Antibiotici: serve un cambio di paradigma
Per evitare un'altra pandemia, l'azienda familiare Debiopharm sostiene che è giunto il momento di investire negli antibiotici come se fossero un'assicurazione sulla vita.
Thierry Mauvernay fa l’imprenditore da oltre quarant’anni e sa riconoscere le buone occasioni. Gli antibiotici non lo sono. “Non vogliamo approfittare della situazione”, dice il presidente di Debiopharm.
Il problema del mercato degli antibiotici è noto da anni. Le grandi aziende evitano di investire nel loro sviluppo. Infatti, la ricerca è molto costosa e la vendita poco redditizia a causa del prezzo piuttosto basso del farmaco che può essere venduto per un breve periodo di tempo. Anche gli accademici sono riluttanti a svolgere studi sul campo.
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Mauvernay continua invece a cercare nuovi antibiotici. “Non voglio aspettare l’arrivo di una nuova pandemia batterica e rimproverarmi di non avere fatto nulla per contrastarla”, dice a swissinfo.ch durante un incontro presso lo stabilimento di produzione della Debiopharm a Martigny.
L’azienda è confrontata con un crescente numero di rischi. Visto che sempre più multinazionali farmaceutiche abbandonano lo sviluppo di nuovi antibiotici, in futuro per la Debiopharm sarà più difficile trovare un partner disposto a produrre e commercializzare un suo ritrovato.
Di regola, i dirigenti dell’azienda biotecnologica non si immischiano nella politica sanitaria degli Stati. Ora sono però usciti allo scoperto e hanno chiesto al governo elvetico e a quelli di altri Paesi di affrontare i problemi legati al mercato degli antibiotici prima che sia troppo tardi.
Ricerca rischiosa
Debiopharm si trova in una posizione invidiabile rispetto a molte altre aziende attive nel settore degli antibiotici. Oltre a disporre di mezzi finanziari sufficienti, gli azionisti le danno il necessario spazio di manovra.
“Possiamo correre dei rischi che altri non possono permettersi”, dice Mauvernay, che ha rilevato l’azienda dal padre nel 2001.
“Possiamo correre dei rischi che altri non possono permettersi”.
Thierry Mauvernay, Debiopharm
L’anno scorso, Achaogen, start up attiva nel settore degli antibiotici con sede negli Stati Uniti, ha dichiarato fallimento. Nonostante avesse sviluppato un farmaco con cui curare complicate infezioni delle vie urinarie, Achaogen non è riuscita a generare entrate sufficienti per salvarsi dalla bancarotta. La stessa sorte è toccata a un’altra start up negli USA.
Stando all’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), entro il 2050 circa 10 milioni di persone potrebbero morire ogni anno se non saranno sviluppati nuovi antibiotici. Gli esperti avvertono che la pandemia di COVID-19 sta accentuando il problema a causa delle prolungate ospedalizzazioni che aumentano il rischio di contrarre un’infezione secondaria. Eppure, poche aziende vogliono investire in questo settore e quelle attualmente attive sono a corto di mezzi finanziari.
Debiopharm ha già speso diverse centinaia di milioni di franchi nella ricerca svolta su tre dei nove agenti patogeni che, stando all’OMS, sono tra i più pericolosi. In genere ci vuole un miliardo di dollari per sviluppare un antibiotico, sviluppo che dura tra i 10 e i 15 anni. La quota di successo si aggira sul 10-15%.
L’azienda spera di riuscire a immettere un nuovo antibiotico sul mercato tra quattro anni.
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Architetti nel settore farmaceutico
A differenza di molte aziende attive nel settore delle biotecnologie, Debiopharm non punta sulle grandi scoperte scientifiche né sulla vendita su ampia scala dei suoi farmaci. La ditta con sede in Vallese ha trovato una nicchia di mercato nella catena di approvvigionamento.
Il motto dell’azienda, fondata nel 1979, è: “Nessuna ricerca, solo sviluppo”. Debiopharm individua ricerche promettenti che si trovano ancora in una fase iniziale, ne ottiene la licenza o le acquisisce, sviluppa le molecole e poi autorizza un’azienda farmaceutica con risorse maggiori a distribuire e commercializzare il suo prodotto in tutto il mondo.
Mauvernay descrive la sua azienda come una ditta che impiega “architetti nel settore farmaceutico”, esternalizzando varie fasi della filiera farmaceutica.
“I buoni antibiotici sono quelli che non si vendono”.
Thierry Mauvernay, Debiopharm
Debiopharm è alla costante ricerca di nuove molecole. In un anno, ne esamina 600. Di solito firma un solo contratto. Poi, investe 10-15 anni e circa un miliardo di dollari (940 milioni di franchi svizzeri) nello sviluppo, inclusi gli studi clinici. Tra i suoi partner, ci sono le aziende Takeda, Pfizer e Sanofi.
