L’ex numero tre di UBS Raoul Weil assolto negli USA
Accusato di cospirazione a scopo di truffa nei confronti degli USA e di complicità in delitti fiscali, l’ex responsabile di UBS Raoul Weil è stato assolto lunedì sera negli Stati Uniti. Il verdetto potrebbe avere conseguenze anche sui negoziati tra Berna e Washington in merito alla vertenza fiscale.
«Non colpevole»: è la conclusione alla quale è giunta la giuria del tribunale federale della Florida del Sud a Fort Lauderdale, dopo solo un’ora e un quarto di deliberazione. Solo due dei 12 giurati si sono pronunciati per la colpevolezza, ha indicato il portavoce della giuria. Si sono «lasciati guidare dalle emozioni piuttosto che dai fatti», ha spiegato, sottolineando l’assenza di prove dirette incriminanti nei confronti di Weil.
Per la procura che ha imbastito il caso e per il dipartimento della giustizia USA, il verdetto è una sconfitta cocente. Secondo il dipartimento della giustizia, un gruppo di banchieri di UBS avrebbe contattato, senza averne il diritto, facoltosi clienti americani, per poi aprire loro conti segreti utilizzando computer criptati per evitare che tali manipolazioni venissero alla luce.
Il sistema era stato denunciato da un altro ex dipendente di UBS, Bradley Birkenfeld, che è stato in carcere, ma che ha anche ricevuto un compenso di 104 milioni di dollari. Weil, in qualità di responsabile della gestione patrimoniale della banca, sarebbe stato al corrente di tutto.
Nessuna prova
Sulla base di milioni di documenti, il procuratore pubblico ha accusato l’ex numero 3 di UBS di aver aiutato, assieme ad altri dirigenti dell’istituto non identificati, circa 20’000 clienti americani a celare al fisco 20 miliardi di dollari. «Si tratta di un caso classico e semplice di frode fiscale», ha dichiarato il procuratore in fase d’apertura del processo. Weil «aveva il potere di fermare tutto», ha aggiunto, ma non l’ha fatto in quanto UBS guadagnava troppi soldi.
La banca svizzera era riuscita dal canto suo a porre fine alle procedure negli USA solo pagando una multa di 780 milioni di dollari e accettando ci collaborare con le autorità americane, consegnando per esempio migliaia di dossier di suoi clienti.
Per questo processo emblematico, il ministero pubblico ha potuto appoggiarsi, oltre che su milioni di documenti, sulla testimonianza di ex subalterni di Weil, che in cambio della loro collaborazione non sono stati perseguiti.
Testimone chiave dell’accusa, Martin Liechti, un tempo responsabile della gestione patrimoniale di UBS nelle Americhe, ha dichiarato nel corso della sua deposizione che Weil aveva frenato la regolarizzazione dei clienti americani. «Per lui, il guadagno veniva prima di tutto», aveva affermato.
A convincere i giurati sono però stati gli argomenti della difesa, secondo cui Weil è innocente ed è stato vittima delle macchinazioni dei suoi collaboratori, che gli hanno dissimulato le loro pratiche per abbellire i risultati commerciali. Nella sua arringa finale, il difensore di Weil ha sottolineato che «nessun documento» provava la colpevolezza del suo cliente e la sua implicazione in questa frode fiscale su vasta scala.
Critiche alla giustizia svizzera
«La giuria ha lanciato un segnale forte al governo degli Stati Uniti – ha detto l’avvocato di Weil, Matthew Manchel. Questo caso non avrebbe mai dovuto essere stato aperto».
Incriminato nel 2008 e dichiarato latitante dalla giustizia USA all’inizio del 2009, Raoul Weil, 54 anni, è stato arrestato in un albergo a Bologna nell’ottobre 2013, mentre si trovava in viaggio d’affari in Italia, e poi estradato negli Stati Uniti.
All’annuncio del verdetto, Weil, che rischiava fino a cinque anni di carcere, si è messo a piangere e ha abbracciato la moglie. Intervistato all’uscita dal tribunale dalla Radiotelevisione della Svizzera romanda, il banchiere si è naturalmente detto soddisfatto del verdetto e felice di poter rientrare in patria. «Non voglio esprimermi sul processo», ha poi dichiarato, criticando però la giustizia elvetica. «Trovo vergognoso che delle persone possano venire negli Stati Uniti, violare il segreto bancario, ammettere di aver partecipato a riciclare denaro e non essere perseguiti in Svizzera».
