Elezioni federali: i partiti elaborano i loro piani di battaglia
Tra meno di nove mesi, il popolo svizzero sarà chiamato a rinnovare il proprio Parlamento. I presidenti dei sei maggiori partiti politici del Paese illustrano le loro ambizioni e la loro strategia per vincere alle urne.
Dall’inizio degli anni 2000, l’Unione democratica di centro (UDC, destra sovranista) ha superato tutti gli altri partiti del Paese. Quattro anni fa, tuttavia, l’UDC ha subito un calo di regime. Secondo gli ultimi sondaggi, i democentristi sono riusciti a stabilizzarsi a poco più del 25% dell’elettorato.
Gli altri tre partiti di Governo hanno visto diminuire la loro forza elettorale negli ultimi vent’anni. Nei sondaggi, il Partito socialista (PS) e il Partito liberale radicale (PLR/destra) sono testa a testa per il secondo posto. L’Alleanza del Centro, nata dalla fusione del Partito popolare democratico e del Partito borghese democratico, spera da parte sua di invertire una ormai costante tendenza al ribasso.
I Verdi (sinistra ambientalista) e i Verdi liberali (PVL, centro ambientalista) sono i grandi vincitori delle ultime elezioni. Per entrambi, l’obiettivo di quest’anno sarà quello di mantenere o addirittura aumentare la propria quota di voti per conquistare un seggio in Consiglio federale. I sondaggi elettorali prevedono un leggero calo per i Verdi, mentre i Verdi liberali dovrebbero mantenere il loro slancio.
In termini di seggi, l’UDC ha logicamente la maggioranza in Consiglio nazionale (53 eletti/e), dove vige un sistema proporzionale. Per contro, il maggior partito svizzero è in difficoltà al Consiglio degli Stati. L’elezione secondo il sistema maggioritario non premia l’UDC: ha infatti solo sei dei 46 seggi della Camera dei Cantoni (sette se si include il politico indipendente di Sciaffusa Thomas Minder, che fa parte del gruppo parlamentare UDC).
Il PS è il secondo partito meglio rappresentato in Parlamento (39 eletti nel Nazionale, otto agli Stati), davanti al Centro (28 e 14) e al PLR (29 e dodici).
Nel 2019, i Verdi sono riusciti a conquistare un più ampio spazio nel Parlamento federale, facendo eleggere 28 rappresentanti nella Camera del popolo e altri cinque nella Camera dei Cantoni. I Verdi liberali, infine, hanno 16 eletti/e in Consiglio nazionale, ma nessun esponente in Consiglio degli Stati.
Dopo la battuta d’arresto del 2019, l’UDC riparte con la lancia in resta
Da diverse legislature, l’UDC è di gran lunga il primo partito del Paese. Dopo aver conquistato il 30% dell’elettorato nel 2015, la formazione di destra ha perso terreno quattro anni fa, ottenendo il 25,6% dei suffragi a livello nazionale.
Nella Camera alta, l’UDC ha il maggior numero di seggi (53), mentre in Consiglio degli Stati il partito guidato dal ticinese Marco Chiesa occupa solo sei dei 46 seggi. Il gruppo parlamentare dell’UDC può contare anche sul consigliere nazionale della Lega Lorenzo Quadri, su un esponente dell’Unione democratica federale e sul consigliere agli Stati indipendente Thomas Minder.
Obiettivo: riconquistare 100.000 elettori
Dopo il calo di 3,8 punti nel 2019, l’UDC è passata nuovamente all’offensiva. Il suo obiettivo? Riconquistare i 100’000 elettori che il partito ha perso quattro anni fa. L’obiettivo dichiarato dal presidente Marco Chiesa è ambizioso. Per il momento, l’UDC sembra essere piuttosto stabile nelle intenzioni di voto. L’ultimo sondaggio elettorale della SSR, pubblicato qualche mese fa, le assegna il 26,1% dei voti (+0,5%).
L’UDC si affida a una strategia collaudata per raggiungere i suoi obiettivi: la lotta all’immigrazione. “L’anno scorso sono immigrate in Svizzera 200’000 persone”, spiega Marco Chiesa. Per il consigliere agli Stati ticinese, questa forte pressione migratoria è responsabile, tra le altre cose, dell’aumento degli affitti. “Dobbiamo quindi essere in grado di moderare questa immigrazione”, sottolinea.
La campagna elettorale è appena iniziata, ma per il momento l’UDC non ha sfoderato la sua seconda arma preferita: la lotta contro l’Unione Europea. La sua propaganda è invece incentrata sui temi della neutralità e dell’approvvigionamento energetico del Paese. Secondo Marco Chiesa, la questione nucleare deve essere rimessa sul tavolo: “Senza di essa, ci mancherà l’elettricità”.
I socialisti vogliono porre fine a una spirale di sconfitte
Alle ultime elezioni federali, la sinistra ha guadagnato punti, ma non grazie ai socialisti. In concorrenza con i Verdi, suoi alleati, il PS ha registrato il peggior risultato di sempre. Con il 16,8% dei voti, rimane comunque il secondo partito del Paese.