Visto che le multinazionali farmaceutiche come Novartis e GSK non sono più interessate alla ricerca e allo sviluppo di nuovi antibiotici, per Debiopharm è sempre più difficile far quadrare i conti e recuperare gli enormi investimenti.
“Il rischio è che nessuna grande azienda abbia interesse ad acquistare i nostri antibiotici quando sono pronti per essere immessi sul mercato”, spiega a swissinfo.ch Bertrand Ducrey, CEO di Debiopharm International e vicepresidente del gruppo Debiopharm.
Alcuni mesi fa, una coalizione di 23 grandi aziende farmaceutiche, tra cui Novartis e Roche, ha creato un fondo di un miliardo di dollari per favorire lo sviluppo e la ricerca di nuovi antibiotici. Debiopharm è una delle varie ditte elvetiche che, con Bioversys e Polyphor, potrebbero far capo a questo denaro.
“Investire nella ricerca è una buona idea. Sarebbe però più utile ed efficace se le multinazionali continuassero a impegnarsi nello sviluppo di antibiotici e nella creazione di un modello economico funzionante”, sostiene Mauvernay.
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Cuscinetto finanziario
Debiopharm intende continuare con la ricerca di nuovi antibiotici anche perché se lo può permettere. Oltre ad investire nel settore delle malattie infettive, l’azienda ha puntato molto sull’oncologia, ambito più redditizio.
Sette dei 14 farmaci che si trovano nelle fasi finali di sviluppo sono destinati alla cura del cancro. Tra questi c’è il prodotto con il nome Xevinapan per il trattamento del cancro alla testa e al collo che l’Agenzia per gli alimenti e i medicinali statunitensi (US Food and Drug Administration) ha definito “rivoluzionario”.
“Senza le entrate generate dal settore dell’oncologia, non potremmo permetterci di continuare a sviluppare nuovi antibiotici”, dice Ducrey.
Nel 2006, Mauvernay ha promosso un fondo d’investimento di 150 milioni di franchi con cui ha finanziato, per esempio, una scuola bilingue in Svizzera, un’azienda attiva nella diagnostica e una catena di panetterie in Francia.
Alcune settimane fa, Debiopharm ha sostenuto con 10 milioni di euro la start up belga che impiega l’ipnosi e la realtà virtuale per alleviare il dolore e l’ansia dei pazienti.
Prepararsi al peggio
Per il momento, Debiopharm intende continuare ad investire nello sviluppo di nuovi antibiotici, tuttavia ritiene sia impellente regolare il mercato.
“I buoni antibiotici sono quelli che non si vendono. C’è una specie di forma di protezione. Perché si dovrebbe sviluppare qualcosa che non è possibile vendere? Chi investe ancora in questo settore?”, si chiede Mauvernay.
“Serve una solidarietà tra i Paesi per cambiare il mercato”.
Thierry Mauvernay, Debiopharm
Alcuni governi e ONG hanno provato a sostenere i costi iniziali per favorire la ricerca, ma non è una soluzione sostenibile sul lungo termine. Non si può nemmeno aumentare il prezzo degli antibiotici. La maggior parte delle persone non potrebbero più permetterseli.
I dirigenti di Debiopharm sostengono che i Paesi dovrebbero considerare gli antibiotici come un’assicurazione, una tesi sostenuta anche da alcuni esperti di sanità pubblica ed economistiCollegamento esterno. Gli antibiotici sarebbero come degli airbag o delle armi di difesa di cui poter disporre in caso di guerra.
“Li si acquista perché potrebbero tornare utili. La speranza è di non doverli mai usare”, dice Mauvernay.
I sistemi di sanità pubblica pagherebbero regolarmente un “premio” e impiegherebbero gli antibiotici solo in caso di necessità. Questo modello di finanziamento fa in modo che le aziende non siano obbligate a vendere una certa quantità di antibiotici, ma siano comunque incentivate a sviluppare nuovi medicinali.
Quest’estate, il Regno Unito ha iniziato a testare un modello analogoCollegamento esterno per due antibiotici. Negli Stati Uniti, due legislatori hanno recentemente emanato una legge chiamata Pasteur ActCollegamento esterno che prevede un pagamento anticipato alle aziende in cambio di un accesso illimitato ai loro antibiotici.
Finora, idee similiCollegamento esterno non hanno suscitato molto interesse tra le autorità sanitarie federali.
Secondo Mauvernay, le misure adottate nei singoli Paesi sono insufficienti. La pandemia di COVID-19 ha sensibilizzato la popolazione sui pericoli sanitari, ma ha anche evidenziato le difficoltà a trovare soluzioni comuni e condivise a livello internazionale.
“Serve una solidarietà tra i Paesi per cambiare il mercato”, conclude il presidente di Debiopharm. “Ma non credo succederà tanto in fretta”.
Traduzione dall’inglese: Luca Beti
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