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“L’identità elettronica faciliterà la vita di svizzeri e svizzere all’estero”

Il Consiglio federale vuole introdurre un documento d'identità digitale gratuito e facoltativo. Uno strumento che faciliterà l'esercizio dei diritti politici della Quinta Svizzera, presentando al contempo dei passi avanti in ambito di sicurezza, sostengono le due invitate al nostro dibattito Let's Talk.

“La Confederazione ha fatto degli sforzi notevoli per presentare un progetto di identità digitale (e-ID) che protegga meglio i dati”, afferma Lennig Pedron, direttrice di Trust Valley, polo di competenza in ambito di affidabilità informatica e cybersicurezza.

Nel marzo 2021, il popolo aveva respinto in votazione una prima legge sull’identità digitale, soprattutto a causa della centralizzazione dei dati e della gestione del sistema da parte di aziende private. Il Governo ha approvato lo scorso novembre i principi di un nuovo progetto, questa volta interamente in mani statali.

Lennig Pedron accoglie con favore gli sforzi dimostrati dal Consiglio federale per rispondere alle critiche espresse ormai tre anni fa. “I dati resteranno in possesso di cittadini e cittadine”, spiega l’esperta. La persona potrà scegliere quali informazioni fornire. Per esempio, per acquistare alcolici online, potrà indicare che è maggiorenne, senza svelare la sua data di nascita.  

Un vantaggio per la diaspora

L’Organizzazione degli svizzeri all’estero (OSE) sostiene il progetto. “L’identità elettronica faciliterà la vita di svizzeri e svizzere all’estero”, afferma la direttrice dell’OSE, Ariane Rustichelli.

Grazie a questo documento elettronico, sottolinea Rustichelli, le persone espatriate potranno accedere con più agio ai sevizi dell’Amministrazione federale. Spera inoltre che la diaspora godrà di un migliore accesso alle prestazioni delle banche elvetiche.

“L’e-ID potrebbe inoltre facilitare l’esercizio dei diritti politici”, dice la direttrice dell’OSE. Un’identificazione secretata su internet permetterebbe di introdurre procedure di voto elettronico complete. Un aspetto cruciale per l’OSE, che si batte per esso da molti anni.

“Svizzeri e svizzere all’estero che abitano oltreoceano o al di fuori dei grandi centri urbani spesso non riescono a partecipare a votazioni ed elezioni, poiché ricevono il materiale di voto troppo tardi”, spiega Rustichelli.

La Svizzera in ritardo

Espatriato in Lussemburgo dove lavora in ambito finanziario, lo svizzero Christoph Haelg ha già potuto sperimentare i vantaggi di un’identità digitale nel suo Paese di residenza e gli piacerebbe che anche la Svizzera introduca tale soluzione. “Per porre domande di natura amministrativa alla Confederazione, ogni tanto devo recarmi al consolato o addirittura rientrare in Svizzera. Un’identità elettronica mi permetterebbe di farlo online”, dice.

Attualmente, quasi tutti i Paesi europei forniscono soluzioni di identità digitale. Il sistema politico svizzero – con la sua democrazia diretta – spiega in parte il ritardo della Confederazione in questo ambito, secondo Lennig Pedron. Considerate le questioni in ambito di sicurezza, tuttavia, l’esperta ritiene sia giudizioso procedere con cautela.

Progressi per l’e-voting

Accanto all’identità digitale, anche lo sviluppo di un voto elettronico ristagna da tempo in seno alla Confederazione. Le autorità elvetiche stanno tentando di instaurare questo tipo di sistema da vent’anni, ma hanno fallito a più riprese.

Nel 2018, il Cantone di Ginevra aveva ritirato il suo sistema a causa di ragioni finanziarie e, nel 2019, la Posta ha fatto lo stesso con il suo dopo che erano state individuate delle falle nella sicurezza. Da allora nessun sistema è più disponibile. “È stata una grande delusione per gli svizzeri e le svizzere all’estero ma anche per la nostra organizzazione”, commenta Rustichelli.

La Posta, tuttavia, ha rapidamente elaborato un nuovo sistema, attualmente testato da quattro Cantoni (Basilea-Città, Turgovia, San Gallo e Grigioni). Anche il Canton Ginevra intende ricominciare a svolgere dei test, indica la direttrice dell’OSE. “Oggi, le cose si muovono nella giusta direzione. La Cancelleria federale e la Posta hanno capito che bisogna collaborare con il mondo accademico e con hacker indipendenti per creare fiducia”.

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Una tecnologia onerosa

Ariane Rustichelli ritiene che ci sia ormai un consenso politico sull’importanza dell’e-voting per svizzeri e svizzere all’estero, così come per altri gruppi interessati. “Oggi, il più grande freno all’introduzione del voto elettronico in Svizzera è il suo finanziamento”, osserva, ricordando che Confederazione e Cantoni stanno vivendo un periodo di contrazione di bilancio.

Dal punto di vista della sicurezza, Lennig Pedron sostiene che è importante dotarsi di un sistema che possa essere costantemente rimesso in questione, in modo da migliorarlo. “Abbiamo molte opportunità in Svizzera per svolgere dei test, come si è fatto in giugno e in ottobre con l’e-voting della Posta”, afferma.

“Oggi, lo scetticismo nei confronti degli strumenti digitali è ancora grande”, aggiunge tuttavia l’esperta. Per far crescere la fiducia, bisogna puntare sull’educazione e sull’informazione. “C’è ancora un enorme lavoro da portare a termine. La strada sarà lunga, ma bisogna prendersi il tempo di percorrerla”, dice.

Cyberattacchi che minano la fiducia

La Confederazione nel 2023 è stata colpita a più riprese da attacchi informatici, con la pubblicazione di dati sensibili sul darknet. Lo scorso maggio, 425’000 indirizzi di svizzeri e svizzere all’estero con un abbonamento alla Schweizer Revue sono stati rubati e pubblicati. Gli hacker li hanno ottenuti attaccando l’ecosistema digitale di CH Media, che stampa la testata.

Ogni tanto, lo scopo stesso dei pirati informatici è quello di minare la fiducia della cittadinanza. “Ci sono attacchi il cui obiettivo è di guadagnare soldi, altri che invece vogliono scalfire la fiducia nel sistema, nello Stato”, spiega Pedron.

L’esperta invita a prendere sul serio i rischi. “Su scala globale, non credo esista un solo Paese che sia completamente al riparo dalla cybercriminalità. Ci si batte contro una criminalità molto organizzata e i soldi in gioco sono molti”, afferma. Pedron accoglie dunque con favore la creazione, in Svizzera, di un Ufficio federale per la sicurezza informatica, che dovrebbe vedere la luce la prossima primavera.  

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