Via libera al rafforzamento di Frontex in Svizzera
Niente colpi di scena: l’elettorato svizzero sostiene con decisione il finanziamento di Frontex, l’agenzia europea incaricata di sorvegliare le frontiere esterne d’Europa. I risultati definitivi confermano largamente le aspettative.
La Confederazione svizzera potrà partecipare al progetto di potenziamento di Frontex, l’agenzia europea della guardia di frontiera e costiera che controlla e gestisce i flussi migratori alle porte dello spazio Schengen, di cui fa parte anche la Svizzera. Tale rafforzamento prevede che il contributo finanziario elvetico passi da 24 milioni a 61 milioni di franchi entro il 2027.
Il referendum lanciato contro il potenziamento di Frontex non ha incontrato il favore dell’elettorato. Le percentuali di favorevoli hanno superato le già rosee previsioni e variano dal 77% di Zugo al 63,5% di Ginevra. Il Ticino si situa al penultimo posto con il 66,3% di sì, mentre i Grigioni sono in linea con il risultato nazionale raggiungendo il 72,15% di voti a favore.
Un dato che non sorprende: il campo del “sì” è rimasto in netto vantaggio per tutta la campagna, guadagnando persino terreno, con il 69% delle persone interpellate a favore del finanziamento dell’agenzia e solo il 25% contro, si leggeva nei sondaggi che avevano preceduto le votazioni.
Oltre all’incremento della partecipazione economica, è previsto anche un aumento del personale messo a disposizione dalla Svizzera: entro il 2027, il numero di agenti salirà dall’attuale media di circa sei posti a tempo pieno a un massimo di circa 40 posti.
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Il referendum era stato lanciato da organizzazioni di tutela dei migranti, con il sostegno dell’area rosso-verde. Il campo del “no”, tuttavia, è risultato diviso: i sondaggi hanno infatti messo in evidenza che la maggioranza dell’elettorato socialista e verde era favorevole al rafforzamento di Frontex.
Neppure le organizzazioni di difesa dei migranti si sono schierate compatte a favore del referendum: Amnesty International e l’Organizzazione svizzera per l’aiuto ai rifugiati (OSAR) hanno lasciato libertà di voto. L’Unione democratica di centro (UDC/destra conservatrice), invece, si è schierata questa volta per il “sì”, anche se è sempre stata contraria a Schengen,
Un risultato “vergognoso”
Per il comitato referendario “NoFrontex”, il risultato odierno è una grande delusione. “Questo risultato è deludente e persino vergognoso per un Paese che sostiene di avere uno stato di diritto e una tradizione umanitaria”, ha dichiarato a Keystone-ATS Sophie Guignard, del comitato referendario. “Si tratta in un certo senso di chiudere un occhio su una politica disumana”.
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Ad aver pesato nella votazione è stata soprattutto la minaccia dell’uscita da Schengen, afferma Guignard. Ma anche la promessa di una maggiore protezione dei diritti umani ha giocato un ruolo. “Vorremmo credere a queste promesse, ma facciamo fatica”, ha dichiarato Guignard, dal momento che la Svizzera non sembra finora essersi opposta alle politiche di Frontex.
La consigliera nazionale del Partito socialista (PS) Ada Marra ha riconosciuto la sconfitta ma si è detta soddisfatta di essere riuscita a mettere in evidenza la mancanza di trasparenza di Frontex. “Abbiamo potuto riprendere le discussioni e mostrare il funzionamento di questa istituzione”, ha aggiunto la vodese, ricordando che la sinistra non era contraria a Frontex, ma chiedeva misure di accompagnamento umanitario.
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Le relazioni con l’UE e la sicurezza sono salve
Il comitato per il “sì” al rafforzamento dell’agenzia europea ha invece affermato che la chiara approvazione del popolo per il finanziamento di Frontex è un impegno a favore della sicurezza della Svizzera e del proseguimento della cooperazione con l’Unione europea (UE). “Sono molto soddisfatta e sollevata”, ha dichiarato la consigliera nazionale del Partito liberale radicale (PLR/centro-destra) Maja Riniker, membro della Commissione per la politica di sicurezza, all’agenzia di stampa Keystone-ATS.
Dal 2011 la Svizzera – insieme agli Stati membri dell’UE e a Islanda, Norvegia e Liechtenstein – contribuisce al finanziamento dell’agenzia Frontex, la cui missione è il controllo delle frontiere esterne allo spazio Schengen.
All’interno delle frontiere di Schengen, infatti, vige la libera circolazione delle persone ed è possibile spostarsi da un Paese all’altro senza controlli. Frontex è stata creare nel 2004 per aiutare gli Stati che hanno le proprie frontiere marittime o terresti sul confine esterno d’Europa (come Italia, Grecia, Polonia, Bulgaria) a gestire e controllare i flussi migratori. Lo fa attraverso l’impiego di circa 2’000 agenti di diverse nazionalità, che operano sotto il comando degli Stati nazionali, l’invio di attrezzatura come aerei o navi e il coordinamento delle operazioni via terra o mare.
In seguito alla crisi migratoria del 2015, l’UE ha stabilito nel 2019 di potenziare Frontex, dotandola di più risorse finanziarie e aumentando il personale, con l’obiettivo di creare un corpo permanente di più di 10’000 agenti a guardia delle coste e delle frontiere terrestri.
