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I più grandi scandali dei capitali in fuga in Svizzera

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I contadini filippini ballano davanti al monumento di Marcos dopo aver sofferto per anni sotto la sua dittatura. Lui e sua moglie Imelda persero il potere nella rivoluzione "People Power" del 1986. Peter Charlesworth/LightRocket

La Svizzera è stata considerata a lungo un porto sicuro per i capitali di molte dittature, ovviamente anche grazie al segreto bancario. Solo nel 2016 è stata promulgata una legge concernente il blocco e la restituzione dei valori patrimoniali di provenienza illecita e da allora il nostro Paese è leader nella lotta ai capitali illegali dei potentati. Una retrospettiva dei principali scandali sui capitali in fuga.

Secondo le stime della Banca mondiale, ogni anno spariscono dai 20 ai 40 miliardi di dollari finendo nelle tasche di funzionari corrotti dei Paesi in via di sviluppo. Essendo una delle maggiori piazze finanziare offshore, la Svizzera è stata ritenuta a lungo un’importante meta per il denaro sporco. Conscia che questo stesse danneggiando la sua immagine, a partire dal 1986 la Svizzera ha gradualmente adottato varie misure per contrastare il flusso di valori patrimoniali illeciti e oggi si adopera in prima linea per la confisca e la restituzione di questi capitali. Il termine esatto è “asset recovery”. Ciononostante, lo spettro del passato riaffiora ancora.

Con l’hashtag #SuisseSecrets anche ad inizio 2022 la stampa estera ha reso pubblico uno scandalo in cui era coinvolta la banca svizzera Credit Suisse: un whistleblower, ossia un informatore, aveva trasmesso alla Süddeutsche Zeitung informazioni su conti che mostravano come cleptocrati, autocrati e criminali stavano mettendo al sicuro i propri averi nel nostro Paese.

Diamo uno sguardo ai casi noti da tempo e che hanno motivato lo sviluppo della prassi di restituzione in Svizzera. Una lista non esaustiva.

Rafael Leonidas Trujillo, di umili origini, governa con il pugno di ferro la Repubblica Dominicana per oltre un trentennio. Sebbene avvii alcuni progressi – riduce il debito estero e promuove la modernizzazione del Paese – viene ricordato soprattutto per aver torturato e assassinato migliaia di civili.

Nel 1961 viene assassinato dai ribelli. I suoi familiari si rifugiano a Madrid e tentano di depositare il loro patrimonio in Europa. Con una parte degli averi dei prestanome acquistano due banche svizzere. Il massimo organo di vigilanza bancaria elvetica non batte ciglio e in cambio si fa invitare più volte in Spagna. La vicenda viene a galla e il Consiglio federale licenzia il presidente della Commissione delle banche. Lo scandalo rimbalza fin sulle prime pagine delle testate estere.

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Rafael L. Trujillo mentre passa in rassegna l’equipaggio del cacciatorpediniere statunitense “Norfolk”, 1957. Bettmann Archive

Nel 1974 l’Etiopia è teatro di un colpo di stato militare. Dopo 44 anni di regno, l’imperatore d’Etiopia, Haile Selassie, è costretto ad abdicare. Messo agli arresti domiciliari muore in circostanze misteriose nel 1975. Secondo le teorie più diffuse è stato soffocato con un cuscino oppure stordito con l’etere e strangolato. Il corpo viene occultato sotto le assi del pavimento di una toilette di palazzo. Gli viene data una degna sepoltura solo decenni più tardi.

Il nuovo governo militare sostiene che si era arricchito illegalmente e aveva nascosto un patrimonio di 15 miliardi di dollari nelle banche svizzere. Tuttavia, non è in grado di fornirne le prove.

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Haile Selassie in un hotel di Ginevra, 1963. Keystone

Noto per il suo stile di vita decadente, lo scià di Persia Mohammed Reza Pahlavi ha un rapporto particolare con la Svizzera. Da giovane frequenta un collegio sul Lemano e in seguito trascorre regolarmente le sue vacanze nel nostro Paese. Nel 1968 acquista una villa a St. Moritz, che diventa la sua residenza invernale. È inoltre titolare di conti bancari su cui sono depositati averi da capogiro.

La tracotanza e la mania di grandezza dello scià – nel 1971 organizza una mega festa tra le rovine di Persepoli, per l’occasione fa costruire un’oasi artificiale nel deserto e importa 50’000 uccelli canterini dall’Europa – fanno insorgere la popolazione allo stremo e il clero musulmano. Scoppia la rivoluzione islamica, lo scià fugge all’estero e il governo rivoluzionario iraniano confisca i suoi beni.

