Alle casse pensioni non piace il commercio di armi, ma nemmeno i divieti
Quanto sono sostenibili gli investimenti realizzati dalle casse pensioni svizzere con i fondi previdenziali dei loro assicurati? E come si svolgono le cose all'estero? Inchiesta.
Quando a fine novembre la Svizzera voterà sul divieto di finanziare i produttori di materiale bellico, anche le casse pensioni seguiranno lo scrutinio con grande interesse.
Tra i maggiori investitori in Svizzera con un patrimonio di circa mille miliardi di franchi, le casse pensioni sarebbero particolarmente colpite da un ‘sì’ alle urne. E con loro anche migliaia di assicurati il cui patrimonio è in parte costituito dal fondo di previdenza professionale, il cosiddetto ‘secondo pilastro’ del sistema previdenziale in Svizzera.
L’iniziativa popolare ‘Per il divieto di finanziare i produttori di materiale bellico’ vuole tagliare i fondi all’industria degli armamenti. La Banca nazionale svizzera (BNS), le assicurazioni statali per la vecchiaia (AVS) e l’invalidità (AI), le casse pensioni e le fondazioni con sede in Svizzera non potrebbero più finanziare le imprese interessate, né mediante crediti o prestiti né sotto forma di una partecipazione.
Secondo il testo dell’iniziativa, le aziende che realizzano almeno il 5 per cento del loro fatturato annuale con le armi sono considerate dei produttori di materiale bellico. Questo include armi, munizioni, attrezzature militari e singole componenti che non vengono utilizzate per scopi civili. Sono escluse le armi sportive e da caccia e le loro munizioni.
Il divieto non riguarda i privati, le banche e le assicurazioni. L’iniziativa prevede tuttavia che il governo federale s’impegni a livello nazionale e internazionale per garantire che condizioni analoghe vengano applicate anche alle banche e alle compagnie assicurative.
Già oggi, gli istituti di previdenza sono restii a investire nel settore degli armamenti. È quanto emerge da un sondaggio condotto da swissinfo.ch presso le casse pensioni svizzere, a cui hanno partecipato – in forma anonima – undici dei principali istituti.
Otto hanno affermato di non investire nei produttori delle cosiddette armi controverse. Gli altri tre non hanno fornito alcuna informazione al riguardo. Le armi controverse comprendono le bombe a grappolo, le mine antiuomo e le armi di distruzione di massa.
“L’impatto sui costi amministrativi sarebbe minimo”
Ciononostante, nessuno degli istituti di previdenza che abbiamo contattato si è espresso a favore dell’iniziativa popolare. La maggior parte non ha preso posizione e quattro casse pensioni raccomandano di respingerla. Una delle preoccupazioni principali è che in caso di un ‘sì’ le possibilità di diversificazione risulterebbero limitate, con un conseguente aumento del rischio di investimento.
Inoltre, diversi istituti sostengono che i costi amministrativi aumenterebbero in maniera considerevole. Altri invece affermano il contrario: “L’impatto sui costi amministrativi sarebbe minimo”, indica uno di essi. Tre casse pensioni forniscono una stima concreta dei costi aggiuntivi: l’incremento sarà dello 0,01 per cento.
Gli oppositori sostengono che l’iniziativa non può essere attuata. Un’opinione che è solo in parte condivisa dagli istituti che hanno partecipato al nostro sondaggio: quattro sono d’accordo, mentre cinque ritengono che un’attuazione sia possibile. Una cassa pensione scrive che la sua politica d’investimento soddisfa già i requisiti previsti dall’iniziativa.
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Le armi sono solo uno dei molteplici aspetti
La questione su cui vota la Svizzera alla fine di novembre è solo una delle tante nel vasto campo degli investimenti sostenibili o etici. Rifiutarsi di investire nel settore delle armi fa parte della responsabilità sociale che un investitore può assumersi. La responsabilità sociale, a sua volta, è una delle tre dimensioni dell’investimento sostenibile accanto all’ambiente e alla gestione aziendale. In sintesi, si parla dei criteri ESG (Environmental, Social, Governance).
Tutte la casse pensioni che hanno partecipato al sondaggio hanno dichiarato di applicare i criteri ESG nei loro processi di investimento. Per farlo usano una grande varietà di mezzi. Il più comune è l’esclusione di alcuni settori o società. Più della metà degli istituti ha inoltre affermato di procedere ai cosiddetti investimenti a impatto sociale (Impact Investing): non solo garantiscono di non arrecare danni, ma contribuiscono anche a creare un impatto positivo.
