L’oro e la Svizzera al centro dell’attenzione del Consiglio per i diritti umani
L'oro estratto illegalmente è uno dei temi di cui si sta occupando il Consiglio per i diritti umani, riunito in queste settimane a Ginevra. Il ruolo dei Paesi importatori, Svizzera inclusa, è stato citato in diversi rapporti dell'ONU.
La scorsa settimana, un relatore speciale – che ha indagato sull’uso del mercurio in siti d’estrazione d’oro su piccola scala – e una missione dell’ONU in Venezuela hanno presentato al Consiglio per i diritti umani due rapporti separati sull’impatto dell’estrazione aurea su molte comunità e sull’ambiente, in particolare nel bacino amazzonico.
Gli investigatori dell’ONU hanno indicato varie violazioni dei diritti umani come lo sfruttamento sessuale di donne e bambini, l’avvelenamento da mercurio e il lavoro minorile all’interno di comunità coinvolte nella produzione illegale di oro. Sotto accusa sono anche i Paesi che acquistano il metallo.
I rapporti sostengono che acquirenti internazionali come la Svizzera – da cui transitano circa due terzi dell’oro commerciato nel mondo – dovrebbero garantire il rispetto dei diritti umani nella loro filiera.
Domanda insaziabile e carenza di adeguate verifiche
“È un problema serio”, ha detto a SWI swissinfo.ch Marcos Orellana, relatore speciale dell’ONU sulle sostanze tossiche che ha investigato sulle piccole attività estrattive. “Nei prossimi mesi e anni, ci si può attendere a un maggiore controllo sui diritti umani nel settore dell’oro e in Paesi dove hanno sede le raffinerie, Svizzera inclusa”.
La Confederazione è in testa alla classifica dei maggiori importatori di oro: nel 2021 sono stati acquistati 90 miliardi di franchi del prezioso metallo. Quattro delle più grandi raffinerie del mondo hanno sede in Svizzera, due delle quali sono di proprietà straniera.
Nel 2020, l’agenzia Reuters stimava che tre delle più grandi aziende di raffinazione – Valcambi, Argor-Heraeus e PAMP – lavorano circa 1’500 tonnellate di oro all’anno.
Orellana ha comunicato la scorsa settimana al Consiglio per i diritti umani, ad esempio, che le donne incinte nelle comunità indigene che abitano a valle delle estrazioni nella giungla boliviana hanno alti livelli di mercurio nel sangue a causa del consumo di pesce contaminato, mentre i casi di abusi sessuali sono frequenti nelle zone di estrazione. Il rapportoCollegamento esterno descrive come anche sulle isole del Pacifico, a migliaia di chilometri dalle miniere, sono state constatate elevate concentrazioni di mercurio nel corpo delle persone, a causa della contaminazione degli oceani.
Secondo le Nazioni Unite, tra i 10 e i 15 milioni di persone erano direttamente impiegate nelle piccole miniere del mondo nel 2017. Tra di loro un milione di bambini e 4,5 milioni di donne.
Il mercurio, utilizzato per separare l’oro da altre sostanze, è un metallo pesante altamente tossico che si accumula negli esseri viventi e può causare danni permanenti agli umani, ad esempio problemi neurologici, riproduttivi e anche la morte.
“L’uso di mercurio è spinto dall’insaziabile domanda di oro da parte dei mercati finanziari e delle gioiellerie dei Paesi più ricchi”, ha affermato Orellana al Consiglio. “Le raffinerie in Paesi industrializzati che comprano l’oro non dispongono di adeguati meccanismi di verifica per affrontare le violazioni dei diritti umani associate al mercurio e all’estrazione su piccola scala”. Il rapporto menziona esplicitamente la Svizzera e il Regno Unito, Paese che nel 2020 ha superato la Confederazione in termini di importazioni auree.
In un colloquio telefonico con SWI swissinfo.ch dopo la sua presentazione, Orellana ha detto che la Svizzera deve fare di più.
“La Svizzera non ha un sistema di tracciabilità adeguato che richiede alle raffinerie di sapere da dove arriva l’oro e come è stato estratto”, ha spiegato. “Il sistema di tracciamento elvetico si ferma ai Paesi intermediari. Questo vuoto è sfruttato dalle organizzazioni criminali come i cartelli della droga che trafficano anche in mercurio e oro. Mentre l’industria dell’oro fa profitti, i diritti umani soffrono”.
