“Nessun Paese ha raggiunto uno sviluppo umano molto elevato senza mettere a dura prova il pianeta”
Il nuovo Rapporto dell'ONU sullo sviluppo umano, che misura il livello di benessere dell'umanità, considera per la prima volta l'impatto ambientale sul pianeta. Nessun Paese, nemmeno la Svizzera, tra le nazioni con l'Indice di sviluppo umano più elevato al mondo, sta prosperando in modo sostenibile, afferma il responsabile del rapporto Pedro Conceição. Intervista.
La pandemia di coronavirus è la crisi più recente che il pianeta deve affrontare Ma se gli esseri umani non allenteranno la loro morsa sulla natura, non sarà l’ultima. Ad affermarlo è il Rapporto sullo sviluppo umano 2020 pubblicato martedì dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP), che per la prima volta tiene conto delle emissioni di CO2 e dell’impronta materiale nella sua definizione di progresso.
Il Rapporto sullo sviluppo umanoCollegamento esterno è pubblicato ogni anno dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP). Include l’Indice di sviluppo umano, che misura il benessere di un Paese sulla base di tre dimensioni: sanità (speranza di vita), livello di istruzione e reddito (Prodotto interno lordo pro capite).
Ne abbiamo parlato con Pedro Conceição, funzionario dell’ONU e responsabile del rapporto, che abbiamo raggiunto via Skype nel suo ufficio a New York.
swissinfo.ch: Quali sono le conclusioni del rapporto che la colpiscono maggiormente?
Pedro Conceição: Ci sono due cose che mi hanno davvero sorpreso. La prima è legata alla nuova realtà con cui siamo confrontati in quanto umanità. Essa non ha precedenti nella nostra storia e neppure nella storia del pianeta. Non penso solo al cambiamento climatico, ma anche alla perdita di biodiversità e allo sfruttamento dei materiali. Le implicazioni di tali mutazioni sono talmente drammatiche che gli scienziati parlano di una nuova era geologica, l’Antropocene.
La seconda cosa che mi ha colpito riguarda le disparità. L’attività umana esercita pressione sul pianeta, ma non tutti contribuiscono allo stesso modo e anche le implicazioni sono diverse. A subire le conseguenze sono soprattutto coloro che non hanno inquinato o sfruttato le risorse del pianeta. I più vulnerabili sono quelli che soffrono maggiormente.
In che modo la pandemia di coronavirus influisce sullo sviluppo umano nel mondo?
Non conosciamo ancora le origini esatte del nuovo coronavirus, ma sappiamo che c’è stato un aumento del numero di malattie zoonotiche e questo incremento è legato alla pressione che esercitiamo sulla natura e sul pianeta.
La Covid-19 ha importanti implicazioni sulle disuguaglianze, ad esempio sulle disparità di genere: le donne soffrono più degli uomini. Inoltre, va a toccare tutti e tre gli elementi costitutivi dell’Indice di sviluppo umano (HDICollegamento esterno) e questo quasi ovunque nel mondo.
“Siamo confrontati con una nuova realtà che non ha precedenti nella storia del pianeta.”
Il coronavirus ha ripercussioni sulla salute, non solo direttamente, ma anche indirettamente, siccome mette sotto pressione i sistemi sanitari. I tassi di immunizzazione in molti Paesi in via di sviluppo stanno diminuendo, ciò che potrebbe portare a un aumento della mortalità infantile. Inoltre, sappiamo che il rallentamento dell’economia incide negativamente sui redditi.
E infine anche l’istruzione ne soffre: molti bambini nel mondo possono continuare ad avere un’istruzione a patto di avere un computer, elettricità e una connessione Internet. Nei Paesi con un indice HDI basso, l’86% dei bambini non dispone di queste condizioni ed è di fatto escluso dalla scuola. Il tasso è del 20% nei Paesi con indici molto elevati.
Per la prima volta, il rapporto tiene conto anche dell’impronta materiale dei vari Paesi. In che modo questo criterio modifica il ranking globale dell’Indice di sviluppo umano?
Come 30 anni fa, il progresso è associato a un’espansione dello sviluppo umano. Tuttavia, non possiamo trascurare la pressione che esercitiamo sul pianeta e per questo abbiamo incluso un nuovo indice, detto PHDI, che tiene conto delle emissioni di CO2 e dell’impronta materiale.
La constatazione principale è che attualmente nessun Paese ha raggiunto uno sviluppo umano molto elevato senza mettere a dura prova il pianeta. Osserviamo un forte divario tra i due indici nei Paesi che ricorrono ai combustibili fossili per il loro approvvigionamento energetico.
Ci sono comunque dei Paesi, tra cui Costa Rica, Panama e Moldavia, che presentano un HDI elevato, senza per questo esercitare una pressione eccessiva sul pianeta. È un messaggio importante: è possibile avere un indice di sviluppo umano elevato e un impatto sul pianeta contenuto.
La Svizzera era seconda nel ranking HDI del 2019, preceduta solo dalla Norvegia. Sulla base del nuovo indice ambientale, può ancora essere considerata un modello da seguire?
La differenza tra i due indici non è eccessiva per la Svizzera. Ciò lascia presupporre che la Svizzera sia già sulla via verso un utilizzo meno intensivo dei combustibili fossili per la propria energia. Ciononostante, non possiamo parlare di modelli siccome nessun Paese sta agendo nel modo in cui dovrebbe.
Durante l’ultimo vertice del G20, la presidente della Confederazione Simonetta Sommaruga ha invitato i Paesi industrializzati ad adottare dei piani di ripresa postpandemica più sostenibili. Stiamo andando nella giusta direzione?
Tutti possono decidere come distribuire le risorse messe a disposizione per il rilancio: possiamo consolidare le pratiche che esercitano forte pressione sul pianeta oppure investire nel futuro. Sappiamo che l’attuale modo di consumare e di produrre non è in linea con le nostre ambizioni. Se non cambiamo, quello che stiamo vivendo ora con la Covid-19 diventerà la norma.
Sono però stati presi degli impegni, dall’Unione europea, dalla Cina, dal Giappone e anche dalla Svizzera, per raggiungere un obiettivo di zero emissioni nette. Ciò è incoraggiante, anche se le ambizioni vanno aumentate.
Il primo Rapporto sullo sviluppo umano è stato pubblicato nel 1990. Quali tendenze previste 30 anni fa si sono poi confermate?
Più che fare previsioni, il rapporto ha voluto modificare la prospettiva dello sviluppo. La prima edizione ha affermato che al centro dello sviluppo ci deve essere l’essere umano e non l’economia. Questa riformulazione ha contribuito a galvanizzare approcci diversi per perseguire lo sviluppo.
Il primo rapporto ha introdotto l’Indice di sviluppo umano, che sebbene includa un indicatore relativo al reddito, lo combina coi progressi ottenuti nei campi della sanità e dell’istruzione. È un modo per contrastare la percezione secondo cui lo sviluppo debba essere misurato dal Prodotto interno lordo.
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