Battuta d’arresto nell’offensiva dell’IRS
Nei primi commenti, la stampa svizzera e internazionale sottolineano che l’accusa non è chiaramente riuscita a presentare prove e testimonianze per convincere la giuria della colpevolezza di Weil.
La procura – scrive la Neue Zürcher Zeitung – sembrava sperare che i giurati basassero la loro decisione sul principio del «mitgehangen, mitgefangen», ovvero colui che è al corrente dell’azione commessa da qualcuno, deve pagare come lui. In altre parole, secondo l’accusa la semplice esistenza in seno a UBS di un modello d’affari basato sull’evasione fiscale, sarebbe dovuta bastare per condannare Weil.
Per la rivista economica Forbes, il verdetto rappresenta «una battuta d’arresto nell’offensiva dell’Internal Revenue Service (IRS, il fisco americano, ndr) contro l’evasione fiscale e i conti offshore». Una lezione di tutta questa vicenda è «la memoria lunga del governo federale», annota ancora Forbes.
Il Tages-Anzeiger scrive dal canto suo che l’assoluzione riflette una crescente sfiducia popolare nel sistema giudiziario USA, percepito come «stravagante ed eccessivo». Per il giornale zurighese, il verdetto non deve però essere letto come un’assoluzione della piazza finanziaria svizzera e un invito a proseguire sulla strada dell’evasione fiscale, ciò che sarebbe «un errore fatale».
Quali conseguenze sui negoziati?
Il Dipartimento federale delle finanze (DFF) si è limitato da parte sua a «prendere atto» dell’assoluzione di Weil. L’assoluzione dell’ex banchiere di UBS non è un fatto negativo, ma non si può ancora dire se avrà conseguenze sui negoziati tra Berna e Washington in merito alla vertenza fiscale, ha dichiarato il portavoce del DFF Roland Meier.
Secondo Xavier Oberson, specialista di diritto fiscale all’Università di Ginevra, vi saranno invece delle conseguente. Stando all’esperto contattato dall’Agenzia telegrafica svizzera, il verdetto di assoluzione è una sorpresa, visti gli alti rischi – fino a 5 anni di carcere – cui andava incontro l’ex top manager della banca.
Per Oberson, la decisione di non condannare Weil è, per una volta tanto, «un segnale che va nel senso opposto», che avrà conseguenze sulle trattative tra la Confederazione e Washington per regolarizzare il «passato» delle banche elvetiche negli Stati Uniti.
Anche gli impiegati e gli ex collaboratori di UBS nel mirino della giustizia americana dopo che il loro nome è stato trasmesso alle autorità d’oltre Oceano possono guardare al futuro con maggiore ottimismo.
Insomma, secondo Oberson la giustizia ha dimostrato di funzionare negli Stati Uniti, un fatto che dovrebbe far piacere anche a quelle banche che hanno fatto affari negli Usa su cui pende la minaccia di sanzioni. Per Oberson, Raoul Weil ha beneficiato di un giudizio trasparente, equo e imparziale.
Ma vi è anche un lato negativo, ha sottolineato il professore universitario, specie per quelle persone che decidono di denunciare fatti incresciosi all’interno della loro aziende, i cosiddetti «whistleblowers». La parola di coloro che hanno negoziato l’immunità (valida solo negli Stati Uniti), come nel caso di Martin Liechti, in cambio della loro collaborazione, potrebbe valere di meno agli occhi di una giuria.
Per il professore di diritto economico Peter Kunz dell’Università di Berna, il verdetto prova quanto sia difficile stabilire le responsabilità di coloro che occupano i piani alti di un’azienda. Il verdetto, ha aggiunto, non ha nemmeno portato alla luce nuovi fatti che possano mettere in difficoltà UBS.
Kunz non sarebbe sorpreso se in Svizzera venissero aperti procedimenti contro coloro che hanno testimoniato negli Stati Uniti, in particolare per sospetta violazione del segreto bancario.
swissinfo.ch e agenzie
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