In Consiglio nazionale, la formazione di sinistra ha subito un forte calo. Oggi il PS conta 39 esponenti. Vent’anni fa, nel 2003, ne aveva 53. In Consiglio degli Stati, dopo aver perso tre seggi nel 2019, il partito ne ha perso un altro a favore del Centro, in seguito alle dimissioni di Christian Levrat. E la recente partenza del politico di lungo corso sangallese Paul Rechsteiner potrebbe portare a un’altra sconfitta.
Obiettivo: fare meglio del 2019
Il co-presidente del PS Cédric Wermuth vuole porre fine alla spirale di sconfitte. Il suo obiettivo è semplice: fare meglio di quattro anni fa e conquistare più seggi, “per poter influenzare la politica a Berna”. Una scommessa che, per il momento, è ben lungi dall’essere vinta. Secondo l’ultimo sondaggio elettorale della SSR, il suo partito è in leggero calo nelle intenzioni di voto (-0,5%) ed è superato dal PLR. Se dovesse perdere ulteriormente, il secondo seggio socialista in Governo potrebbe essere a rischio.
Il PS intende condurre la sua controffensiva su tre fronti. In primo luogo, il potere d’acquisto. Premi sanitari, affitti, inflazione: i socialisti vogliono lottare contro l’elevato costo della vita e ottenere salari migliori. “La maggioranza di destra (in Parlamento) ha portato avanti una politica che ha favorito le grandi imprese e si è dimenticata della popolazione”, afferma Cédric Wermuth.
I socialisti hanno altri due cavalli di battaglia: l’uguaglianza e l’ecologia. Per il PS è urgente investire nello sviluppo delle infrastrutture e nella ristrutturazione degli edifici, soprattutto per quanto riguarda il riscaldamento. È inoltre necessario affrontare il problema del finanziamento degli asili nido, per consentire a entrambi i genitori di avere una carriera, sostiene Cédric Wermuth.
PLR: il “partito dell’economia” vuole rilanciarsi
Negli ultimi vent’anni, il Partito liberale radicale ha perso gran parte della sua forza elettorale, passando dal 22,2% del 1999 al 15,1% delle ultime elezioni federali. L’autoproclamato partito dell’economia ha ora 29 membri in Consiglio nazionale e dodici in quello degli Stati.
Le forze liberali-radicali nel Parlamento federale sono ora meno nutrite di quelle degli altri tre partiti di Governo. Questo ha stuzzicato l’appetito di coloro che ritengono che il PLR sia sovrarappresentato in Consiglio federale e mettono in discussione il suo secondo seggio.
Obiettivo: superare il Partito Socialista
Per il presidente del PLR, Thierry Burkart, è arrivato il momento di invertire la tendenza. “Vogliamo conquistare percentuali e superare il PS per diventare il secondo partito in Svizzera”, afferma. L’ultimo sondaggio della SSR sembra in parte confermarlo. I liberali-radicali stanno guadagnando nelle intenzioni di voto e sarebbero in agguato, con un distacco di appena 0,2 punti dal PS.
Per raggiungere il suo obiettivo, il PLR si presenta come il paladino del libero mercato. Dopo il successo ottenuto con l’innalzamento dell’età pensionabile per le donne, si sta concentrando anche sulle pensioni. Per Thierry Burkart, la riforma della previdenza professionale, attualmente in discussione in Parlamento, deve tenere conto della situazione delle donne e di chi lavora part-time.
Infine, il PLR intende portare avanti una campagna per la sicurezza energetica. A questo proposito, Thierry Burkart non ha tabù, anche quando si tratta di energia nucleare. “Siamo aperti a tutte le tecnologie. Questo significa che per il futuro abbiamo uno sguardo attento anche sui successi della tecnologia nucleare”, dichiara il consigliere agli Stati.
Il Centro: un cambio di nome per ritrovare la forza di un tempo
Alle ultime elezioni federali, il Partito popolare democratico ha ottenuto solo l’11,4% dei voti, il suo peggior risultato di sempre. Anche il Partito borghese democratico ha perso terreno, ottenendo appena il 2,4% dei voti. Dopo questo fallimento elettorale, i due movimenti hanno deciso di fondersi per creare l’Alleanza del Centro, nella convinzione che l’unione faccia la forza.
Nonostante l’erosione della sua forza elettorale, il Centro è riuscito finora a limitare i danni nel Parlamento federale. La nuova formazione centrista conta 28 membri in Consiglio nazionale, a cui si aggiungono i tre membri del Partito evangelico che siedono nello stesso gruppo. Ed è soprattutto nel Consiglio degli Stati che il Centro ha una forza importante, con ben 14 rappresentanti.
Obiettivo: riconquistare gli elettori
In vista delle elezioni federali di ottobre, il presidente del Centro Gerhard Pfister è ambizioso: “Il nostro obiettivo è riconquistare l’elettorato e raggiungere una quota di circa il 14%”. Da questo punto di vista, la fusione PPD-PBD sembra essere un semi-fallimento. Nell’ultimo sondaggio elettorale della SSR, il nuovo partito ha infatti il 13,3% delle intenzioni di voto, in calo di mezzo punto.
