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A Davos si discute della quarta rivoluzione industriale

Nuovi camerieri: i robot possono agevolare la vita quotidiana, ma anche portare alla soppressione di posti di lavoro. Reuters

Robot intelligenti e droni, stampanti 3D, veicoli automatizzati, big data, linee di produzione intelligenti, tecnologia al servizio della finanza e blockchain: la quarta rivoluzione industriale è arrivata. Il Forum economico mondiale (WEF) a Davos vuole riflettere sul potenziale, sui limiti e sull’impatto sociale della cosiddetta «industria 4.0». 

La trasformazione dei sistemi di produzione creerà nuovi posti di lavoro o piuttosto un aumento della disoccupazione? Potrà colmare il divario tra paesi industrializzati ed economie in via di sviluppo o finirà invece per ampliarlo? Per l’industria svizzera la rivoluzione industriale potrà servire a mitigare gli effetti del franco forte? 

Parlando del prossimo incontro annuale a Davos, il fondatore del WEF Klaus Schwab si è appellato ai leader mondiali affinché si preparino alle trasformazioni imminenti. «Ancora non siamo pronti per la quarta rivoluzione industriale che ci travolgerà come uno tsunami e cambierà l’intero sistema», ha affermato. 

WEF Davos 

Il 46° incontro annuale del Forum economico mondiale a Davos si terrà tra il 20 e il 23 gennaio 2016 e sarà dedicato al tema della «quarta rivoluzione industriale». Vi parteciperanno 2500 delegati del mondo dell’economia, della politica, della società civile, della cultura, delle religioni e della scienza. Fra i VIP annunciati ci saranno il primo ministro britannico David Cameron, il vicepresidente degli USA Joe Biden, il premier canadese Justin Trudeau e il primo ministro greco Alexis Tsipras. 

Oltre al tema principale, durante il WEF si discuterà anche di sicurezza globale e terrorismo e di temi ambientali, sulla scia della conferenza sul clima a Parigi dello scorso dicembre. 

Il Forum economico mondiale è stato fondato da Klaus Schwab nel 1971 a Davos, inizialmente sotto il nome di «European Management Symposium». Era destinato a mettere in collegamento i manager europei con i loro colleghi negli Stati Uniti. Il WEF ha assunto il nome attuale nel 1987, quando ha ampliato le sue attività per creare una piattaforma di discussione sui problemi globali.

«Il mio timore è che se non siamo pronti creeremo un mondo in cui in particolare la classe media sarà tagliata fuori. Avremmo nuovi problemi di esclusione sociale che dobbiamo assolutamente evitare». 

Anche la Svizzera è confrontata con le opportunità e le potenziali trappole della quarta rivoluzione industriale, considerata la più grande trasformazione dell’economia e della società dai tempi dell’avvento di internet. 

Gli sforzi della Svizzera in questo ambito si basano come di consueto su una combinazione di grandi attori industriali e finanziari, piccole aziende di nicchia, le cui competenze corrispondono alla domanda di nuove tecnologie, e ricerca di punta guidata dai politecnici federali e da altri istituti universitari. 

Opportunità svizzere 

L’industria 4.0 potrebbe fornire una via d’uscita all’industria d’esportazione svizzera martoriata dal franco forte e alle banche confrontate con costose regolamentazioni. Linee di produzione intelligenti e piattaforme digitali per la gestione dei patrimoni appaiono un’alternativa decisamente migliore rispetto alla relocalizzazione o alla chiusura. 

Il problema semmai è trovare il modo di trasformare le aspirazioni in realtà, soprattutto per le piccole e medie imprese. «Le PMI hanno risorse limitate», ha ricordato il direttore di Swissmechanic Oliver Müller durante un recente convegno sull’industria 4.0 a Zurigo. «Hanno molte conoscenze sulle loro procedure correnti, ma non è sempre facile lasciare le cose note per affrontare l’ignoto». 

Un simile dispiegamento di nuove tecnologie potrebbe anche rivelarsi controproducente per aziende che scelgono la strategia sbagliata o che sono semplicemente sopraffatte dall’enorme quantità di dati a cui sono confrontate, è stato detto durante il convegno. 

Ma non tutto è negativo. Secondo l’azienda di consulenza Roland Berger Switzerland, la Svizzera è ben posizionata per diventare uno dei paesi leader in Europa nell’industria 4.0. Ciò è dovuto alle aziende svizzere specializzate in prodotti innovativi ad alto valore aggiunto. La Svizzera occupa spesso il primo posto o perlomeno una delle prime tre posizioni nelle classifiche globali dell’innovazione. 

Inoltre la Svizzera è uno dei pochi paesi europei ad aver mantenuto una base industriale dopo il volgere del secolo (nel paese il settore industriale contribuisce al 19% delle prestazioni economiche). 

«Se le aziende svizzere integrano l’industria 4.0 in misura corrispondente al loro potenziale, potrebbero contribuire allo sviluppo economico con 15 miliardi di valore aggiunto supplementare», afferma Sven Siepen, manager della Roland Berger Switzerland, a colloquio con swissinfo.ch. 

Minaccia ai posti di lavoro 

Ci sono però alcuni tranelli sul percorso verso l’industria 4.0. I partecipanti al WEF analizzeranno tra l’altro il tema ricorrente della sicurezza dei dati, uno spauracchio per le banche svizzere. Il dibattito a Davos si focalizzerà anche sulle possibili conseguenze delle macchine intelligenti. Uno degli incontri è intitolato: «Che succede se i robot vanno in guerra?» 

Una questione forse più importante per la vita quotidiana delle persone è però quello degli effetti dei robot intelligenti e dei servizi alla clientela automatizzati sul mondo del lavoro. 

Molti studi prevedono la scomparsa nei prossimi decenni di numerosi posti di lavori poco qualificati. Lo scorso anno Deloitte Switzerland ha azzardato il pronostico che la metà dei posti di lavoro disponibili attualmente in Svizzera potrebbe sparire a causa dell’automatizzazione. In cima alla lista ci sono lavori amministrativi, di segretariato e agricoli, ma altri studi hanno indicato che anche i piloti e i contabili avrebbero ragione di preoccuparsi. 

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Anche il sindacato Unia teme la scomparsa di molti posti di lavoro nel settore della vendita al dettaglio, della produzione industriale e della sanità. Perché dovrebbero servire delle persone per produrre un certo bene se una stampante 3D lo può fare altrettanto bene, si è chiesta la presidente di Unia Vania Alleva in occasione di una conferenza stampa sull’argomento in dicembre. «Il lavoro che attualmente è svolto da persone in carne e ossa sarà realizzato da macchine e robot messi in rete». 

Unia teme che il lavoro diventi più frammentato e un numero crescente di persone lavori in qualità di freelance e non più in un posto di lavoro centralizzato. Questo potrebbe minare la capacità di contrattazione collettiva dei sindacati. 

Altri osservatori hanno tuttavia notato che l’industria 4.0, come le altre rivoluzioni industriali, contribuirà anche a creare nuovi posti di lavoro. I robot devono essere progettati e programmati e le enormi quantità di dati raccolte in rete devono essere accuratamente analizzate per risultare utili. 

«I lavoratori formati nell’assemblaggio manuale continueranno a essere sostituiti da processi automatici perché la Svizzera non può permettersi di mantenere questi processi di lavoro», afferma Sven Siepen della Roland Berger. «Ma non è una cosa nuova. Alcuni siti di produzione in città industriali come Winterthur sono scomparse da tempo, ma i tassi di occupazione rimangono alti [alla fine del 2015 la disoccupazione era al 3,3%].»

Traduzione di Andrea Tognina

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