Il virus non ha fermato i giovani attivisti per il clima
Un film fa luce sul movimento degli scioperi per il clima in Svizzera. Proprio questa settimana gli attivisti si riuniscono per riorganizzarsi. I registi svizzeri Adrien Bordone e Bastien Bösiger raccontano l'impegno climatico di cinque giovani: le origini, le difficoltà e le speranze. E di come la lotta non si è fermata nemmeno durante la crisi Covid-19.
“Penso a tutte le mie azioni e mi chiedo qual è la cosa migliore per l’ambiente. Ho una paura tremenda di rovinare il nostro pianeta”, afferma la diciassettenne Jeanne per descrivere il terrore in cui vive. Ma questo stato d’ansia non la blocca, al contrario, le dà l’impulso per moltiplicare le forze a favore di una causa che costituisce il fondamento del suo impegno.
Il film dei registi svizzeri Adrien Bordone e Bastien Bösiger dà voce proprio all’energia che ha spinto migliaia di adolescenti nel mondo intero a partecipare allo sciopero per il clima, un movimento lanciato dalla giovane attivista ambientale Greta Thunberg.
Nel film “Plus chauds que le climatCollegamento esterno“, la lotta planetaria che ha segnato il 2019 è impersonata da Jeanne, Mark, Nina, Léa e Fabio. La telecamera segue i cinque giovani che si impegnano nel movimento a Bienne, città bilingue sulla frontiera tra la parte tedesca e quella francese della Svizzera. La pellicola offre uno squarcio sull’universo di questi giovani, condivide le loro speranze e dubbi e ne svela le motivazioni più profonde.
Durante un incontro con Jeanne, il caso vuole che i registi possano accompagnarla a un incontro del movimento. “Siamo rimasti sorpresi e toccati dalla serietà e dalla convinzione con cui i giovani si impegnavano. Ripensandoci noi non eravamo per niente così a 17 anni”, racconta Adrien Bordone. I due registi restano affascinati dalla tenacia dei giovani attivisti e decidono così di portare il loro quotidiano sullo schermo seguendoli.
“Fanno veramente dei sacrifici”
Una delle critiche mosse alla generazione Greta è la mancanza di coerenza nel rispecchiare nella realtà e nel modo di vivere i concetti espressi. I due registi non hanno avuto questa impressione. Bordone afferma invece di essere rimasto impressionato dalla fermezza dei scioperanti: “fanno veramente sacrifici. Un giorno sono andato a pranzo alla mensa del liceo con una delle attiviste. Siccome nel menu non c’era nulla che soddisfacesse i requisiti ecologici che si era prefissata, ha deciso di mangiare solo pane”.
Per gli attivisti è impensabile prendere l’aereo per andare un fine settimana a Barcellona oppure farsi un panino al volo in un fast-food. Alcuni optano per un’alimentazione vegetariana o vegana. Cercano di ridurre al massimo i loro consumi acquistando, tra l’altro, vestiti di seconda mano. “Ho scoperto dei mercatini delle pulci e mi sono reso conto dell’assurdità del continuare a vestirsi con abiti nuovi”, confessa il regista. È vero che la maggior parte di loro studia e dunque dispone di pochi mezzi. “Eppure riflettono veramente su come investire i pochi soldi di cui dispongono”, osserva Adrien Bordone.
“Se tutti fossero consapevoli di quello che ci sta succedendo, non avremmo problemi, tutti sarebbero nel mio stato d’ansia e agirebbero. Non è possibile esserne consapevoli e allo stesso tempo dirsi che la situazione non è seria”, sostiene Jeanne. Mentre molti dei loro coetanei ignorano i fatti, i giovani attivisti fanno prova di lucidità sull’urgenza di rallentare il riscaldamento climatico. “Vivono nella speranza di poter cambiare le cose. Una speranza che si perde velocemente quando si invecchia”, osserva il regista.
Le loro rivendicazioni non piacciono a tutti, anzi, per alcuni sono molto fastidiose. “Sono dei giovani di 17 anni che ci sbattono la verità in faccia. Molti adulti fanno fatica a sopportarla e per questo sono critici nei loro confronti”, pensa Bordone.
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Rallentamenti e confinamento
L’obiettivo dei giovani attivisti, gridato nelle strade di Parigi, Stoccolma, Losanna o Bienne, è di ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra a zero entro il 2030. Centinaia di adolescenti prendono d’assalto i centri urbani scandendo slogan accattivanti, spalla a spalla, senza mascherine né rispettando la distanza sociale. Immagini che fino a un anno fa erano quasi banali, ma che oggi sembrano appartenere a un’epoca passata.
“Sono dei giovani di 17 anni che ci sbattono la verità in faccia. Molti adulti fanno fatica a sopportarla e per questo sono critici nei loro confronti”
Adrien Bordone, regista
Nell’autunno del 2019 il movimento sembra soffrire di un primo rallentamento. Eppure i scioperanti per il clima sono riusciti ad aprire una breccia: le elezioni federali svizzere segnano una netta progressione degli ecologisti e diverse città, tra cui Bienne, dichiarano lo stato di emergenza climatica. “Ma non basta, non siamo riusciti a cambiare il mondo. Non siamo nemmeno riusciti a cambiare la Svizzera. Dobbiamo perseverare”, sostiene Fabio, un altro ragazzo del gruppo biennese.
“Agli albori di un movimento c’è un certo grado di spontaneità. La spinta viene dalla voglia di uscire in strada. Poi occorre una struttura e bisogna trasformare l’energia iniziale in qualcosa di più duraturo”, constata Bordone. Arriva il colpo di scena della primavera 2020: un’altra crisi si impone su tutte le altre, il coronavirus. Tutto si ferma praticamente da un giorno all’altro. Niente più auto per strada, aerei in cielo, chiuse le scuole e soprattutto niente più manifestazioni pubbliche.
Come reinventare la lotta
Il movimento deve usare altri canali. Confinati nelle loro stanze, gli attivisti sognano un modo più consapevole grazie alla crisi sanitaria. Se è possibile fermare il corso della vita senza preavviso per proteggersi da un virus, non è anche pensabile cambiare le abitudini per proteggere la nostra terra? Di nuovo la disillusione aspetta dietro l’angolo. “Non è successo niente. Le persone vogliono tornare a quanto avevano prima anche se sappiamo che non funziona”, deplora Jeanne, con gli occhi lucidi.
“È vero che il confinamento ha fermato ogni tipo di manifestazione, ma la voglia di cambiamenti, le idee e l’energia sono molto presenti nei giovani”, afferma il regista. Una grande parte degli attivisti ha deciso di impegnarsi politicamente per difendere la causa. “Si sono resi conto che hanno il potere di cambiare le cose anche su questo livello”, osserva Bordone. Alcuni sono tentati di aggregarsi a movimenti più radicali, come l’Extinction Rebellion che rivendica l’uso della disobbedienza civile non violenta per incitare i governi all’azione.
Diversi movimenti svizzeri per il clima sono d’accordo sul fatto che gli scioperi non bastano più. Nella settimana tra il 20 e il 25 settembre 2020 organizzano una “disobbedienza civile non violenta e di massa” che permetterà loro di pianificare la continuazione delle azioni.
“Ho l’impressione che è stato tirato il campanello d’allarme, ma le persone che si sono davvero svegliate sono ancora troppo poche”, conclude Nina nel film.
Traduzione di Michela Montalbetti
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