Il governo neo insediato vuole “nazionalizzare” anche il patrimonio depositato in Svizzera, ma dopo la caduta dello scià il nostro Paese non intende congelare i suoi averi e suggerisce al nuovo governo di Teheran di adire le vie legali, ovvero di seguire la legislazione sull’esecuzione. La villa di St. Moritz rimane di proprietà dei familiari.

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Lo scià dopo la cerimonia di incoronazione, 1967. Everett Coillection

Per decenni la popolazione filippina subisce l’oppressione del dittatore Ferdinando Marcos, considerato uno dei governanti più corrotti del mondo, che con la famiglia saccheggia le casse dello Stato. La moglie Imelda, un’ex reginetta di bellezza, possiede oltre un migliaio di paia di scarpe firmate (alcune fonti parlano addirittura di più di 3’000), quasi cento pellicce di visone e varie centinaia di abiti da sera.

Nel 1986 si assiste a una rivolta popolare. Marcos cerca rifugio negli USA. Quando vuole prelevare denaro dal suo conto svizzero la banca informa il Consiglio federale. Se il cleptocrate riuscisse a trafugare averi prima che il nuovo governo delle Filippine possa avviare una procedura contro di lui si rischierebbe infatti il danno di immagine. La Svizzera blocca quindi il patrimonio a titolo precauzionale. Il caso Marcos segna un cambio di paradigma. Più tardi la Confederazione trasferisce i milioni di Marcos su un conto bloccato filippino, di cui il governo ha il diritto di disporre.

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Ferdinando Marcos con la moglie Imelda, 1985. AFP / Romeo Gacad

Nel 1957 il medico Francois “Papa Doc” Duvalier è eletto presidente di Haiti. Ciò che inizia con molte speranze diventa presto una brutale dittatura. “Papa Doc” si arricchisce in grande stile: i proventi dell’industria statale del tabacco finiscono direttamente nelle sue tasche. I suoi servizi segreti, inoltre, assassinano decine di migliaia di persone.

Quando “Papa Doc” si ammala seriamente, modifica la costituzione affinché il figlio possa ereditare la sua carica. Nel 1971 “Papa Doc” muore e “Baby Doc”, appena diciannovenne, diventa il più giovane capo di Stato del mondo. I due portano il Paese alla rovina.

Nel 1986 vi sono agitazioni e “Baby Doc” fugge in Francia. Su richiesta di Haiti, la Svizzera congela i suoi averi.

Visto che la situazione ad Haiti resta instabile, non viene avviata nessuna procedura penale contro Duvalier. Per ragioni di prescrizione la Svizzera non può fornire assistenza giuridica né restituire gli averi. Si prospetta una débâcle.

Con procedura velocizzata la Svizzera promulga una legge che consente di confiscare i patrimoni di chiara provenienza illegale anche senza una condanna penale. I milioni di “Baby Doc” vengono confiscati ma per anni non possono essere restituiti. La Svizzera vuole ora riconsegnare gli averi tramite progetti dell’Unicef.

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Jean Claude Duvalier, in occasione della sua nomina alla presidenza di Haiti, 1971. Bettmann Archive

Nel 1968 Moussa Traoré diventa capo di stato del Mali grazie a un colpo di Stato militare. Nei decenni in cui rimane al potere, corruzione, tortura e omicidi dei membri dell’opposizione sono all’ordine del giorno. Ironia della sorte, nel 1991 è proprio un colpo di Stato militare a mettere fine al suo mandato.

A partire dal 1991 il Mali indaga sull’appropriazione indebita di fondi pubblici e presenta una richiesta di assistenza giudiziaria alla Svizzera. Traoré e la moglie Mariam sono condannati a morte da un tribunale malese e in seguito graziati.

Nel 1997 la Svizzera restituisce 3,9 milioni di franchi al Mali. Si tratta invero di una somma alquanto modesta, ma il caso è storico. La Svizzera risarcisce al nuovo governo del Mali la parcella dello studio legale che lo rappresenta nella procedura di assistenza giudiziaria. Si tratta della prima volta in cui la restituzione a un Paese africano avviene attraverso la normale procedura giudiziaria.

