I governi dovrebbero tassare le aziende che traggono degli extra profitti dalla guerra?
Le proposte di tassare le aziende che generano enormi guadagni finanziari grazie alla guerra in Ucraina stanno prendendo piede in molti Paesi, tra cui la Svizzera. Sebbene vi sia una forte giustificazione morale per tale tassa, tra gli economisti e le economiste c’è chi è scettico sui suoi benefici.
All’inizio di agosto il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha chiesto di imporre una tassa una tantum alle aziende che hanno beneficiato dell’aumento dei prezzi grazie alla guerra in Ucraina.
“È immorale che le compagnie petrolifere e del gas traggano profitti record da questa crisi energetica sulle spalle delle persone e delle comunità più povere, con un costo enorme per il clima”, ha dichiarato Guterres ai media. “Esorto tutti i governi a tassare questi profitti eccessivi e a utilizzare i fondi per sostenere le persone più vulnerabili in questi tempi difficili”.
Guterres non è il solo a chiedere una tassa sugli utili in eccesso. Diversi governi, come l’Italia e la Spagna, hanno già introdotto una tassa di questo tipo e molti altri, come la Svizzera, hanno avviato campagne politiche a favore di una cosiddetta tassa sugli extra profitti. In questo modo si riempirebbero le casse dello Stato, che si trovano in difficoltà a causa del debito dell’era pandemica, e si aiuterebbero le famiglie a far fronte all’aumento dei prezzi dei carburanti e dei generi alimentari.
Sebbene le proposte siano buone in teoria, alcuni economisti ed alcune economiste avvertono che tale tassa potrebbe avere degli effetti indesiderati proprio sulle persone che dovrebbero beneficiarne.
Su cosa verte il dibattito? Ve lo spieghiamo in questo articolo.
Che cos’è una tassa sul reddito?
L’imposta sugli extra profitti è una sovrattassa una tantum applicata a un’azienda o a un’industria che genera profitti elevati e inaspettati – noti anche come profitti inattesi – a causa di condizioni di mercato di cui non è responsabile. Non esiste un unico modo per implementare una tassa sui profitti inattesi. Potrebbe trattarsi di un prelievo o di un’aliquota fiscale fissa sui profitti superiori a un certo livello o di un’imposta sulle esportazioni.
Perché se ne discute ora?
Molte aziende, in particolare nel settore dell’energia e delle materie prime, stanno guadagnando di più dopo che le sanzioni e l’interruzione della fornitura di gas da parte della Russia hanno fatto impennare i prezzi. Diverse società hanno registrato profitti record, tra cui quelle attive nel commercio delle materie prime in Svizzera. Nei primi sei mesi di quest’anno, l’utile al netto delle imposte dell’operatore energetico Gunvor è quasi quadruplicato rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, arrivando a 841 milioni di dollari (801 milioni di franchi svizzeri).
Nel frattempo, l’aumento dei prezzi del carburante e del cibo sta colpendo più duramente i più poveri, che faticano a pagare per riscaldare le loro case, cucinare il cibo e tenere accese le luci. Il Programma alimentare mondiale stima che gli effetti a catena della guerra in Ucraina porteranno altri 47 milioni di persone a soffrire la fame estrema entro la fine dell’anno.
Alcune ONG come Oxfam, che si batte contro la povertà globale, e una parte della classe politica hanno sollevato l’idea di una tassa come modo per ridistribuire il denaro e aiutare le persone più colpite dalle conseguenze della guerra.
“Questo è un momento molto opportuno per una tassa sugli extra profitti, perché c’è un’industria che sta realizzando profitti chiaramente eccezionali in un momento in cui la gente comune, che è il consumatore di quell’industria, sta affrontando costi molto elevati”, ha dichiarato Alex Cobham, direttore esecutivo della Tax Justice Network, al media tedesco Deutsche Welle.
Prima della guerra, si era parlato di tassare alcune aziende, come quelle che forniscono le maschere e producono i vaccini. Il direttore dell’Istituto economico svizzero KOF aveva suggerito in un’intervista del 2020 che chi ha guadagnato grazie alla pandemia, come i rivenditori di generi alimentari, i negozi online e le aziende farmaceutiche, venisse tassato più pesantemente.
Una tassa inedita?
Nella storia ci sono stati diversi precursori di questa tassa. Secondo la Tax Foundation, una ONG indipendente di politica fiscale con sede negli Stati Uniti, l’idea è emersa già nel 1915, quando Danimarca e Svezia introdussero la cosiddetta “tassa sullo stufato”, un’imposta una tantum sulle aziende che esportavano prodotti alimentari in Germania.
Gli Stati Uniti introdussero una tassa sugli extra profitti durante la Prima e la Seconda guerra mondiale, e di nuovo nel 1980 dopo lo shock petrolifero. Anche il Regno Unito ha introdotto questa imposta durante la Prima guerra mondiale e poi di nuovo nel 1981, quando il Governo ha sottoposto a tributi le banche che avevano beneficiato di alti tassi di interesse. Nel 1997, il Regno Unito ha anche introdotto un’imposta sulle società che operano in settori privatizzati.
Anche altri Paesi hanno sperimentato le tasse sui profitti straordinari. Nel 2006, la Mongolia ha introdotto un tributo sugli utili delle società minerarie operanti nel Paese. L’imposta è stata abrogata nel 2009.