“In Svizzera esiste una legge che vieta il finanziamento delle armi controverse.”
Tamara Hardegger, Associazione svizzera per gli investimenti responsabili
Cinque anni fa, alcuni grandi istituti previdenziali hanno creato l’Associazione svizzera per gli investimenti responsabili (ASIR). Il suo scopo è di cercare il dialogo con le aziende che commettono gravi violazioni dei valori ESG, ad esempio nel campo dei diritti umani. Attualmente l’associazione è in contatto con circa 160 aziende in tutto il mondo, afferma l’amministratrice delegata Tamara Hardegger.
L’ASIR pubblica anche una lista nera delle aziende di armamento che producono armi controverse. Tra queste ci sono società quali Lockheed Martin e Tata Power. L’elenco è pubblico e può essere utilizzato anche dalle casse pensioni più piccole. Tamara Hardegger sostiene che oggi è praticamente prassi comune tra le casse pensioni svizzere escludere i produttori di armi controverse. “Dopotutto, in Svizzera esiste una legge che vieta il finanziamento di tali armi”, sottolinea.
Istituti previdenziali americani in ritardo
In tutta Europa, le considerazioni sulla sostenibilità degli investimenti sono diventate la norma per le casse pensioni. È la conclusione a cui giunge una valutazione di 927 istituti previdenziali realizzata dalla società di consulenza Mercer. Secondo lo studio, l’89 per cento delle casse pensioni tiene conto della sostenibilità nelle decisioni d’investimento. Un anno prima, la quota era solo del 55 per cento.
Tuttavia, solo il 14 per cento delle casse pensioni interrogate da Mercer dispone di un piano d’investimento sostenibile completo. A titolo di paragone, secondo l’ultimo studio di Swisscanto, quasi un terzo del patrimonio previdenziale in Svizzera viene investito secondo i criteri ESG. Se da un lato le piccole casse pensioni non hanno finora quasi mai adottato dei piani d’investimento sostenibili, dall’altro questa pratica è molto diffusa tra quelle con un patrimonio in gestione di oltre 1 miliardo di franchi.
La situazione è diversa negli Stati Uniti. Nel 2018, in un sondaggio condotto dai consulenti d’investimento NEPC, solo il 10% circa degli istituti previdenziali nordamericani ha dichiarato che avrebbe tenuto conto delle considerazioni ESG. Più di un quarto aveva detto di non essere interessato all’argomento.
Negli ultimi due anni sono successe così tante cose in questo settore che non è naturalmente del tutto corretto confrontare i dati statunitensi del 2018 con i dati attuali dell’Europa. Tuttavia, il sondaggio di Mercer del 2018 mostra che in quel momento il 40% delle casse pensione in Europa stava già considerando i criteri di sostenibilità ESG.
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Principalmente per ragioni di rischio
Non è però per puro altruismo e per amore della natura e degli esseri umani che le casse pensioni hanno modificato le loro pratiche. Stando a Mercer, l’85% di esse ha affermato che avrebbe tenuto conto dei criteri ESG a causa dei requisiti normativi. Il 51% lo fa per ridurre al minimo i rischi finanziari e il 40% teme che danneggerebbe la propria immagine se ignorasse i criteri di sostenibilità.
Degli undici istituti previdenziali svizzeri che abbiamo contattato, cinque hanno dichiarato di aver applicato i criteri ESG per convinzione. In altre parole, per contribuire a un mondo migliore. Ma anche in Svizzera, come emerge dal nostro sondaggio (non rappresentativo), le considerazioni relative ai rischi finanziari sembrano essere predominanti.
L’esempio seguente illustra perché può essere rischioso trascurare i criteri ESG: un investitore acquista azioni di una miniera di carbone perché ritiene che le riserve di carbone abbiano un certo valore corrente. Trascura però il fatto che sempre meno carbone viene bruciato a causa dei dibattiti sul clima e dei divieti di ricorrere a questa fonte di energia previsti da alcuni Stati. Il valore della riserva di carbone si riduce e l’investitore perde denaro.
Questo può essere applicato anche ai produttori di armi: se, ad esempio, un numero sempre maggiore di investitori effettua investimenti sostenibili, la domanda di azioni di società di armamenti diminuisce e quindi i prezzi scendono. Questo è probabilmente uno dei motivi per cui quattro casse pensioni svizzere hanno risposto di aver già escluso l’industria degli armamenti dai loro investimenti.
Traduzione dal tedesco: Luigi Jorio
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