Start-up svizzera sviluppa il primo wifi sottomarino
Dopo aver messo a punto droni autonomi per eseguire studi scientifici e ispezioni nei laghi e nei mari, la società Hydromea ha creato la prima rete di collegamenti wifi sottomarini. Il modem utilizza raggi luminosi per tramettere i dati e teleguidare i robot, senza cavi.
“Oggi, con i satelliti, possiamo seguire facilmente ciò che si trova o si muove sulla superficie della Terra. Possiamo, ad esempio, osservare attentamente lo sviluppo delle foreste in un paese o i movimenti del traffico stradale. Ma se vogliamo sapere cosa vi è nei laghi o nei mari, allora le cose si fanno molto più complicate”, osserva Alexander Bahr, direttore operativo di Hydromea.
L’immenso mondo che si trova al di sotto delle superfici marine e lacustri sfugge all’osservazione satellitare, che consente di raccogliere immagini di interi emisferi e di ritrasmetterle al suolo in tempo reale. Per studiare la vita sott’acqua sono tuttora necessari mezzi molto dispendiosi in termini di tempo e di denaro, spiega l’ingegnere elettronico.
“Ancora attualmente, per il monitoraggio di laghi e mari bisogna recarsi sul posto con un battello. Generalmente si immerge una sonda con un cavo in profondità e si riesce ad avere una misurazione in un punto preciso. Le informazioni raccolte sono quindi molto limitate e frammentarie”.
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Studi scientifici e ispezioni
Appassionato di mari e robotica, il tedesco Alexander Bahr aveva già cominciato quasi una ventina di anni fa in Australia a progettare un primo prototipo di drone in grado di muoversi sott’acqua. Un progetto ripreso poi in mano in Svizzera, dove era giunto per una ricerca post-dottorato al Politecnico federale di Losanna (EPFL). Nel 2014, assieme all’ingegnere informatico tedesco Felix Schill, arrivato a sua volta all’EPFL per un post-doc, ha quindi creato la start-up Hydromea con lo scopo di portare sul mercato i robot sottomarini.
Questi droni di una settantina di centimetri di lunghezza, interamente concepiti nel loro laboratorio, sono in grado di muoversi fino a circa 300 metri di profondità con un’autonomia di 6 ore. L’obbiettivo iniziale dei due ricercatori era di proporli a università, centri di ricerca e imprese per raccogliere dati di vario tipo, ad esempio per misurare temperatura, ossigeno, torbidità, acidità o salinità dell’acqua, come pure le concentrazioni di clorofilla, alghe, batteri o sostanze inquinanti.
Guida senza fili
Il progetto iniziale della start-up basata a Renens, nei pressi di Losanna, non prevedeva di far ricorso ad un solo apparecchio per queste operazioni, ma addirittura ad una squadra di diversi droni, in modo da fornire immagini in 3 dimensioni con le telecamere e raccogliere dati in diversi punti e allo stesso momento con i sensori.
“L’acqua, con le sue correnti e gli sbalzi di temperatura, è un elemento molto dinamico. Con l’impiego di una squadra di droni possiamo quindi avere un quadro molto più completo delle sue condizioni. Ad esempio, per sapere come l’acqua trattata da impianto di depurazione si diffonde in un lago o come la corrente di un fiume si riversa nel mare”, indica Alexander Bahr.
In mancanza per il momento di sbocchi per commercializzare in modo redditizio questo progetto, gli ingegneri di Hydromea si sono chinati su un’altra sfida: come collegare i droni ad una centrale di comando affinché possano essere teleguidati senza fili. I robot sottomarini creati finora nel mondo vengono generalmente pilotati a distanza con un cavo, ciò che complica le manovre, ad esempio per l’ispezione di strutture subacquee complesse. Oppure vengono programmati per compiere un determinato percorso.
Primo wifi sottomarino
“Nel cielo, i droni possono essere teleguidati con sistemi di radiofrequenza e localizzati con sistemi di posizionamento globali (GPS). Queste tecnologie non funzionano praticamente nell’acqua. Con le onde acustiche si possono trasmettere dei segnali, ma le comunicazioni sono molto lente e giungono quindi ritardate. È impossibile teleguidare un robot, ma anche trasmettere dei video, dato che la velocità è di appena pochi chilobit al secondo”, spiega Alexander Bahr.
La start-up di Renens ha quindi messo a punto la prima rete sottomarina wifi che si serve di potenti lampade LED per trasmettere i dati. I droni sono collegati ad un modem, simile ad una torcia elettrica, che proietta raggi blu, il colore che meglio riesce a penetrare nell’acqua. Questo apparecchio, chiamato Luma, è dotato anche di un ricevitore e può scambiare dati ad una velocità di una decina di megabit al secondo, su una distanza di una cinquantina di metri.
Quanto basta quindi per teleguidare i veicoli subacquei autonomi da una centrale di controllo al fuori dell’acqua e realizzare uno streaming in tempo reale di un grande volume di dati, per immagini e video di alta qualità. Nel caso di operazioni in profondità, i modem possono essere attaccati alle istallazioni o immersi con un filo. Da qui emettono i segnali per dirigere i droni nei loro compiti di ispezione o raccolta di dati dell’ambiente subacqueo.
Riduzione dei costi e dei rischi
Questa innovazione ha suscitato interesse soprattutto da parte di compagnie attive nella produzione di energia offshore. A metà ottobre, Hydromea ha annunciato di aver ottenuto un importante finanziamento da parte della Oil & Gas Technology Center (OGTC), con sede in Scozia, per sperimentare i suoi nuovi robot sottomarini senza cavi nell’ambito di un progetto di 6 anni in collaborazione con la compagnia Total. Inizialmente, verranno utilizzati per ispezionare spazi pericolosi e ristretti, come i serbatoi di acqua di zavorra delle navi e impianti dell’industria petrolifera e del gas. I piccoli sottomarini gialli potrebbero inoltre servire a controllare lo stato di dighe, centrali elettriche, ponti o cavi.
L’impiego di droni consentirà quindi di aumentare la sicurezza delle operazioni, evitando di esporre delle persone ad inutili rischi, e di ridurre al contempo i costi. Secondo Alexander Bahr, la rapida crescita degli impianti eolici offshore nel Mare del Nord potrebbe offrire nei prossimi anni un importante mercato per i robot della start-up di Renens. Hydromea non intende però lasciare la Svizzera per avvicinarsi alla sua potenziale clientela.
“La Svizzera non vi è il mare e non è quindi proprio il luogo ideale per sviluppare droni sottomarini”, rileva il direttore operativo della start-up. “Ma qui, attorno all’EPFL, possiamo attingere ad un buon serbatoio di specialisti di microtecnica, meccanica, elettronica e robotica. Gli ingegneri che noi cerchiamo, li cercano un po’ tutti. Ma è più facile trovarli qui che in altri cluster. Loro sono interessanti per noi e credo che anche noi siamo interessanti per loro, dato che facciamo qualcosa di diverso dagli altri”.
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