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L’allevamento intensivo non sarà vietato in Svizzera

galline in un allevamento
In Svizzera, l'allevamento di galline in batteria è stato vietato nel 1996. Keystone / Ennio Leanza

L'iniziativa popolare che chiedeva di inserire nella Costituzione svizzera la tutela della dignità del bestiame e il divieto di allevamenti intensivi è stata chiaramente respinta alle urne. Per la maggioranza dell'elettorato, la legge attuale già garantisce un'adeguata protezione degli animali.

Il popolo svizzero non è intenzionato a riformare in profondità il settore agricolo nazionale. Dopo la bocciatura dell’iniziativa sulla sovranità alimentare nel 2018 e il “no” al divieto dei pesticidi nel 2021, domenica ha respinto anche l’iniziativa che chiedeva di vietare gli allevamenti intensivi. La proposta avanzata da associazioni antispeciste e animaliste è stata respinta dal 62,9% dell’elettorato. È stata anche bocciata da quasi tutti i Cantoni (solo Basilea Città l’ha approvata).

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Gli ultimi sondaggi avevano previsto la bocciatura. Il testo nelle prime inchieste aveva ottenuto una maggioranza di consensi, ma, come spesso succede per le iniziative popolari, la percentuale di persone favorevoli è andata riducendosi con il passare delle settimane.

Il rifiuto odierno è stato chiaro, molto più del previsto, ha commentato il politologo Lukas Golder alla Televisione svizzera di lingua tedesca SRF. A differenza delle proposte di politica agricola di un anno fa, si tratta di una “grave sconfitta” per questa iniziativa.

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Protezione degli animali già garantita

L’iniziativaCollegamento esterno lanciata da associazioni animalisteCollegamento esterno, tra cui la Fondazione Franz Weber e Sentience Politics, chiedeva che la tutela della dignità del bestiame e il divieto di allevamenti intensivi fossero inseriti nella Costituzione svizzera. In particolare, prevedeva che fra 25 anni i requisiti relativi al benessere del bestiame e del pollame avrebbero dovuto soddisfare almeno le direttive del marchio Bio Suisse del 2018. Tali requisiti si sarebbero applicati anche alle importazioni di animali e prodotti di origine animale.

“L’elettorato ha ritenuto che la protezione degli animali fosse già adeguatamente garantita.”

Martin Rufer, direttore dell’Unione svizzera dei contadini.

Il Governo e la maggioranza del Parlamento avevano invitato il popolo a respingere l’iniziativa. I partiti di destra e di centro erano contrari all’introduzione di nuove restrizioni all’allevamento, sostenendo che la legge sulla protezione degli animali è già una delle più severe al mondo. All’iniziativa si erano opposti anche il mondo economico, l’Unione svizzera dei contadini e quasi tutte le associazioni di agricoltori e agricoltrici.

“L’elettorato ha ritenuto che la protezione degli animali fosse già adeguatamente garantita”, ha affermato domenica Martin Rufer, direttore dell’Unione svizzera dei contadini. Rufer si è detto molto soddisfatto del risultato e ha ribadito che un’accettazione dell’iniziativa avrebbe avuto conseguenze molto negative per gli agricoltori e le agricoltrici e la produzione alimentare in Svizzera.

Daniel Würgler, presidente di GalloSuisse, ha parlato di un “segnale forte” ai microfoni della Televisione svizzera di lingua francese RTS: “Il lavoro che facciamo come agricoltori è riconosciuto”. Non è facile essere “attaccati quando stiamo facendo del nostro meglio per il benessere degli animali”, ha aggiunto ricordando che è già possibile acquistare prodotti etichettati che attestano una produzione rispettosa.

L’agricoltura in Svizzera è più regolamentata dell’intero settore energetico, ha dichiarato a SRF Mike Egger, consigliere nazionale dell’Unione democratica di centro. “I temi del benessere degli animali e della sostenibilità non sono emersi ieri”, ha sottolineato Egger, aggiungendo che si stanno compiendo sforzi per migliorare la situazione. “I migliori ambientalisti della Svizzera sono i nostri agricoltori”.

In conferenza stampa, il consigliere federale Alain Berset ha salutato la bocciatura dell’iniziativa sottolineando che chi alleva bestiame si prende cura dei propri animali. “È sempre possibile migliorare”, ma questo va fatto in collaborazione con gli agricoltori e le agricoltrici, ha detto Berset.

