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Gli ecobilanci, un mercato che non conosce crisi

Nell'est dell'India l'irrigazione eccessiva sta causando molti problemi. Tracciare l'impronta idrica permette di esaminare dove si può risparmiare acqua Keystone

L'analisi del ciclo di vita è un settore in piena evoluzione. Tra le aziende specializzate nella valutazione degli impatti ambientali vi è anche Quantis. Una società creata da due giovani diplomati del Politecnico federale di Losanna (EPFL) che ha conosciuto uno sviluppo folgorante.

«L’idea di lanciarmi nell’analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment – LCA) è venuta nel 2001. La prima volta che ho seguito un corso dedicato a questo tema, che all’epoca era ancora agli albori, mi sono detto ‘è questo che voglio fare!’. Ciò che mi ha stimolato è stato soprattutto l’aspetto olistico di questo approccio scientifico».

Sebastien Humbert, 31 anni, è una persona fortunata. Non tutti riescono infatti a trasformare la loro passione in un lavoro a tempo pieno. La spin-off (in gergo le società nate nell’ambito di un progetto di ricerca scientifico) che ha creato nel 2005 assieme a Yves Loerincik, un altro ex studente e ricercatore del laboratorio di gestione degli ecosistemi del Politecnico federale di Losanna, funziona ormai a pieno regime. La Ecointesys oggi si chiama Quantis, dopo la fusione nel 2009 con un’altra spin-off di Montréal. La società che nel 2005 contava due posti a tempo pieno, oggi ha alle sue dipendenze circa 40 persone, sparse tra la sede al Parco scientifico dell’EPFL di Losanna, Montréal, Parigi e Boston.

Un’analisi globale

«Nel 2005, quando Olivier Jolliet, responsabile del laboratorio di gestione degli ecosistemi, ha lasciato l’EPFL, ci siamo detti che sarebbe stato un peccato interrompere tutto quello che era stato costruito – spiega Sebastien Humbert, direttore scientifico di Quantis. Tanto più che alla fine l’80% degli introiti del laboratorio erano generati dai contratti con l’industria. Per questo ci siamo detti ‘perché non continuare con una spin-off’?».

L’analisi del ciclo di vita – o ecobilancio – consiste nell’esaminare gli impatti associati a un prodotto o a un’azienda nel suo insieme. Determinare, ad esempio, se per un succo di frutta è meglio utilizzare un contenitore di vetro o di plastica oppure produrlo con delle pesche o delle arance. L’obiettivo, in sostanza, è di identificare qual è la fonte principale d’inquinamento per poter intervenire con efficacia.

«Quando un’azienda vuole attuare un piano d’ottimizzazione di un prodotto o più in generale ridurre le emissioni inquinanti della ditta, ci vuole un grande dispendio d’energie e di tempo. Per questo è necessario individuare dove è veramente utile intervenire e investire risorse», sottolinea Humbert.

Uno degli indicatori tipici dell’analisi del ciclo di vita è l’impronta di carbonio, ma non è l’unico. «Bisogna prendere in considerazione l’impatto sull’acqua, sugli ecosistemi, sulla salute umana… Ad esempio, se si analizza l’alternativa tra due pesticidi, l’impronta carbonio può essere interessante, ma vi sono parametri più importanti, come gli effetti tossici o l’efficacia del prodotto».

Gestione dei rischi

Quando si pensa agli ecobilanci, la prima cosa che viene in mente è il ritorno di immagine per l’azienda. In Francia, ad esempio, da un sondaggio dell’istituto TNS Sofres è emerso che un consumatore su quattro boicotta regolarmente le ditte che non rispettano i regolamenti in materia di protezione del clima.

Sebastien Humbert sottolinea però che queste analisi sono utili anche in ottica strategica, in particolare per quanto concerne la gestione dei rischi. «Vi sono dei rischi diretti, legati ai siti di produzione, ma soprattutto dei rischi associati alla catena di produzione», spiega il direttore scientifico di Quantis. Se ad esempio una fabbrica di tintoria inquina un fiume (vedi di fianco l’esempio di Switcher), vi è il rischio che ciò si ripercuota sui fornitori, che utilizzano le stesse acque per irrigare i loro campi.

Con l’analisi dell’impronta idrica, uno degli indicatori che si sono sviluppati di più negli ultimi due-tre anni, si cerca di determinare chi nella catena dei fornitori dipende dall’acqua e se si trova in regioni a rischio. Ciò permette di calcolare il costo della misura che dovrebbe essere presa per compensare un’eventuale mancanza d’acqua e che frazione del prezzo del prodotto finale è da associare a questa materia prima. «Nel caso del cotone, può rappresentare dal 10 al 30% del prezzo della maglietta. In altre parole, se ci fosse un problema idrico, il prezzo della maglietta potrebbe aumentare dal 10 al 30%».