Anche la Svizzera contribuirà all’aumento di personale, impiegando gradualmente fino al 40 persone a tempo pieno (oggi sono 6), oltre a incrementare le risorse finanziarie destinate all’agenzia.
Attualmente il budget di Frontex supera i 750 milioni di franchi ed è già il più cospicuo di tutte le agenzie europee, ma verrà ulteriormente aumentato nei prossimi cinque anni per permettere le riforme previste, che includono un’assistenza maggiore agli Stati Schengen nelle operazioni di rimpatrio e il rafforzamento della tutela dei diritti fondamentali.
Coloro che hanno promosso il referendum contro la partecipazione svizzera a Frontex – tra cui vi sono l’associazione Migrant Solidarity Network, organizzazioni a sostegno dei migranti, il Partito socialista e dei Verdi – contestano i metodi usati dall’agenzia nella gestione dei flussi migratori, ritenuti violenti e fondati su una politica di isolamento, e denunciano la militarizzazione delle frontiere e la criminalizzazione della migrazione.
Sono numerose infatti le inchieste che hanno coinvolto Frontex per via del respingimento delle persone richiedenti asilo, in violazione della Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati, che garantisce il diritto di chi è perseguitato nel proprio Paese a chiedere asilo all’estero. Gli scandali che hanno toccato l’agenzia europea hanno portato a fine aprile alle dimissioni del direttore Fabrice Leggeri.
Oltre a ciò, il comitato referendario denuncia l’esternalizzazione della gestione delle persone rifugiate in Libia e Turchia, attraverso accordi siglati dall’UE con questi Paesi, e chiede l’istituzione di canali migratori sicuri e rispettosi dei diritti umani.
Chi sostiene il finanziamento a Frontex, come il Consiglio federale (governo) e la maggioranza del Parlamento elvetico, afferma che il potenziamento dell’agenzia rafforzerebbe anche la sicurezza e la gestione dei flussi di migranti in Svizzera.
Dal momento che la Svizzera si trova nel cuore dell’Europa, la cooperazione con gli altri Stati europei è molto importante pure per garantire la libera circolazione all’interno dello spazio Schengen, di cui la Svizzera approfitta. Il fase di campagna, l’esecutivo ha avvertito che in caso di “no” a Frontex, la Confederazione avrebbe rischiato di essere esclusa dallo spazio Schengen e dall’accordo di Dublino, che regola la cooperazione in materia d’asilo.
Il campo del “sì” a Frontex afferma anche che un rafforzamento di Frontex permetterebbe di migliorare la protezione dei diritti fondamentali delle persone migranti e di fermare il traffico di droga, di armi e di esseri umani alle frontiere esterne.
Riniker ritiene che l’elettorato abbiamo compreso l’importanza di non rimanere isolati per implementare una politica di sicurezza efficace. Inoltre ha aggiunto che la cooperazione nell’ambito di Schengen/Dublino ha dimostrato la sua efficacia per diversi anni. Le dimissioni del direttore di Frontex, Fabrice Leggeri, dimostrano che il processo di miglioramento dell’agenzia europea è già in corso, ha affermato Riniker.
“È un bene per la Svizzera che non si siano aggiunte difficoltà nel rapporto con l’Unione europea”, ha dichiarato Damien Cottier, deputato del PLR, ricordando le relazioni già tese tra Berna e Bruxelles dopo la fine dei negoziati per l’accordo quadro. Secondo Cottier un rifiuto del potenziamento di Frontex avrebbe avuto conseguenze legali importanti per la Svizzera, come l’uscita da Schengen e la conseguente esclusione dalla libera circolazione delle persone, e un salvataggio da parte dei Paesi europei sarebbe stato improbabile.
“Continuando a partecipare a Frontex, il nostro Paese può contribuire attivamente affinché l’Agenzia europea della guardia di frontiera migliori il suo lavoro e il rispetto dei diritti fondamentali dei migranti alle frontiere esterne. Il voto di oggi rappresenta anche un’opportunità per sedersi di nuovo al tavolo con l’UE”, si legge nel comunicato di economisuisse. L’associazione mantello delle imprese svizzere auspica che si prosegua con una “politica europea costruttiva” per risolvere al più presto l’impasse con Bruxelles.
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La Svizzera deve ora impegnarsi di più per la protezione dei diritti dei e delle migranti
La Svizzera ha ora il compito di intensificare l’impegno per la protezione dei diritti fondamentali alle frontiere esterne dell’UE, secondo l’Organizzazione svizzera di aiuto ai rifugiati (OSAR). L’OSAR, che non si era schierata in questa votazione, ritiene che le critiche mosse dal comitato per il “no” a Frontex siano giustificate dalle violazioni dei diritti umani alle porte di Schengen e dalle deportazioni illegali di cui l’agenzia europea è stata protagonista e che secondo l’organizzazione elvetica sono “semplicemente inaccettabili”.
Ora l’UE deve sfruttare le dimissioni di Leggeri per dare una nuova impronta all’agenzia e per garantire che le persone in cerca di protezioni possano depositare una domanda d’asilo in Europa in qualsiasi momento.
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