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L’iniziativa Minder non provocherà nessuna rivoluzione

Gli azionisti sapranno e vorranno dire stop alle retribuzioni faraoniche? Keystone

A un anno dall’accettazione dell’iniziativa Minder, si apre una nuova era in materia di retribuzione dei top manager. Anche se le nuove norme entreranno pienamente in vigore solo nel 2016, in pochi credono però che il tempo delle vacche grasse per i dirigenti delle grandi aziende sia davvero finito.

«Non mi aspetto di vedere grandi impatti sulle strategie rimunerative delle aziende. Nella migliore delle ipotesi, permetterà di tenere a freno le indennità eccessive di alcuni dirigenti. Sulle società standard, l’influsso sarà relativo», ci dice Florian Wettstein, professore di etica aziendale all’Università di San Gallo.

Sarebbe però sbagliato dire che l’iniziativa Minder, accettata dai votanti il 3 marzo 2013, non avrà nessun effetto sul comportamento delle imprese svizzere. Le ditte stanno facendo maggiori sforzi per comunicare in maniera più trasparente le loro politiche rimunerative.

In questo periodo contraddistinto dalle assemblee annuali, le aziende si stanno dando da fare per cambiare i loro statuti, consentendo agli azionisti di eleggere i dirigenti su base annua e – a partire dall’anno prossimo – di votare sui risarcimenti attribuiti al consiglio d’amministrazione e alla direzione.

«Stiamo notando dei piccoli cambiamenti, che a partire dall’anno prossimo diventeranno molto più evidenti», osserva Roby Tschopp, direttore della piccola associazione di azionisti Actares. «I primi segnali sono per lo più incoraggianti, anche se i messaggi a volte sono discordanti».

Per la Actares, un aspetto positivo è che la Bank Vontobel e la Roche (la cui maggioranza del capitale è controllata dalle famiglie fondatrici) hanno già introdotto il voto obbligatorio delle assemblee generali per quanto concerne le retribuzioni. La multinazionale farmaceutica Novartis, che l’anno scorso aveva sollevato un polverone proponendo una buonuscita di 72 milioni di franchi al presidente del consiglio d’amministrazione Daniel Vasella (che poi aveva rinunciato al bonus), ha dal canto suo annunciato diminuzioni significative delle rimunerazioni dei dirigenti.

La banca Julius Baer ha invece reagito a un voto consultivo negativo degli azionisti sui compensi per l’anno scorso, modificando il sistema dei bonus ed eliminando delle retribuzioni previste per l’integrazione del settore gestione patrimoniale della Merrill Lynch.

L’iniziativa popolare «contro le retribuzioni abusive» dei top manager, promossa dall’imprenditore e “senatore” sciaffusano Thomas Minder, è stata approvata domenica 3 marzo 2013 dal 67,9 % dei votanti e dalla totalità dei cantoni.

L’iniziativa è entrata in vigore il primo gennaio 2014. Per la sua attuazione è previsto un periodo di due anni.

Da quest’anno, l’assemblea generale degli azionisti ha il potere di eleggere i membri del consiglio d’amministrazione e del comitato di retribuzione.

Gli istituti di previdenza hanno tempo fino alla del 2014 per definire le regole che permetteranno loro di votare nell’interesse dei loro assicurati, come esige l’iniziativa.

Entro la fine del 2015, l’assemblea generale degli azionisti delle aziende quotate in borsa dovrà poter votare sulle retribuzione dei membri del consiglio d’amministrazione, della direzione e del consiglio consultivo. Il voto ha carattere vincolante.

Gli statuti delle ditte dovranno inoltre essere modificati in modo da vietare i premi di assunzione e i cosiddetti ‘paracaduti dorati’, ossia le buonuscite milionarie.

Modello sbagliato

Per quanto concerne gli aspetti negativi, Tschopp menziona il fatto che sia l’UBS che il Credit Suisse hanno proposto incrementi di salario importanti per i loro dirigenti, malgrado la necessità di aumentare le riserve per far fronte ad eventuali cause giudiziarie.

Anche se pagare dei manager più di 10 milioni di franchi all’anno può essere giustificato a seconda dei risultati aziendali e di quanto retribuiscono altre aziende nel settore, molti azionisti fanno fatica a mandar giù certe cifre, osserva Wettstein.

«È ragionevole pagare simili somme? Io penso di no. Né da un punto di vista economico, né da un punto di vista etico. Mostrare una certa moderazione in questo ambito, è una questione di integrità, sia per la società che per la direzione».

Le retribuzioni faraoniche continueranno ad esistere fintantoché i risultati finanziari rimarranno la forza trainante che sta dietro al compenso, aggiunge. «Per cambiare in profondità la cultura delle rimunerazioni, è necessario passare da un sistema di creazione di valore per gli azionisti a un sistema che prende in considerazione tutte le parti interessate, ad esempio i lavoratori che hanno gli stipendi più bassi».

Un altro ostacolo che rende difficile compiere dei passi in avanti contro le retribuzioni eccessive, è che la maggior parte delle azioni delle società più grandi sono detenute all’estero, spiega Tschopp.

«Sulla questione dei compensi, gli azionisti stranieri non sono sintonizzati sulla stessa frequenza di quelli nazionali. Per questo, non mi aspetto dei cambiamenti spettacolari», osserva.

Minaccia di prigione

Per contro, le nuove regole sembrano avere una certa incidenza sulle aziende di piccole e medie dimensioni. Cinque ditte sono finora uscite dalla borsa di Berna a causa dell’iniziativa Minder e un’altra potrebbe seguire a breve.

«Con l’iniziativa si voleva avere un impatto sulle grandi società. Stiamo però osservando che sono le aziende più piccole ad accusare il colpo», indica il direttore della borsa di Berna Luka Schenk.

«Per alcune piccole imprese, adattare i loro statuti e introdurre il voto elettronico non rappresenta né un costo né un beneficio». Il rispetto delle nuove norme implica però un certo carico di lavoro legale. «Ciò che preoccupa è la responsabilità penale – sottolinea Schenk. I direttori delle piccole e medie imprese, che non possono permettersi il lusso di avere una consulenza legale permanente, non hanno voglia di rischiare fino a tre anni di carcere se fanno qualcosa di sbagliato».

Alcune grandi aziende hanno anche espresso riserve sull’aumento delle regolamentazioni in Svizzera. Il gigante statunitense del petrolio Weatherford ha menzionato l’iniziativa Minder come una delle ragioni che lo ha spinto a trasferirsi dalla Svizzera all’Irlanda.

In un’intervista alla Bloomberg, il presidente della Nestlé Peter Brabeck si è rammaricato per il fatto che politiche retributive miopi potrebbero diventare la norma se gli azionisti reagissero in maniera istintiva, pensando solo ai pagamenti di dividendi di quell’anno.

«Questo trasferimento di potere dal consiglio d’amministrazione agli azionisti e le elezioni annuali tenderanno a favorire una prospettiva a corto termine», ha affermato. «Non dobbiamo dimenticare che alla base del successo della Nestlé, che perdura da 150 anni, vi è un impegno solido e a lungo termine».

(traduzione di Daniele Mariani)

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