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Moussa Traoré al vertice dell’Organizzazione dell’Unità Africana (OUA) ad Addis Abeba, 1985. AFP

Già in tenera età i fratelli Carlos e Raul Salinas si rendono protagonisti di un “incidente” che fa parlare di loro: a cinque, rispettivamente tre anni, trovano un’arma carica mentre giocano con un ragazzino più grande. Parte un colpo che colpisce mortalmente Manuela, la governante appena dodicenne.

Nel 1988 Carlos Salinas viene eletto presidente del Messico. Nel frattempo, il fratello Raul è implicato in affari loschi con i cartelli della droga e guadagna somme milionarie a tre cifre in dollari americani. Per evitare che le sue attività criminali vengano a galla, nel 1995 commissiona l’assassinio del segretario generale del partito al potere, suo stesso cognato.

Mentre Raul Salinas sparisce dietro le sbarre in Messico, sua moglie si reca in banca a Ginevra per prelevare una grossa somma di denaro. La banca tuttavia è stata avvisata: la moglie di Salinas viene arrestata e il denaro confiscato.

Nel 2005 cadono le accuse di omicidio nei confronti di Salinas. Secondo gli inquirenti svizzeri, tuttavia, parte del patrimonio depositato in Svizzera è di origine criminale. Nel 2008 la Svizzera restituisce quindi 74 milioni di dollari al Messico.

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Raul Salinas, fratello del presidente messicano Carlos Salinas, 1994. AFP

Dal 1965 al 1997 Mobutu Sese Seko governa da presidente dittatore la Repubblica Democratica del Congo (già Zaire). Si arricchisce con il commercio di rame, cobalto, diamanti e oro. Mentre fame e malattie dilagano nel Paese, il dittatore affitta un Concorde per fare shopping a Parigi. Compra castelli in tutto il mondo, compresa una villa signorile in Svizzera.

Nel 1997 i rappresentanti dell’opposizione nello Zaire presentano una richiesta di assistenza giudiziaria alla Confederazione. Esigono il congelamento di tutti i valori patrimoniali di Mobutu, che sospettano di corruzione e malversazione. Quando il leader dell’opposizione si dichiara presidente dello Zaire, la Svizzera congela gli averi di Mobutu e della sua famiglia a titolo precauzionale.  

I nuovi rappresentanti al potere non riescono tuttavia ad avviare un procedimento penale contro Mobutu. Le offerte di aiuto della Svizzera vengono rifiutate. A causa della prescrizione, nel 2009 il patrimonio viene liberato a favore degli eredi di Mobutu.

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Il consigliere federale Pierre Aubert (a destra) incontra a Berna Mobutu Sese Seko, 1983. Keystone

Sani Abacha governa la Nigeria con il pugno di ferro dal 1993 al 1998. Il dittatore si libera degli oppositori giustiziandoli. Abacha e il suo entourage arraffano a seconda delle stime da uno a cinque miliardi di dollari dai proventi del petrolio nigeriano. Parte del denaro finisce su conti bancari svizzeri.

Nel 1998 il dittatore muore improvvisamente all’età di 54 anni: mentre si sta divertendo con tre prostitute indiane fatte giungere da Dubai viene colto da un arresto cardiaco a causa di un’overdose di Viagra. La Svizzera restituisce alla Nigeria un totale di oltre 700 milioni di dollari, la somma più alta mai raggiunta in un procedimento di asset recovery.

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Sani Abacha in Sierra Leone, 1998. Keystone / James Fasuekoi

All’inizio suona bene: “l’auspicata modernizzazione dello Stato deve essere soprattutto a favore dei poveri”, afferma l’ingegnere agricolo Alberto Fujimori nel 1990, quando si candida alla presidenza del Paese.

Il decennio di presidenza, tuttavia, è segnato da massacri della popolazione civile, violazioni dei diritti umani e scandali per corruzione. In tutto questo il capo dei servizi segreti, Vladimiro Montesinos, gioca un ruolo decisivo.

Quando nel 2000 emerge un tentativo di corruzione, Fujimori rassegna le dimissioni inviando un fax dal Giappone. Montesinos fugge all’estero ma viene intercettato in Venezuela ed estradato in Perù.

La Svizzera blocca i fondi di Montesinos per presunto riciclaggio di denaro. Il caso riguarda tangenti nell’ordine di circa 200 milioni di franchi, distribuiti su diversi conti bancari.

