L’arresto di Raoul Weil fa tremare i banchieri svizzeri
I banchieri svizzeri che per anni hanno incoraggiato l’evasione fiscale negli Stati Uniti non saranno risparmiati al di fuori del loro paese. È il chiaro messaggio che ha voluto inviare Washington con l’arresto in Italia di Raoul Weil, l’ex numero tre di UBS.
Ricercato dalle autorità della Florida, Raoul Weil è stato arrestato il 20 ottobre 2013 in un albergo di Bologna. Tra il 2002 e il 2008, l’ex responsabile della gestione patrimoniale di UBS avrebbe aiutato 20’000 clienti americani a sottrarre al fisco circa 20 miliardi di dollari.
Raoul Weil, 53 anni, è finora il pesce più grosso a finire nella rete di Washington. In seguito al suo arresto, la lista dei banchieri e degli avvocati sospettati di aver facilitato l’evasione fiscale potrebbe ulteriormente allungarsi. E questo malgrado l’accordo fiscale tra Svizzera e Stati Uniti firmato lo scorso mese di agosto.
L’intesa, conclusa dopo mesi di trattative, autorizza le banche elvetiche a trasmettere alle autorità americane le informazioni relative alle loro operazioni negli Stati Uniti. I dati includono i nomi dei banchieri in contatto con clienti americani e quelli degli istituti nei quali questi clienti hanno trasferito i loro averi.
Non uscire mai più dalla Svizzera
Contrariamente a quanto avrebbe auspicato la Svizzera, gli Stati Uniti non hanno voluto inserire una clausola per garantire l’immunità delle persone che figurano nelle informazioni trasmesse.
Peter-René Wyder dell’Associazione svizzera degli impiegati di banca ritiene che per molti banchieri coinvolti in operazioni transfrontaliere con gli Stati Uniti, la posizione possa diventare assai delicata.
«Circa 25 persone sono probabilmente già state accusate [dagli Stati Uniti per reati di evasione fiscale]», ha affermato Peter-René Wyder alla Televisione svizzera di lingua tedesca SRF. «Non sappiamo quanti verranno aggiunti a questa lista. È una situazione molto irritante siccome non esiste alcuna immunità».
«Le persone che coprono cariche di un certo livello e coloro che figurano sulle liste trasmesse alle autorità americane [nel quadro dell’accordo di agosto tra Svizzera e Stati Uniti] devono rivalutare la loro situazione e, nel caso peggiore, rinunciare per sempre a lasciare la Svizzera».
In seguito alla firma dell’accordo, l’Associazione svizzera dei consulenti finanziari indipendenti aveva accusato il governo elvetico di essersi piegato al volere degli Stati Uniti. Aveva inoltre chiesto insistentemente una migliore protezione legale per i suoi membri.
L’ex banchiere di UBS Bradley Birkenfeld è stato il primo a svelare le pratiche di evasione fiscale adottate dalla principale banca svizzera. Nel 2009, UBS è stata costretta a pagare una multa di 780 milioni di dollari e a trasmettere i dati bancari di migliaia di clienti. Birkenfeld è stato condannato a 40 mesi per aver aiutato ricchi clienti americani a evadere le tasse.
Nel 2008, il banchiere di UBS Martin Liechti, responsabile della gestione patrimoniale negli Stati Uniti, è stato arrestato in Florida e posto agli arresti domiciliari fino a quando ha testimoniato contro la sua banca. È stato in seguito rilasciato e ha fatto ritorno in Svizzera.
Si presume che la testimonianza di Liechti abbia portato al rinvio a giudizio del suo capo, Raoul Weil, nel novembre 2008. Dopo cinque anni di latitanza, Weil è stato arrestato il 20 ottobre 2013 in Italia.
Se estradato negli Stati Uniti, l’ex responsabile della gestione patrimoniale di UBS rischia fino a cinque anni di carcere.
L’impiegato di UBS Renzo Gadola, arrestato nel 2010, è stato condannato a cinque anni con la condizionale dopo aver collaborato con le autorità statunitensi.
Il banchiere di UBS Christos Bagios, in seguito passato al Credit Suisse, è stato pure lui condannato da un tribunale americano nel 2012 e rilasciato dopo aver collaborato.
Tattica della paura
Secondo Douglas Hornung, avvocato a Ginevra che rappresenta gli impiegati di banca che lottano contro la trasmissione dei loro nominativi, è impossibile sapere quale tipo di intermediari siano nel mirino dei procuratori americani.
«Gli Stati Uniti stanno adottando la tattica della paura per dare a tutti una bella lezione», afferma a swissinfo.ch. «I semplici segretari non saranno probabilmente perseguiti. Ma gli Stati Uniti hanno dimostrato di essere determinati a dar la caccia ai pezzi grossi».
Per Douglas Hornung, a rischiare non sono soltanto i dirigenti incaricati di mettere in pratica le politiche di gestione patrimoniale, «ma anche le persone che gestivano i conti».
Da tempo, le banche svizzere consigliano ai loro impiegati e agli ex collaboratori direttamente in contatto con clienti americani di non recarsi negli Stati Uniti, per timore di essere arrestati.
Se estradato, Raoul Weil potrebbe tentare di ridurre la sua pena svelando tutti i dettagli delle attività transfrontaliere negli Stati Uniti , sostiene Douglas Hornung. D’altronde, altri banchieri svizzeri arrestati oltre oceano hanno fatto la stessa cosa.
Chi sarà il prossimo?
I quotidiani svizzeri, come ad esempio la Neue Zürcher Zeitung (NZZ), vicina agli ambienti economici, si chiedono se l’eventuale testimonianza di Weil potrà ripercuotersi su altri ex dirigenti di UBS.
In quanto responsabile della gestione patrimoniale, Raoul Weil potrebbe essere chiamato a rendere conto del suo ruolo nella formulazione della politica della banca e nell’esecuzione materiale delle decisioni. I dirigenti di UBS dell’epoca hanno dal conto loro sempre negato di essere a conoscenza dei dettagli relativi alle attività transfrontaliere negli Stati Uniti.
I media svizzeri sottolineano che l’atto di accusa nei confronti di Weil fa seguito alla testimonianza di un suo subalterno, Martin Liechti, arrestato nel 2008 in Florida.
«Quasi tutta la Svizzera sapeva da decenni che l’accettazione di averi non dichiarati faceva parte del modello aziendale delle banche locali», si legge in un editoriale pubblicato martedì sulla NZZ.
«La semplice accettazione di averi non dichiarati continua a non essere illegale in Svizzera e secondo i giuristi non è considerata un crimine nemmeno in molti altri paesi». Tuttavia, aggiunge la NZZ, appena subentrano misure di occultamento il quadro appare alquanto diverso.
Fine delle attività per due banche
Due istituti svizzeri hanno già pagato caro il fatto di essere finiti nel mirino delle autorità degli Stati Uniti. La settimana scorsa, la banca Frey ha annunciato la cessazione delle sue attività. All’inizio dell’anno, la stessa sorte era toccata alla banca Wegelin.
Attualmente, sono 13 le banche svizzere o le filiali di banche con attività in Svizzera a essere sospettate di aver facilitato l’evasione fiscale negli Stati Uniti. Il mese scorso, la banca privata Rahn & Bodmer ha annunciato di essere finita sulla lista, anche se per ora non ci sono indicazioni secondo cui sono state formulate accuse nei confronti dell’istituto o dei suoi collaboratori.
Traduzione dall’inglese di Luigi Jorio
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