La maggior parte delle imprese che si rivolgono a Quantis sono delle multinazionali o in generale delle grandi società che possono permettersi di finanziare una simile analisi (dai 10’000 ai 100’000 franchi) e poi di applicare le misure consigliate. Negli ultimi tempi, però, sempre più piccole e medie imprese sono interessate a queste analisi, grazie anche alle soluzioni informatiche sviluppate da Quantis e che permettono a un’azienda di calcolare la propria impronta.

Mercato promettente

Il mercato è assai florido (nel 2009 solo per quanto concerne l’impronta carbonio pesava circa 415 milioni di franchi) e l’orizzonte sembra per il momento privo di nubi.

In Nordamerica, che aveva una lunghezza di ritardo rispetto all’Europa, la crescita è forte. In Francia, un progetto di legge prevede di introdurre un obbligo di etichettatura ambientale dei prodotti, che potrebbe comprendere non solo l’impronta carbonio, ma anche ad esempio l’impatto sulla biodiversità. Se giungerà in porto, il mercato degli ecobilanci potrebbe diventare assai lucrativo.

La società di Losanna rimane però prudente. «La concorrenza è molto forte. Per questi marchi vi sono molte analisi che assomigliano a dei copia-incolla, fatte un po’ come in una catena di montaggio per ridurre i costi», spiega Humbert.

Per questa ragione Quantis ha sviluppato dei programmi informatici relativamente facili da utilizzare che permettono alle aziende di fare i calcoli necessari senza per forza rivolgersi agli esperti. «Preferiamo sviluppare questi programmi e consigliare le ditte su come effettuare le valutazioni, piuttosto che fare noi stessi i calcoli. Una ditta che produce 1’000 prodotti diversi non avrà comunque i mezzi per pagare un’analisi del ciclo di vita per ogni singolo prodotto e soprattutto per aggiornarli. E questo anche se oggi delle società propongono analisi per prezzi inferiori ai 10’000 franchi. Per questa ragione riteniamo sia molto più interessante per una ditta introdurre dei sistemi informatizzati».

Per tracciare l’impronta idrica, gli esperti sono confrontati a una difficoltà maggiore, ossia la mancanza di dati affidabili. Per questa ragione le conclusioni delle analisi sono spesso imprecise.

Progetti come quello condotto da Quantis per conto di Switcher sono “molto rari”, precisa Sebastien Humbert, poiché poche aziende possono permettersi il lusso di pagare un esperto che rimane diverse settimane sul luogo di produzione.

Quantis e un’altra decine di imprese hanno creato un consorzio per raccogliere in una banca dati comune tutte le cifre relative all’acqua. «Sapere qual è l’impatto idrico di una bottiglia di vetro può essere utile per un’azienda che produce succhi di frutta, ma anche ad esempio per una ditta che fabbrica cosmetici. È meglio avere un dato preciso che viene condiviso con le altre aziende, piuttosto che procedere da soli e raccogliere cifre sbagliate», spiega Sebastian Humbert.

Quantis ha recentemente tracciato l’impronta idrica per delle magliette fabbricate fabbricate dall’azienda tessile vodese Switcher.

Dall’analisi è emerso che per produrre ogni maglietta sono necessari 5’212 litri d’acqua. Una quantità tutto sommato modesta, poiché secondo il WWF per alcune magliette sono utilizzati fino a 20’000 litri d’acqua.

Per calcolare l’impronta idrica, un esperto di Quantis ha trascorso un mese in India, dove si trova la fabbrica della Switcher, per raccogliere tutti i dati necessari, dall’irrigazione dei campi all’acqua utilizzata nella tintoria. Inoltre, precisa Sebastien Humbert, è stata calcolata anche la quantità d’acqua necessaria per il trasporto e per i cicli di lavaggio una volta acquistata la maglietta. «Tutto il ciclo di vita, insomma», precisa il direttore scientifico di Quantis.

Oltre al fabbisogno idrico, l’analisi ha pure esaminato quanta acqua inquinata fuoriesce dalla tintoria e che tipo di agente inquinante è presente.

In seguito all’analisi, la Switcher ha preso una serie di misure per ridurre l’inquinamento dell’acqua e sta studiando altri provvedimenti per diminuire l’impronta idrica.

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