Il Perù è il primo Paese a rendere possibile il risarcimento grazie a una propria decisione di confisca. Nel 2002 la Svizzera versa al Perù una prima rata di 77,5 milioni di dollari. Nel 2006 e nel 2017 vengono effettuati altri trasferimenti. Nel 2020 la Svizzera e il Perù concludono un accordo sulla restituzione e la destinazione degli ultimi milioni. I fondi vengono destinati a progetti peruviani volti a rafforzare lo stato di diritto e a lottare contro la corruzione.

Fujimori e Montesinos scontano le rispettive pene in prigioni peruviane.

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Vladimiro Montesinos accompagnato da ufficiali militari peruviani a Lima, 1999. AFP

Ventinove anni: è di quasi tre decenni il periodo in cui Nursultan Nasarbajew, di umili origini e che in gioventù aveva lavorato come operaio siderurgico, rimane alla testa del Kazakistan. Per tutto questo tempo lui stesso, i suoi familiari e altre persone del suo entourage approfittano dei proventi delle ricche risorse minerarie del Paese.

A quanto pare però questo non basta a renderlo felice. La storia di Nasarbajew è un melodramma: nel 2020 il nipote di Nasarbajew, Aisultan afferma su Facebook di non essere soltanto il nipote, ma anche il figlio di Nasarbajew, avuto da quest’ultimo con la sua stessa figlia Dariga. E che l’élite del Paese è corrotta. Aisultan, tossicodipendente, muore lo stesso anno di arresto cardiaco. Non è la prima morte tragica: il padre legale di Aisultan, Rachat Alijew, viene ritrovato impiccato nella cella di una prigione in Austria. L’amante del leader precipita in condizioni misteriose da una finestra del suo appartamento, mentre il marito della donna perde la vita in un incidente della circolazione. Altri drammi, che ora non stiamo ad elencare, si susseguono.

Già a cavallo del millennio la Svizzera aveva congelato i conti di Nasarbajew dopo essere incappata, per caso, in presunte tangenti nell’ordine di 115 milioni di dollari. Il che la pone dinanzi a un problema: come restituire i soldi al Kazakistan se Nasarbajew è ancora al potere?

Sotto l’egida della Banca mondiale, nel 2007 viene istituita una fondazione kazaca indipendenze per sostenere le famiglie indigenti del Paese. La Svizzera trasferisce quindi il denaro a questa fondazione. Una successiva tranche di 48 milioni di dollari viene investita in progetti della Banca mondiale a favore della popolazione kazaca.  

Nel 2019 Nasarbajew si dimette, ma rimane presente in veste di “leader della Nazione”. Le cose cambiano nel gennaio 2022, quando l’aumento del prezzo del gas provoca disordini tra la popolazione. L’ex capo di Stato improvvisamente si dilegua. Vale la pena ricordare che Nasarbajew possiede diversi immobili in Svizzera.

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Nursultan Nasarbajew ad Astana, 2005. Keystone / Sergei Grits

Durante la cosiddetta Primavera araba del 2011 decine di migliaia di persone scendono in piazza dando sfogo al proprio malcontento per le condizioni in cui vivono. Sospettano che la classe dirigente si arricchisca a spese della collettività.

Il Consiglio federale reagisce con il congelamento, in via precauzionale, di valori patrimoniali egiziani depositati in Svizzera. In particolare, blocca anche fondi appartenenti all’entourage del presidente uscente, Hosni Mubarak, 30 minuti dopo la notizia del suo ritiro. Si è trattato in un primo momento di 410 milioni di franchi, in seguito la somma è aumentata a circa 700 milioni.

La situazione in Egitto è precaria, l’assistenza giudiziaria fallisce. Nel 2017 Mubarak viene assolto in ultima istanza dalla più alta corte egiziana e il governo svizzero toglie quindi il blocco agli averi di Mubarak.

Un procedimento penale per partecipazione a un’organizzazione criminale e riciclaggio di denaro è ancora in corso presso il Ministero pubblico della Confederazione*. Sono indagate cinque persone, tra cui i due figli del defunto ex presidente Hosni Mubarak. La somma dei fondi bloccati ammonta a circa 400 milioni di franchi svizzeri.

*Aggiornamento del 7 ottobre 2022: nel frattempo, il Ministero pubblico della Confederazione ha archiviato il procedimento contro le cinque persone legate a Mubarak e ha sbloccato i 400 milioni di franchi.

**Modifica del 19 ottobre: in risposta a un reclamo dei discendenti di Hosni Mubarak all’organo di mediazione di SWI swissinfo.ch, una frase dell’articolo è stata cancellata.