Come si presentano le attuali proposte per una tassa sugli extra profitti?
Diversi Paesi hanno introdotto una forma di tassa sui profitti inattesi che andrebbe a rimpinguare i bilanci statali e a sostenere le persone colpite dalla guerra e dalla pandemia.
A marzo la Commissione europea ha invitato gli Stati membri a prendere in considerazione misure fiscali temporanee sui profitti inattesi per compensare l’aumento delle bollette energetiche. Anche l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha sostenuto che una tassa di questo tipo potrebbe essere utilizzata per aiutare le famiglie ad alleviare l’impatto dell’inflazione.
A maggio, il Regno Unito ha introdotto un’imposta sui profitti energetici del 25%, per tassare gli “straordinari profitti realizzati dal settore del petrolio e del gas”. Si prevede di raccogliere circa 5 miliardi di sterline (5,7 miliardi di franchi svizzeri) nel corso del prossimo anno, che secondo il governo britannico “andranno a sostenere le persone nell’affrontare il nuovo costo della vita”.
Altri sviluppi
Riforma fiscale mondiale: la Svizzera dovrà adattarsi per continuare ad attirare le multinazionali
L’Italia, la Romania, la Spagna e la Grecia hanno introdotto una sorta di tassa sugli extra profitti, in gran parte sul settore energetico. L’Italia prevede di raccogliere 11 miliardi di euro (10,65 miliardi di franchi svizzeri) da un’imposta una tantum del 25% sulle società energetiche. Il governo olandese ha dichiarato che ridurrà l’aliquota IVA sull’energia e le accise su benzina e diesel.
Il governo dell’Uganda ha approvato a dicembre una tassa sul reddito delle compagnie petrolifere, applicabile ogni volta che il prezzo del barile supera i 75 dollari. Anche l’India ha introdotto una tassa sui proventi straordinari, sotto forma di imposta sulle esportazioni dei produttori nazionali di petrolio, ma l’ha ridotta 20 giorni dopo il crollo dei prezzi del petrolio.
Sono in corso discussioni in diversi altri Paesi, tra cui Stati Uniti, Germania e Svizzera, ma qui la resistenza politica è maggiore.
Il ministro delle Finanze tedesco ha respinto l’idea di una tassa sulle esportazioni a metà agosto, affermando che avrebbe messo a soqquadro le forze di mercato. Personalità politiche elvetiche dei partiti di sinistra e di centro si stanno battendo per una tassa sugli extra profitti destinata al settore delle materie prime, che sarà probabilmente discussa in Parlamento a settembre. Il Governo svizzero ha finora respinto l’idea, sostenendo che non è possibile separare i profitti normali dai “profitti in eccesso” legati alla guerra o alla crisi e che la legge fiscale non prevede imposte specifiche per il settore.
Perché questa tassa è controversa?
L’imposta sugli extra profitti non incontra il favore del settore industriale, che la considera arbitraria, utile ad alimentare l’incertezza sulle tasse future e ad alterare gli incentivi agli investimenti.
Anche alcune economiste e alcuni economisti sono scettici nei confronti di questa proposta. “Come si fa a separare i profitti buoni da quelli cattivi?”, ha chiesto Mark Schelker, che presiede il dipartimento di economia pubblica dell’Università di Friburgo. “E se l’energia solare fosse altamente redditizia? Considereremmo di tassare anche quella? Questo può essere un pendio scivoloso”.
Oltre a ciò, vi è anche la sfida concreta di separare il normale profitto dal “profitto in eccesso” che è il risultato di una guerra o di una crisi.
Daniel Bunn della Tax Foundation ha dichiarato a SWI swissinfo.ch che, per progettare correttamente la sua base imponibile, un Paese dovrebbe intercettare gli utili in eccesso nel momento in cui si presentano senza uno strumento speciale. La tassazione è già impostata in base ai profitti e alcuni Cantoni svizzeri hanno aliquote d’imposta progressive, il che significa che i profitti più elevati sono tassati con un’aliquota maggiore.
La Svizzera è tra i molti Paesi che consentono alle aziende di riportare le perdite fino a sette anni, riducendo così il reddito imponibile. Anche l’eliminazione di alcune svalutazioni o dei riacquisti delle azioni, che riducono la base imponibile, è un modo per garantire che i profitti siano interamente tassati.
Non c’è inoltre alcuna garanzia che il gettito fiscale vada a beneficio delle persone che ne hanno più bisogno. Questo dipende da come i Governi spendono le entrate fiscali. Economisti come Schelker temono anche che le aziende finiscano per trasferire il pagamento di imposte più elevate alle consumatrici e ai consumatori sotto forma di un ulteriore aumento dei prezzi del carburante.
Per chi sostiene questa tassa, la crisi attuale è una situazione eccezionale che richiede misure eccezionali. Secondo alcune stime, una tassa del 90% sugli extra profitti a livello globale frutterebbe circa 490 miliardi di dollari che potrebbero essere utilizzati per evitare la carestia a milioni di persone. “Nel 2022, avere una crisi alimentare del livello in cui ci troviamo non è moralmente accettabile e tutti noi dobbiamo assumerci la responsabilità di agire”, ha dichiarato Gabriela Bucher, direttrice esecutiva di Oxfam.
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.
Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.