenire, non curare

Il doppio uso – e il potenziale uso improprio – delle nuove tecnologie è difficile da prevenire. Uno dei problemi è che mancano regole chiare che ne limitino lo sviluppo e l’esportazione. Mentre esistono diverse organizzazioni internazionali che ispezionano e vietano le armi atomiche e chimiche, non è così per le innovazioni dello spazio digitale, poiché sono meno tangibili.

Inoltre, la competizione militare tra Paesi per sfruttare le nuove tecnologie è molto forte. Secondo la SGR, ciò rende difficile attuare e rendere vincolanti i trattati internazionali che limitano la proliferazione di alcune armi e stabiliscono linee guida per ricercatrici e ricercatori in campi emergenti come la robotica e l’intelligenza artificiale (IA).

La Svizzera, ad esempio, esitaCollegamento esterno a sostenere la campagna per un trattato che vieti i robot killer, affermando che ciò potrebbe portare alla proibizione di sistemi potenzialmente utili per prevenire danni collaterali e salvare vite umane.

Poiché la legislazione è in ritardo rispetto al progresso tecnologico, la comunità scientifica ha iniziato ad “autoregolarsi”, afferma Ning WangCollegamento esterno, politologa ed esperta di etica delle tecnologie emergenti presso l’Università di Zurigo. Wang cita come esempio la conferenza di Asilomar del 1975, che ha sollevato dibattiti etici e normativi sulla tecnologia del DNA ricombinante.

L’incontro, istituito da un gruppo di scienziate e scienziati, ha stabilito linee guida a lungo termine per gli esperimenti che potevano mettere in pericolo la salute pubblica, ma non ha creato standard vincolanti.

illustrazione di robot.

Altri sviluppi

La macchina e la morale

La Svizzera, una delle nazioni leader nel campo dell’intelligenza artificiale, affronta le sfide etiche.

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C’è anche un problema di fondo nel modo in cui funziona il mondo accademico: le ricercatrici e i ricercatori sono tenuti a pubblicare il loro lavoro su riviste scientifiche e a renderlo facilmente accessibile; ma una volta che i loro dati e le loro scoperte sono pubblicati, spesso non hanno più il controllo su come vengono utilizzati per creare prodotti reali.

Secondo Dics, un consorzio di aziende private che promuove l’innovazione nel settore della difesa, la Svizzera dovrebbe concentrarsi sulla traduzione dei risultati della ricerca in prodotti concreti, invece di diffondere il proprio know-how.

Hanspeter Faeh, che dirige Dics, sostiene che ciò consentirebbe al Paese di tenere sotto controllo l’applicazione delle tecnologie e di evitare che il sapere venga utilizzato in modo improprio o “esportato” in Stati che non rispettano i diritti umani.    

I rischi del mestiere

Ma regolamentare le innovazioni moderne e trasformarle in prodotti è complicato, poiché sono composte da innumerevoli tecnologie. I droni, ad esempio, non sono fatti solo di rotori, eliche e telecamere, ma utilizzano algoritmi sofisticati per riconoscere strade o persone e avere una certa autonomia.

Juergen Schmidhuber, considerato da molti il “padre dell’intelligenza artificiale moderna”, è cosciente del fatto che i metodi di apprendimento automatico sviluppati dal suo gruppo a Lugano e a Monaco di Baviera sono stati utilizzati non solo da Google e Facebook, ma anche in ambito militare per attivare i droni e consentire di colpire obiettivi precisi e selezionati. Ma ciò non lo tiene sveglio la notte.

Jurgen Schmidhuber, foto
Juergen Schmidhuber è considerato il “padre dell’intelligenza artificiale moderna”. Dirige l’Istituto di intelligenza artificiale (Idsia) di Lugano. © Keystone / Alexandra Wey

“Il 95 per cento delle applicazioni serve a migliorare la vita delle persone”, afferma. Le sue scoperte hanno fatto progredire il campo sanitario, rendendo possibile l’individuazione dei tumori, attraverso la diagnostica per immagini, e la traduzione automatica.

“Tuttavia, il restante cinque per cento delle applicazioni militari mira a fare l’esatto contrario, cioè ad avere successo sul campo di battaglia”.

Il settore della difesa dispone di ingenti finanziamenti ed è naturale che li investa nell’utilizzo delle reti neurali artificiali, afferma Schmidhuber, che dirige l’Istituto di intelligenza artificiale (Idsia) di Lugano.

Secondo Schmidhuber, l’abuso delle tecnologie fa parte del progresso scientifico: non c’è modo di fermarlo. È come quando gli umani addomesticarono il fuoco, e ciò permise alla nostra civiltà di evolvere attraverso la cottura dei cibi, per esempio, ma anche di usarlo come arma. “Dovremmo dunque rinunciare al fuoco?”, chiede retoricamente.

“La maggior parte delle cose che gli scienziati inventano hanno applicazioni che non riescono a immaginare”, afferma Schmidhuber. “Nemmeno Einstein poteva prevedere tutte le applicazioni delle sue scoperte.”

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