Per questo inizio di campagna, il Centro si è posizionato come l’alfiere della classe media e del potere d’acquisto. Contrariamente alle sue abitudini, il partito ha assunto una posizione offensiva, con tre iniziative popolari. Le prime due mirano a correggere la discriminazione subita dalle coppie sposate in ambito fiscale e in termini di pensioni. La terza chiede l’introduzione di un freno ai costi nel sistema sanitario.
Per il resto, Gerhard Pfister rimane fedele ai valori tradizionali del PPD: “Libertà, solidarietà e responsabilità”. “Rispettiamo le istituzioni e lottiamo contro la polarizzazione e per la coesione nazionale”, afferma lo stratega di Zugo.
Verdi: riconfermarsi dopo il successo del 2019
Alle ultime elezioni federali, i Verdi sono riusciti quasi a raddoppiare il loro peso, passando dal 7,1% del 2015 al 13,2% di quattro anni dopo. Il partito ha beneficiato in particolare della crescente preoccupazione dell’opinione pubblica per la questione climatica, alimentata da un’ondata di proteste a favore del clima nelle città di tutto il Paese.
In termini di seggi, il balzo dei Verdi è stato ancora più marcato. Ben 28 esponenti della formazione ecologista siedono sui banchi del Consiglio nazionale. Nel corso della legislatura precedente erano undici. Inoltre, due rappresentanti dell’estrema sinistra fanno parte del loro gruppo parlamentare. Al Consiglio degli Stati, il partito è riuscito persino a formare un gruppo parlamentare con cinque membri.
Obiettivo: diventare il terzo partito in Svizzera
Il presidente Balthasar Glättli non intende fermarsi qui e vuole continuare a crescere. “I Verdi hanno l’ambizione di diventare il terzo partito in Svizzera”, afferma lo zurighese. Gli ecologisti contano su un buon risultato quest’autunno per cercare di conquistare quel seggio in Consiglio federale che rivendicano da diversi anni.
Quest’anno, come in passato, i Verdi si concentrano sul loro tema preferito: l’emergenza climatica e la perdita di biodiversità. Per Balthasar Glättli, la questione climatica rimane la priorità assoluta, anche se non è più così in primo piano a livello mediatico come durante le ultime elezioni federali.
Lo zurighese non dimentica le questioni sociali, come il potere d’acquisto. Per lui, questi temi sono inscindibili. “L’inflazione è direttamente collegata alla nostra dipendenza dai combustibili fossili”, afferma. Affrontando questa dipendenza, le proposte dei Verdi fanno bene sia al clima che alle tasche degli svizzeri. Balthasar Glättli cita un terzo tema della campagna: le pari opportunità.
Partito verde liberale: il giovane partito che vuole lasciare il segno in serie A
Il più giovane partito del Parlamento federale ha conosciuto una rapida ascesa negli ultimi anni, soprattutto nella Svizzera tedesca. Nel 2019, il PVL ha conquistato il 7,8% di tutti i voti espressi a livello nazionale, ossia 3,2 punti in più rispetto a quattro anni prima.
Nel Consiglio nazionale, la formazione centrista e ambientalista conta attualmente 16 membri, di cui ben sei provenienti dal solo Cantone Zurigo e solo tre dalla Svizzera francese. Nel Consiglio degli Stat è invece assente.
Obiettivo: superare il 10% dei voti
Uno degli obiettivi del PVL alle prossime elezioni federali è di entrare in Consiglio degli Stati, afferma il suo presidente Jürg Grossen. In termini di forza elettorale, il consigliere nazionale bernese è ambizioso: vuole raggiungere il 10%. Con il 9,3% delle intenzioni di voto, il PVL non è molto lontano, secondo l’ultimo sondaggio della SSR pubblicato qualche mese fa. Se il partito raggiungerà i suoi obiettivi, rivendicherà un seggio in Governo.
Per raggiungere questo obiettivo, i Verdi intendono concentrarsi su due questioni chiave: l’eliminazione graduale dei combustibili fossili e la garanzia dell’approvvigionamento energetico attraverso lo sviluppo tecnologico. Le energie rinnovabili devono essere sviluppate “massicciamente” e l’efficienza energetica deve essere migliorata, sottolinea Jürg Grossen. “Se faremo tutto questo, in Svizzera saremo in grado di vivere senza petrolio e senza gas, con lo stesso comfort di oggi”, afferma.
Inoltre, il PVL vuole continuare a profilarsi come il partito più europeista del Paese. Propone quindi di aderire allo Spazio economico europeo (SEE). “La Svizzera ha perso la sua sovranità. Siamo diventati dipendenti dall’Unione Europea, di cui non possiamo far altro che riprendere le decisioni. Se la Confederazione aderisse allo SEE, potrebbe partecipare al processo decisionale”, sottolinea Grossen.
Traduzione di Daniele Mariani
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