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Sergio Ermotti: “I clienti hanno fiducia”

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Sergio Ermotti, 62 anni, era già stato a capo di UBS dal novembre 2011 all'ottobre 2020. © Keystone / Michael Buholzer

Sergio Ermotti, presidente di direzione della banca svizzera UBS, parla dell'acquisizione di Credit Suisse e del futuro dell'istituto bancario.

Lo scorso 19 marzo l’annuncio del Consiglio federale: UBS rileva Credit Suisse. E pochi giorni dopo UBS comunica il ritorno alla guida della banca di Sergio Ermotti, già numero uno dal 2011 al 2020. È uno scenario che lo stesso Ermotti, intervistato dalla Radiotelevisione svizzera di lingua italiana (RSICollegamento esterno), non si sarebbe mai immaginato.

“Sono onorato, penso che sia un buon mix tra fare la cosa giusta per UBS e in un momento importante per la Svizzera, ma è anche qualcosa che mi dà motivazione dal punto di vista professionale” afferma.

RSI News: Lunedì, Credit Suisse ha presentato i risultati trimestrali che parlano di un forte deflusso di capitali. Cosa volete fare per bloccare questa emorragia?

“Credo che sia giusto che il Parlamento apra un dibattito per capire cosa è successo.”

Sergio Ermotti: Intanto mi sembra che i deflussi siano calati in maniera significativa dopo l’annuncio (dell’acquisizione, ndr). Questo ci fa anche piacere, perché i clienti, al di là di qualche effetto anche stagionale dei deflussi che vediamo in questi giorni, hanno fiducia sul fatto che questa operazione dia solidità alla clientela e si possa cominciare a guardare al futuro in maniera più costruttiva.

L’operazione è seguita da vicino dall’opinione pubblica e anche dal mondo politico. In Parlamento vi sono alcuni timori sul fatto che si stia costruendo una banca troppo grande. Lei cosa risponde a queste paure?

Innanzitutto, credo che sia giusto che il Parlamento apra un dibattito per capire cosa è successo. Chiaramente siamo tutti consapevoli che non si poteva o si doveva evitare forse di arrivare a questo punto. Il dibattito c’è. Credo che dal punto di vista politico sia importante affrontare questo tema sulla base dei fatti e non delle emozioni.

Si parla delle dimensioni della banca, si parla del mercato. La possibilità di scorporare l’unità svizzera di Credit Suisse è un’opzione concreta?

Abbiamo detto che l’opzione di base che abbiamo dovuto utilizzare per poi dare il nostro consenso a questa operazione era la fusione del gruppo al 100%. Ma chiaramente oggi guardiamo tutte le opzioni possibili. Devono essere opzioni che andranno a bilanciare gli interessi non solo degli azionisti, ma anche dei clienti e dei dipendenti. E devono essere basate su fatti e non su emozioni o percezioni. Questo è il grande problema che oggi dobbiamo affrontare: educare su questa cosa l’opinione pubblica, i politici, i clienti e i dipendenti. Questa decisione deve essere presa coi fatti, altrimenti si rischia di creare un’illusione, qualcosa che non è poi sostenibile a lungo termine.

Lei ha parlato anche di soluzioni migliori per il personale. C’è apprensione in Svizzera. Lei come pensa di accompagnare questo processo guardando al fattore umano?

Questo è l’aspetto più difficile della transazione. È una transazione complessa, dal mio punto di vista non è rischiosa. È chiaro che quando c’è complessità, c’è rischio. Ma i fattori vanno invertiti: non c’è un rischio enorme, ma c’è complessità. La cosa più difficile è affrontare il tema degli esuberi. Quello che dovremo fare, lo dovremo fare prima di tutto con rispetto, con la trasparenza possibile, ma anche approfittando dei deflussi naturali. E la cosa più importante è che dal giorno 1, cioè dalla chiusura della transazione che avverrà in questo trimestre, le banche continuano a operare. E il focus dei nostri collaboratori, delle due banche unite, è di stare vicino a clienti e di servire i clienti. Solo così si preservano le opzionalità potenziali per il futuro.

>> Guarda l’intervista di RSI a Sergio Ermotti:

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