Le organizzazioni più – o meno – apprezzate dagli svizzeri
Ogni anno l’Università di San Gallo pubblica una sorta di “Atlante del bene comune” (Gemeinwohl-Atlas), in cui traccia un quadro delle organizzazioni e delle imprese considerate più utili alla società. Questi i risultati del 2017.
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La Svizzera ha molte sfaccettature e ognuno racconta innumerevoli storie. Mi interessa questo Paese per la sua varietà. Racconto con piacere della sua agricoltura e delle sue banche, di diplomazia e di lotta svizzera, ma anche delle sue eccellenze industriali e culturali.
Specializzata nelle operazioni di salvataggio in montagna e nel rimpatrio di feriti e malati dall’estero, la RegaCollegamento esterno (Servizio di soccorso aereo svizzero) è l’organizzazione più apprezzata dal popolo elvetico. Seguono cinque organizzazioni non a scopo di lucro, che operano in particolare nel settore sanitario. In fondo alla classifica troviamo invece la rete di stazioni di servizio Tamoil, un tempo in mano libica, e le federazioni calcistiche Uefa e Fifa, che devono sempre più far fronte a un chiaro problema di immagine.
Quest’anno il Center for Leadership and Values in Society dell’Università di San GalloCollegamento esterno ha intervistato 14’502 persone residenti in Svizzera, di età compresa tra i 18 e i 92 anni. Sulla base di un elenco delle imprese e organizzazioni più importanti e conosciute del paese, i partecipanti al sondaggio hanno dovuto indicare – attribuendo un punteggio da 1 a 6 – quelle che contribuiscono maggiormente o in misura minore al bene comune del paese. Per l’inchiesta sono state prese in considerazione questioni specifiche, come il contributo alla qualità della vita e alla coesione nazionale, la qualità dei servizi forniti e il comportamento in generale.
Tenendo conto dei risultati è sorprendente notare il buon piazzamento nella classifica delle catene di vendita al dettaglio, a cominciare dalla Migros, giunta all’11esimo rango, davanti a Volg (16), Landi (17) e Coop (22). Sul fronte dei media, la radiotelevisione pubblica svizzero-tedesca SRF si colloca in 18esima posizione e precede i quotidiani Neue Zürcher Zeitung (30) e Tages-Anzeiger (42). La Chiesa Riformata figura al 18esimo posto, mentre quella cattolica si piazza solo al 66esimo rango. Anche l’esercito svizzero gode di una discreta valutazione, classificandosi in 38esima posizione, mentre Rolex (70), Google (76), Apple (79) e Nestlé (81) si trovano nettamente nella parte bassa della classifica.
La lista impiegata per l’inchiesta comprendeva tutte le società quotate nello SMI, il principale indice della borsa valori svizzera, nonché le 50 maggiori società svizzere per fatturato, 11 dei marchi più noti al mondo, le 15 maggiori banche, le 7 maggiori compagnie di assicurazione e le 17 maggiori imprese familiari. Sono stati presi in considerazione anche i media più importanti, le associazioni e le organizzazioni del settore pubblico.
Traduzione di Armando Mombelli
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Le Nazioni Unite hanno proclamato il 2012 anno internazionale delle cooperative. Un modo per valorizzare un modello economico alternativo che cerca di combinare produttività e responsabilità sociale. E in tempo di crisi, le cooperative potrebbero vivere una seconda gioventù.
Nate a metà del XIX secolo in Gran Bretagna, sotto la spinta delle tensioni innescate dalla rivoluzione industriale, oggi le cooperative riuniscono oltre un miliardo di membri sparsi in tutto il mondo e danno lavoro a più di 100 milioni di persone.
Negli ultimi anni, la loro cifra d'affari ha superato i 1'000 miliardi di euro, in settori diversi come l'industria, il commercio, l'agricoltura, le banche o le assicurazioni. Attività che spaziano dai campi di cacao nel Sud del mondo, alle squadre di calcio come l'FC Barcellona, ma non mancano esempi più curiosi come i cacciatori di serpenti in India o i produttori di parmigiano in Italia.
In Svizzera si contano oltre 9'600 cooperative. Solo per citare un esempio, oltre la metà della popolazione è socia di Coop o Migros, che da sole detengono più del 50% della parte di mercato del commercio al dettaglio. E poi c'è la Banca Raiffeisen, con i suoi 1,7 milioni di soci, l'assicurazione Mobiliare, il gruppo agricolo Fenaco e così via.
Un 2012 all'insegna delle cooperative
Un fenomeno imponente, dunque, quello delle cooperative. Ma di cosa si tratta esattamente? Ce lo spiega Emmanuel Kamdem, esperto di cooperative presso l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIT). «Quando delle persone si uniscono per creare ricchezza su una base democratica e questa ricchezza viene ridistribuita in modo equo, allora siamo in presenza di una cooperativa».
Le cooperative non sono un semplice fenomeno economico, dunque, ma una scelta di campo, un modello imprenditoriale specifico fondato su valori come la democrazia, l'uguaglianza, la solidarietà e la mutualità. «È un modello che riunisce logica di mercato e inclusione sociale, mettendo la solidarietà al centro dell'interesse. Certo, la generazione di un utile economico resta una condizione operativa da rispettare per garantire la crescita sociale ed economica dei soci, ma lo scopo non è la massimizzazione del profitto».
