L’agricoltura svizzera rimane sotto pressione, malgrado il successo alle urne
Respingendo l'iniziativa sull'allevamento intensivo, il popolo svizzero ha ribadito il suo attaccamento a un'agricoltura nazionale forte. Tuttavia, il mondo agricolo non può ignorare il crescente dibattito sull'impatto climatico della produzione alimentare. Analisi.
Gli agricoltori e le agricoltrici in Svizzera possono tirare un sospiro di sollievo. O perlomeno, coloro – ampiamente maggioritari – che si sono opposti al divieto dell’allevamento intensivo in Svizzera. Anche se la campagna è stata un po’ meno emotiva e agitata di quella dell’anno scorso sul divieto dei pesticidi di sintesi, la votazione di domenica ha avuto un’aria di dejà vu.
Il mondo rurale ha presentato un fronte unito per opporsi all’attacco dei movimenti antispecisti, sostenuto da diverse associazioni ambientaliste. Le poche voci dissenzienti hanno fatto fatica a farsi sentire. Alcuni agricoltori favorevoli all’iniziativa hanno addirittura preferito tacere per paura di rappresaglieCollegamento esterno.
Come nelle precedenti votazioni riguardanti l’agricoltura – pesticidi, decornazione delle mucche, alimentazione sostenibile – il popolo si è schierato nuovamente a favore delle argomentazioni dell’Unione svizzera dei contadini, una potente organizzazione che difende gli interessi dell’agricoltura svizzera e che dispone di efficaci interlocutori a livello politico.
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In un contesto poco favorevole a nuovi esperimenti – guerra in Ucraina, timori di penuria, inflazione – è stata la cautela a imporsi. Cittadini e cittadine, che sono soprattutto consumatori e consumatrici, vogliono continuare a poter scegliere i propri alimenti e ad acquistarli a un prezzo ragionevole. Come nelle votazioni precedenti, un argomento in particolare ha fatto breccia: la concorrenza straniera. La lobby agricola presenta qualsiasi inasprimento delle condizioni in Svizzera come un incitamento all’importazione di alimenti di qualità inferiore.
“Poiché è abbastanza facile prendere di mira l’agricoltura, si fa ricadere su di essa la piena responsabilità di un problema molto più ampio e complesso.”
Jérémie Forney, professore di antropologia all’Università di Neuchâtel
Ma nonostante la chiara vittoria di domenica, questa ennesima battaglia ha lasciato il segno nelle campagne svizzere. “Gli agricoltori e le agricoltrici sono stanchi. Hanno l’impressione di doversi continuamente giustificare e di essere ingiustamente percepiti come avvelenatori o torturatori di animali da una popolazione urbana che, ai loro occhi, ha una visione idealizzata dell’agricoltura ed è sempre più esigente nei confronti del cibo che consuma”, osserva Jérémie Forney, professore di antropologia all’Università di Neuchâtel e specialista del mondo agricolo.
Il sistema politico svizzero consente a un gruppo ristretto di individui, come nel caso delle iniziative sui pesticidi o sulla decornazione delle mucche, di richiedere cambiamenti radicali in un settore di attività, senza necessariamente beneficiare di un ampio sostegno politico. “Poiché è abbastanza facile prendere di mira l’agricoltura, si fa ricadere su di essa la piena responsabilità di un problema molto più ampio e complesso. Si tenta di imporre forti restrizioni, mentre la sacrosanta libertà di chi consuma, ad esempio, non viene mai messa in discussione”, sottolinea Forney.
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Sia vittime che responsabili
Eppure, anche se la Svizzera rimane un Paese con una maggioranza conservatrice di destra, l’agricoltura dovrà evolversi se vuole continuare ad attirare la simpatia della popolazione. “Non sono più solo le persone vegane estremiste a dire di mangiare meno carne. Questo discorso è portato avanti dalla scienza e dalla politica. I rappresentanti dell’agricoltura istituzionale non possono più continuare a difendersi con argomenti semplicistici. Devono presentare alternative ed essere aperti al dialogo”, afferma Forney
Quest’estate, l’immagine idilliaca di mucche che pascolano beatamente in un paesaggio da cartolina ha subito un duro colpo. Le fotografie degli alpeggi inariditi e le testimonianze di allevatori costretti a sacrificare parte delle loro mandrie per mancanza di foraggio hanno segnato gli animi. L’eccezionale siccità ha scosso fortemente gran parte della popolazione: il riscaldamento globale non colpisce solo i Paesi più vulnerabili del mondo, ma anche la Svizzera.
I bovini, che hanno sofferto particolarmente per l’estate secca e calda, sono anche gli animali che hanno il maggiore impatto sul riscaldamento globale, soprattutto a causa della loro elevata produzione di metano, un potente gas serra.
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Sebbene la campagna sull’allevamento intensivo si sia concentrata sul benessere degli animali, tra le argomentazioni del comitato d’iniziativa figurava anche la questione delle emissioni del bestiame. Chi si oppone all’allevamento intensivo ha sottolineato l’assurdità di distruggere parte della foresta tropicale in Brasile per coltivare soia destinata all’ingrasso dei bovini in Svizzera.
Anche se la crisi energetica è attualmente la preoccupazione principale, la questione dell’impatto dell’agricoltura sul clima e sull’ambiente non scomparirà dall’agenda politica. È quasi certo che nei prossimi anni verranno lanciate altre iniziative. “La buona notizia è che, nonostante le occasionali tensioni, il popolo svizzero non è mai stato così interessato alle questioni agricole. E con l’arrivo di una nuova generazione di agricoltori e agricoltrici, più disposta a sperimentare e a tendere la mano a consumatori e consumatrici, il mondo agricolo ha tutte le carte in regola per capitalizzare il sostegno ottenuto questa domenica alle urne”, afferma Forney.
Il cittadino-consumatore, invece, non dovrà aspettare la prossima votazione per poter esprimere nuovamente la propria opinione. Ogni giorno, mentre fa la spesa, può decidere quale tipo di agricoltura privilegiare.
Articolo curato da Balz Rigendinger
Traduzione dal francese di Luigi Jorio
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