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Hosni Mubarak (a sinistra) con il capo di Stato libico Moammar Gheddafi, 2002. Keystone / Amr Nabil

Laurent Gbagbo è stato presidente della Costa d’Avorio per un decennio. Nel 2010, durante le presidenziali, rifiuta la sconfitta alle urne e la consegna delle redini del Paese al vincitore delle elezioni. Seguono disordini e violenze in cui circa 3’000 persone vengono uccise.

Gbagbo viene arrestato nel 2011. La Svizzera blocca 70 milioni di franchi dell’ex presidente e del suo entourage.

La Costa d’Avorio consegna Gbagbo alla Corte penale internazionale. È quindi il primo capo di Stato ad essere processato dinanzi al Tribunale dell’Aia. Tuttavia, a sorpresa, la Corte lo assolve nel 2019. La sentenza non chiarisce però se gli averi depositati in Svizzera provengano da fonti illegali.

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Laurent Gbagbo durante un raduno elettorale ad Abidjan, 2010. Keystone / Rebecca Blackwell

Gulnara Karimowa è la figlia di Islam Karimow, morto nel 2016 e per anni alla testa dell’Uzbekistan. Diplomatica, stilista e cantante, la donna viene considerata successore designata del padre. Tuttavia, nel 2013 cade in disgrazia, con la sua stessa famiglia che l’accusa di aver intascato tangenti da compagnie internazionali di telecomunicazioni per l’assegnazione delle licenze di telefonia mobile in Uzbekistan. Tangenti del valore di un miliardo di dollari.

Già nel 2012 la Svizzera congela 800 milioni di franchi su conti intestati a Karimowa. Con l’aiuto di un fondo fiduciario dell’ONU, Berna intende restituire 340 milioni di franchi al Paese asiatico. Il Dipartimento degli affari esteri sta negoziando un possibile accodo. Il Ministero pubblico della Confederazione si adopera invece affinché Karimowa non riceva parte della somma. La quarantanovenne sta scontando una lunga pena detentiva in Uzbekistan.

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Gulnara Karimova in un hotel di Tashkent, 2012. Yves Forestier/Getty Images

Viktor Yanukovich è l’uomo incarna i capitoli precedenti l’attuale conflitto bellico in Ucraina.

Nel 2013, il suo governo filorusso blocca il previsto Accordo di associazione con l’Ue, deludendo quella parte della popolazione che sperava in un maggiore avvicinamento all’Occidente. Si arriva a proteste di massa (Euromaidan) e il presidente Yanukovich si rifugia in Russia.

La Svizzera reagisce disponendo il blocco precauzionale degli averi di Yanukovich. Si tratta di circa 70 milioni di dollari depositati su conti svizzeri. L’ex leader ucraino e il suo entourage sono sospettati di essersi arricchiti a spese dello Stato.

Ad inizio marzo 2022 il giornale ucraino “Pravda” asserisce che Yanukovich si trova a Minsk e si sta preparando ad essere designato dalla Russia nuovo presidente dell’Ucraina.

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Viktor Yanukovich in Crimea poco prima della sua elezione a presidente dell’Ucraina, 2010. Keystone / Andriy Mosienko

Najib Razak è primo ministro della Malesia dal 2009 al 2018. Si atteggia a padre della Nazione e istituisce und fondo (1MDB) volto a promuovere lo sviluppo economico e sociale della Malesia e in cui affluiscono miliardi provenienti dai contribuenti. Sei anni più tardi il fondo risulta pesantemente indebitato. 
Nell’autunno del 2015 il Ministero pubblico della Confederazione avvia un’indagine. Parte dei fondi sottratti illecitamente è infatti passata attraverso conti di banche svizzere. 
Nel 2021 Razak viene condannato in Malesia a dodici anni di carcere per corruzione in relazione al fondo sovrano 1MDB. Ha inoltrato ricorso.
Contrariamente ad altri Paesi, la Svizzera non ha ancora restituito alla Malesia i milioni bloccati. 

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Najib Razak durante un’intervista a Langkawi, in Malesia, 2018. Reuters / Edgar Su

Fonti: tra le altre il DFACollegamento esternoE, Public EyeCollegamento esterno e Balz Bruppacher, Die Schatzkammer der Diktatoren, Der Umgang der Schweiz mit Potentatengeldern, NZZ Libro, 2020.



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