Se l'assenza di capitali di base e la suddivisione del potere restano i principali freni allo sviluppo di queste imprese sostenibili, il loro potenziale è lungi dall'essere pienamente sfruttato, commenta Emmanuel Kamdem. «L'obiettivo dell'ONU per il 2012 è quello di promuovere la creazione e lo sviluppo di questo modello, che negli ultimi anni sta attirando sempre più interesse da parte di economisti e imprenditori».
Ma la campagna mette l'accento anche sugli stessi membri delle cooperative, rei di aver scordato i principi fondatori di queste comunità. «Le cooperative troppo grandi tendono a dimenticare il ruolo di formazione ed educazione che spetta loro, e i soci non sono sempre consapevoli dei loro diritti e doveri. È una lacuna che dovrà essere colmata».
Piccoli produttori crescono
Se le cooperative economicamente più redditizie sono concentrate nei paesi industrializzati come Francia, Stati Uniti, Germania, Paesi Bassi e Italia, negli ultimi cinquant'anni questo modello si è sviluppato soprattutto nei paesi del Sud del mondo.
«L'associazione di piccoli produttori è uno strumento fondamentale di democratizzazione e permette alle popolazioni più povere di partecipare alla creazione del loro futuro», spiega Hans-Peter Egler, della divisione Cooperazione e sviluppo economico della SECO (Segreteria di Stato dell'economia). «Spesso, prosegue il responsabile della promozione commerciale, un singolo individuo non ha i mezzi per farsi ascoltare. Per questo le cooperative svolgono un ruolo importante nel dar voce ai piccoli produttori, permettendo loro di proteggersi contro la concorrenza delle multinazionali».
Per Hans-Peter Egler, l'esempio più emblematico è forse quello del commercio equo, la cui produzione viene garantita per il 75% proprio da cooperative e il cui fatturato in Svizzera ha raggiunto i 316 milioni di franchi nel 2010. «Prodotti come caffè, cacao o cotone vengono coltivati esclusivamente in piccole cooperative agricole, dove i contadini hanno la possibilità di seguire formazioni a lungo termine, di imparare a tutelare i propri interessi e a trasmettere poi queste conoscenze agli altri membri della comunità. E, ironia della sorte, questi prodotti vengono poi rivenduti in Svizzera proprio dalle più grandi cooperative, Coop e Migros. È un cerchio che si chiude».
Un capitalismo sociale
Secondo l'OIT, a livello mondiale le cooperative garantiscono il 20% di impieghi in più rispetto alle multinazionali e in paesi come la Svizzera rappresentano il principale datore di lavoro nel settore privato.
«Le cooperative hanno inoltre superato meglio la crisi finanziaria del 2008-2009 rispetto agli altri istituti bancari» sottolinea ancora l'esperto dell'OIT Emmanuel Kamdem. «E questo perché i membri sono allo stesso tempo clienti e proprietari, ed esercitano così un controllo maggiore. Senza contare che hanno uguale diritto di voto, indipendentemente dalla quota di capitale detenuta, e il loro margine di manovra è quindi diverso».
Sullo sfondo di questa nuova crisi, che sta mettendo a dura prova i paesi della zona euro, Emmanuel Kamdem ritiene «inevitabile» un ritorno a un modello cooperativista, più democratico, centrato sull'economia reale e soprattutto in grado di adattarsi ai bisogni dei paesi industrializzati come di quelli in via di sviluppo.
L'anno delle cooperative
Le Nazioni Unite hanno dichiarato il 2012 anno internazionale delle cooperative come «un riconoscimento del ruolo fondamentale che queste realtà giocano nella promozione dello sviluppo socio-economico di centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, soprattutto in periodi di crisi economica».
La cooperativa è un'associazione di persone che si riuniscono per raggiungere uno scopo economico, sociale e culturale comune, e soddisfare le proprie aspirazioni attraverso la creazione di un'impresa a proprietà collettiva e controllata in modo democratico.
Tutti i membri di una cooperativa hanno uguale diritto di voto (un socio = un voto).
Le cooperative si fondano sui valori dell'autosufficienza, dell'auto-responsabilità, della democrazia, dell'uguaglianza, dell'equità e della solidarietà.
Nel mondo si contano oltre un miliardo di soci di cooperative, le quali danno lavoro a circa 100 milioni di persone.
Negli ultimi anni, la loro cifra d'affari ha sfiorato i 1'000 miliardi di euro, garantendo la sopravvivenza di tre miliardi di persone.
In Svizzera vi sono oltre 9'600 cooperative, di cui quasi 500 hanno una cifra d'affari maggiore al miliardo.
Tra quelle più note vi sono i giganti del commercio al dettaglio Coop e Migros, la banca Raiffeisen, la cassa svizzera di viaggio Reka, Swisslos, l'assicurazione Mobiliare e la cooperativa per il car-sharing Mobility.
Lo sapevate che....
Lo champagne è prodotto quasi esclusivamente da cooperative;
L'80% dell'olio di oliva spagnolo viene realizzato da cooperative;
75% dei prodotti del commercio equo sono fatti da piccoli produttori di cooperative;
Circa il 90% del parmigiano in Italia è prodotto ogni giorno da persone che fanno parte di una cooperativa.
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