Nella Confederazione, l’allevamento di galline in batteria è stato vietato nel 1996 e la legislazione attuale prevede dimensioni minime per gli spazi vitali accordati agli animali domestici, come pure al bestiame e al pollame. L’Ordinanza concernente gli effettivi massimi per la produzione di carne e di uovaCollegamento esterno stabilisce un limite al numero di unità per ogni specie. Ad esempio, le aziende agricole non possono tenere più di 1’500 suini da ingrasso, 27’000 polli per la produzione di carne e 300 vitelli.

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“Una battaglia tra Davide e Golia”

Il Comitato a favore dell’iniziativa ha espresso la propria delusione per il risultato odierno e per non essere riuscito a dimostrare che un’accettazione avrebbe in definitiva favorito anche l’agricoltura.

“È stata una battaglia tra Davide e Golia”, ha dichiarato Philipp Ryf, direttore esecutivo della campagna per il “sì”. La parte avversa, ha detto, aveva molte più risorse finanziarie. Ryf ha parlato di un’occasione mancata ed è convinto che il periodo di transizione di 25 anni avrebbe permesso all’agricoltura svizzera di adeguarsi. A suo avviso tra un quarto di secolo la produzione di cibo sarà diversa rispetto ad oggi.

“Non è stata una lotta contro il mondo agricolo, ma contro l’industria agroalimentare.”

Léonore Porchet, deputata ecologista

La consigliera nazionale ecologista Léonore Porchet ha sostenuto che “non è stata una lotta contro il mondo agricolo, ma contro l’industria agroalimentare, che esercita un’enorme pressione sugli agricoltori”. La paura dell’aumento dei prezzi ha probabilmente giocato un ruolo decisivo, ha affermato il consigliere agli Stati socialista Daniel Jositsch. Un argomento comprensibile, ma in vista delle sfide future il dibattito sul tema continuerà, ha aggiunto.

Per Vera Weber, presidente della Fondazione Franz Weber, l’aver discusso attorno agli allevamenti e al consumo di carne è comunque una vittoria.

Nonostante il verdetto negativo del popolo, sarà necessario apportare alcuni cambiamenti nell’allevamento, secondo il consigliere nazionale ecologista Felix Wettstein: “Abbiamo troppi animali e producono troppo letame”.

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Dal canto suo, l’organizzazione Bio Suisse ritiene che spetti ai consumatori e alle consumatrici dare prova di responsabilità. Gli agricoltori biologici in Svizzera dimostrano ogni giorno che sono possibili standard più elevati di quelli prescritti dalla legge elvetica sulla protezione degli animali, ha sottolineato Bio Suisse. “I consumatori e le consumatrici hanno quindi la possibilità di scegliere”, si legge in un comunicato.

Legislazione svizzera più severa di quella dell’UE

In Svizzera, come altrove, la maggior parte delle piccole aziende agricole familiari ha lasciato il posto a grandi aziende specializzate. Il numero di aziende che allevano bestiame si è dimezzato in 30 anni, mentre il numero medio di animali per azienda è fortemente aumentato.

Questo cambiamento strutturale è però più lento rispetto ai Paesi vicini, dove le aziende agricole sono molto più grandi e crescono più rapidamente, secondo il centro di ricerca agricola svizzero Agroscope. Anche il numero di vacche da latte, bovini e suini per azienda è più alto in Germania, Francia e Italia. In Austria, è invece più basso.

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La legislazione svizzera sulla protezione degli animali è particolarmente severa e si applica anche al bestiame. Si spinge molto più in là rispetto alle leggi in vigore nei paesi dell’Unione Europea, poiché non solo stabilisce dei requisiti per la costruzione e lo spazio disponibile, ma disciplina anche la formazione degli allevatori e delle allevatrici, l’alimentazione e le condizioni di trasporto.

La Svizzera si distingue anche per i suoi programmi di promozione del benessere degli animali introdotti negli anni Novanta. La Confederazione accorda un sussidio supplementare alle aziende agricole che hanno sistemi di stabulazione particolarmente rispettosi o che lasciano uscire gli animali all’aperto a intervalli regolari. Oggi, questi programmi sono applicati in quasi tutti gli allevamenti di galline ovaiole e nella maggior parte degli allevamenti di bovini e suini.

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