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“Il consenso presunto alla donazione di organi non viola il diritto all’autodeterminazione”

Philippe Eckert
Philippe Eckert, direttore generale del Centro ospedaliero universitario vodese (CHUV) dal 2020, ha focalizzato la su carriera sulle cure intensive. Keystone / Sandra Hildebrandt

In Svizzera il tasso di donazione di organi è più basso rispetto a molti Paesi europei. Secondo Philippe Eckert, direttore generale del Centro ospedaliero universitario vodese, se si passasse al modello del consenso presunto, sottoposto a votazione il 15 maggio, per le famiglie dei defunti sarebbe più facile prendere una decisione.

Quasi 1’500 persone sono in attesa di un trapianto di organi, e la lista continua ad allungarsi. Per sopravvivere, queste persone hanno bisogno di un trapianto.

Per cercare di ovviare a questa penuria, il 15 maggio il popolo si esprimerà su una modifica della legge sui trapianti. Attualmente il trapianto è possibile solo se, mentre era ancora in vita, la persona defunta aveva acconsentito a donare gli organi. Il progetto prevede di passare al modello del consenso presunto: chiunque sia contrario a donare gli organi dopo la morte dovrà dichiararlo.

>> Più informazioni sulla modifica della legge sui trapianti:

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Il professor Philippe Eckert, direttore del Centro ospedaliero universitario vodese (CHUV), vanta una lunga esperienza in medicina del trapianto. Ha infatti guidato il servizio di cure intense del CHUV e ha presieduto il Programma latino di donazione di organiCollegamento esterno. Oggi perora la causa della modifica legislativa, per lui indispensabile.

swissinfo.ch: Perché ritiene importante impegnarsi in favore della modifica della legge sui trapianti?

Philippe Eckert: La ragione principale che mi spinge a impegnarmi in questo senso è il fatto che mancano organi per i trapianti e, come conseguenza, ogni anno muoiono dei pazienti. In medicina il trapianto di organi è l’ultima ratio: prima si provano tutte le altre cure possibili.

Ci sono però situazioni dove il trapianto è l’unica soluzione per salvare una vita. Occorre quindi fare tutto il possibile per poter contare su un numero sufficiente di organi. Non c’è bisogno che il 100 % della popolazione sia d’accordo di donare gli organi; se però riuscissimo a raddoppiare i numeri, sulla lista d’attesa figurerebbero molte meno persone.

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Passando al consenso presunto sarà davvero possibile aumentare il numero di donazioni di organi?

Lo dimostrano alcuni esempi. In Francia o nei Paesi Bassi il tasso di donazione di organi è aumentato in maniera significativa da quando è stato adottato il modello del consenso presunto. Tuttavia, è difficile sapere se sia proprio la modifica della legge in sé a produrre questo risultato oppure le campagne d’informazione che accompagnano tale cambiamento.

“Ci sono situazioni dove il trapianto è l’unica soluzione per salvare una vita.”

Philippe Eckert, direttore generale – CHUV

Non si corre il rischio, come teme il comitato referendario, di sottoporre a una pressione eccessiva i familiari, i quali magari si troveranno a dover comunicare che il loro congiunto si rifiuta di donare gli organi?

La mia esperienza professionale mi dice il contrario. Sono più di vent’anni che chiedo alle famiglie se desiderano donare gli organi dei congiunti: il contesto è sempre tragico, poiché i potenziali donatori sono persone in salute decedute improvvisamente, e le famiglie sono sotto shock. Nella maggior parte dei casi, il tema della donazione degli organi non era stato sollevato mentre la persona defunta era ancora in vita. Mi capita sempre più spesso di parlare con famiglie che rinunciano alla donazione perché non sono sicure che questa fosse la volontà del loro congiunto. Risultato: i rifiuti sono quasi il 50 %, mentre in realtà dagli studi si evince che circa l’80% delle persone si dice favorevole alla donazione di organi.

L’obiettivo del consenso presunto, quindi, è di aiutare le famiglie a prendere questa decisione. Potremo rassicurarle dicendo loro: “Mentre era in vita la persona non si è espressa contro la donazione di organi, perciò possiamo partire dal principio che fosse a favore”.

La Commissione nazionale d’etica si schiera piuttosto a favore di un sistema che preveda una dichiarazione obbligatoria, secondo il quale tutti sarebbero chiamati regolarmente a esprimersi in modo favorevole o contrario alla donazione di organi. Questa soluzione forse non terrebbe conto maggiormente del diritto all’autodeterminazione?

Questa opzione ha scatenato molti dibattiti. Si è parlato anche di registrare la volontà della persona sulla patente di guida o sulla tessera dell’assicurazione malattie, idea tuttavia difficile da realizzare. Lo si vede anche con il registroCollegamento esterno di Swisstransplant, che offre la possibilità di esprimersi al riguardo: ovviamente non è obbligatorio iscriversi a tale registro, ma si può già osservare che il suo successo è limitato. Infatti, coloro che si sono proposti come potenziali donatori sono solo 130’000 circa. Il cambiamento di sistema andrà di pari passo con le campagne d’informazione, permettendo a chi non vuole donare gli organi di dichiararlo.

In definitiva, chiunque potrà esprimersi come se vigesse un sistema di dichiarazione obbligatoria. In questo modo, il diritto all’autodeterminazione non è violato. Si sta cercando di far credere alle persone che verranno loro prelevati gli organi senza prima interpellarle, mentre invece non è così.

Nell’insieme, il problema del sistema attuale non è dovuto semplicemente a una mancanza di informazioni?

Lo si potrebbe interpretare anche in questo modo. Tuttavia, sono dieci anni che compiamo sforzi importanti per informare meglio la popolazione. Sono stati fatti sondaggi, campagne d’informazione, ci si è rivolti alla gente; queste iniziative devono continuare, ma da sole non sono sufficienti.

Polonia o Lussemburgo, per esempio, nonostante il consenso presunto fanno registrare un tasso di donazione di organi più basso rispetto alla Svizzera, a riprova che non è il modello a essere determinante.

In effetti il cambiamento a livello legislativo non risolve completamente il problema, ma costituisce un contributo importante alla causa. Non è una misura da adottare in maniera isolata, ma è necessaria se si vuole diminuire il numero di pazienti che muoiono in attesa di un organo. In questo dibattito non va dimenticato l’obiettivo ultimo di tale legge, cioè quello di salvare vite. Va ricordato anche che in Svizzera le persone hanno una probabilità cinque-sei volte maggiore di ricevere un giorno un organo che di donarlo.

Link utili

La nuova legge sui trapiantiCollegamento esterno

Le spiegazioniCollegamento esterno dell’Ufficio federale della sanità pubblica

Il sitoCollegamento esterno del comitato referendario

Il sitoCollegamento esterno dei sostenitori della legge

François Bachmann, vicepresidente del Partito evangelico svizzero, si oppone alla modifica della legge sui trapianti. Ci spiega il perché in un’intervista:

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