SWI swissinfo.ch aveva già descrittoCollegamento esterno come nella regione meridionale del Perù Madre de Dios circa 1’000 chilometri quadrati di foresta pluviale sono andati persi mentre attività estrattive illegali vendevano l’oro ad acquirenti – tra cui presumibilmente la Svizzera – pronti a chiudere un occhio.
Dopo la presentazione di Orellana al Consiglio, circa 40 Paesi hanno partecipato a una discussione sulle misure necessarie per ridurre le violazioni dei diritti umani nelle piccole miniere. La missione svizzera non ha partecipato.
Paola Ceresetti, portavoce della missione, ha in seguito risposto per iscritto alla richiesta di SWI swissinfo.ch di commentare il rapporto. “In Svizzera, il commercio di oro è controllato da una delle legislazioni più severe al mondo. Le norme sul controllo dei metalli preziosi e sul riciclaggio di denaro, in particolare, hanno lo scopo di garantire che l’oro che arriva nelle raffinerie non provenga da fonti fraudolente”, si legge.
L’abisso aureo venezuelano
Secondo un altro rapporto presentato al Consiglio per i diritti umani, la violenza armata tra sindicatos – gruppi criminali che controllano le miniere – ma anche lo sfruttamento sessuale e di manodopera, nonché le orribili punizioni attraverso giustizia arbitraria, sono all’ordine del giorno nella regione di estrazione del Venezuela. L’area nota come Arco Minero è stata creata appositamente per estrarre risorse mentre l’economia del Paese crollava, nella speranza di attirare investimenti esteri. Persone residenti o che lavoravano nelle miniere si sono trovate spesso “coinvolte nel fuoco incrociato delle violenze per il controllo dell’oro”, ha dichiarato alla stampa Francisco Cox, membro della missione d’inchiesta.
Cox ha affermato che attori non statali, come i sindicatos, ma anche le autorità – inclusi leader civili e militari – che hanno interessi economici nelle operazioni di estrazione, sono responsabili di uccisioni, estorsioni, punizioni corporali e violenza basata sul genere.
Mentre i dati ufficiali sono scarni e poco trasparenti, diversi rapporti stimano che il 70-90% dell’oro estratto in questa regione sia prodotto illegalmente, ha detto Cox.
Il rapporto sul Venezuela raccomanda che i Paesi importatori d’oro adottino misure per prevenire il riciclaggio d’oro e denaro legato alle regioni di estrazione in Venezuela.
I dati ufficiali svizzeri mostrano che il Paese ha smesso di importare oro direttamente dal Venezuela nel 2016. Da allora, però, è emerso il timore che l’oro venezuelano possa arrivare nella Confederazione dopo essere transitato in altri Paesi.
La missione venezuelana all’ONU a Ginevra non ha risposto alla richiesta di SWI swissinfo.ch di commentare le accuse di collusione e coinvolgimento delle autorità nel commercio d’oro.
Trasparenza a processo
Mentre sale la pressione sui Paesi importatori di oro per garantire un approvvigionamento pulito, le raffinerie svizzere hanno recentemente annunciato il loro impegno a rimuovere dalla loro filiera tutto l’oro originario dei territori indigeni. Nel 2020, Metalor, azienda di proprietà giapponese con sede nel Canton Neuchâtel, ha dichiarato la fine degli acquisti da miniere artigianali.
I dati svizzeri mostrano tuttavia che grandi quantità di oro sono importate da Paesi non produttori, per esempio in Medio Oriente e in Europa. Da dove viene? La domanda sorge spontanea e molte voci stanno facendo pressione per avere risposta.
La Società per i popoli minacciati – un’organizzazione non governativa con sede a Berna che da tempo indaga sulla produzione illegale di oro nell’Amazzonia e i legami con le raffinerie in Svizzera -sta aspettando una decisione del Tribunale federale sulla richiesta presentata nel 2018 alle autorità doganali di pubblicare i documenti che fanno riferimento all’esatta origine dell’oro importato nella Confederazione, sostenendo che è nell’interesse pubblico saperlo. La risposta è attesa nei prossimi mesi.
A cura di Virginie Mangin
Traduzione: Zeno Zoccatelli
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.
Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.