L’orologeria cerca di consolidare il suo successo
Nonostante un’economia mondiale instabile e il franco forte, gli orologi di alta gamma si vendono meglio che mai. Alla vigilia di Baselworld, la più importante fiera orologiera mondiale, i fabbricanti svizzeri sono fiduciosi, ma non cedono all’euforia.
Nel 2012, l’industria orologiera svizzera ha registrato una nuova annata da record, con esportazioni pari a 21,4 miliardi di franchi, in aumento dell’11% rispetto all’esercizio precedente. Lo Swatch Group, leader mondiale del settore, che vende non solo orologi al quarzo che fanno tendenza ma anche oggetti di lusso delle marche Breguet o Blancpain, ha annunciato un utile superiore del 26% a quello dell’anno prima.
Il boom della domanda ha permesso di costruire nuove fabbriche e creare nuovi impieghi. La recessione del biennio 2008-2009 è stata superata soprattutto grazie all’emergere di una classe di consumatori prospera in Cina, dove il prodotto interno lordo è aumentato a ritmi vertiginosi (9,3% nel 2011, 7,6% nel 2012). Nel 2011, le esportazioni verso la Cina hanno compiuto un balzo in avanti del 48%. Il paese asiatico si piazza così al terzo posto nella classifica degli acquirenti di orologi svizzeri, dietro a Stati Uniti e Hong Kong. Una posizione mantenuta nel 2012.
Giornalista per la rivista Business Montres & Joaillerie, Gregory Pons ritiene tuttavia illusorio considerare la Cina come l’eldorado dell’orologeria svizzera. Le statistiche rispecchiano le consegne attuali di ordini passati e non lo stato di forma reale del mercato.
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Nuove direttive governative potrebbero inoltre colpire le vendite di orologi di lusso, ampiamente utilizzati come strumento di corruzione in Cina. «Sfoggiare un orologio di lusso al polso è ormai mal visto. L’industria rischia di perdere rapidamente il suo lustro». Le cifre delle esportazioni verso la Cina per i mesi di dicembre 2012 e febbraio 2013 sembrano dargli ragione.
Jean-Daniel Pasche, presidente della Federazione dell’industria orologiera svizzera (FH), si mostra invece sereno: «Non serve a nulla focalizzarsi sulle statistiche. Le cifre sono appena un po’ meno buone di quelle dell’anno scorso».
Le marche ostentano pure uno stoicismo incrollabile: «Tra cinque anni, la Cina rappresenterà il più grande mercato mondiale per i prodotti di lusso, compresi quelli orologieri», afferma Jean-Claude Biver, ex patron di Hublot e grande esperto del ramo.
La sua previsione potrebbe rivelarsi esatta, poiché la Cina ufficialmente conta già 1,1 milioni di milionari e 120 miliardari.
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Sangue freddo
Un altro motivo che incita gli orologiai a mantenere il sangue freddo è il fatto che dagli altri mercati importanti, segnatamente i paesi del Golfo e gli Stati Uniti, giungono segnali incoraggianti. Inoltre, l’anno scorso nei negozi d’orologi svizzeri è stato speso circa un miliardo di franchi, principalmente per opera di turisti cinesi. Nelle strade commerciali di Ginevra, Zurigo, Basilea e Lucerna i nuovi punti vendita proliferano.
«Siamo fiduciosi», assicura Jean-Daniel Pasche. «Attualmente le cifre sono superiori rispetto a quelle del 2012; bisogna comunque rimanere prudenti ed evitare di cedere all’euforia».
I fabbricanti di orologi vogliono prevenire una nuova fase di eccessi, come nel 2008, quando l’industria del settore, in preda a un surriscaldamento, era stata colta di sorpresa dalla crisi. La giornalista specializzata Elizabeth Doerr ha tuttavia potuto constatare che i viaggi stampa opulenti stanno ritornando di moda. Sul mercato sono tornati anche gli «orologi mostri», come chiama quegli oggetti «ultra-larghi, ultra-complicati che nessuno metterà mai al polso e che sono soprattutto un modo per dimostrare che la marca è capace di produrli».
Nel 2012, le esportazioni dell’orologeria svizzera hanno registrato una crescita del 10,9% a 21,4 miliardi di franchi. Dopo il forte incremento del 2011, «non sostenibile a lungo termine», come scriveva la Federazione orologiera, nell’estate del 2012 il settore ha iniziato una fase di rallentamento «regolare e benvenuta».
Negli ultimi mesi il rallentamento è stato netto nei due più importanti mercati asiatici, Hong Kong e Cina.
Gli orologi da polso rappresentano di gran lunga la parte più consistente delle esportazioni del settore. Nel 2012 ne sono stati esportati 29,1 milioni di pezzi, per un valore complessivo di 20,2 miliardi. La crescita più importante (+20,5% in valore) è stata registrata per gli orologi d’oro.
I principali mercati d’esportazione sono Hong Kong (4,4 miliardi di franchi/+6,8%), Stati Uniti (2,2/+10,1%), Cina (1,6/+0,6%), Francia (1,3/+1,3%), Germania (1,2/+33,1%) e Italia (1,2/+16%).
Rallentare la macchina
La maggior parte delle marche sta però facendo attenzione di non cadere di nuovo nella stravaganza e predilige il consolidamento. Curare l’innovazione piuttosto che creare nuovi modelli esuberanti è diventata la norma.
Direttore generale di Audemars Piguet, François Bennahmias sottolinea che la decisione è stata presa in tutta coscienza. «Vogliamo rallentare la macchina per essere più coerenti con la nostra marca in tutto il mondo. Inoltre, se annunciamo il lancio di un nuovo orologio ad esempio per aprile, facciamo in modo di consegnarlo veramente in aprile… di quest’anno!».
Direttore della marca indipendente Ulysse Nardin, Patrick Hoffmann ritiene dal canto suo che gli industriali, così come i consumatori, abbiano imparato la lezione. «La follia che consisteva nel produrre pezzi sempre più complicati è scomparsa. Oggi, meno è meglio. I consumatori, inoltre, sono più coscienti del valore di una marca ed è più difficile per una società sconosciuta entrare sul mercato con un prodotto selvaggio».
Maturità
Anche se può sembrare paradossale per un’industria così antica, la parola d’ordine per il futuro sembra essere ‘maturità’. Una massima nata in parte durante gli anni di turbolenza, ma scaturita anche dalla decisione del fondatore di Swatch Group Nicolas Hayek di limitare la distribuzione dei movimenti – l’elemento centrale di tutti gli orologi meccanici – della sua filiale ETA ai membri del gruppo e ad alcune marche selezionate. E non più a tutti gli orologiai che vogliono creare un loro prodotto.
Molte piccole marche che si approvvigionavano prima dalla ETA hanno così dovuto rivolgersi ad altri fabbricanti di movimenti. Le differenze estetiche saranno sicuramente poco visibili, ma i prezzi del segmento inferiore rischiano di subire aumenti.
Altri fabbricanti di orologi hanno dal canto loro optato per l’indipendenza ad ogni costo. «Le marche che si sono preparate ad investire nel loro apparato produttivo avranno molta più sostanza. E la sostanza è la garanzia del successo futuro di qualsiasi marca», afferma Jean-Claude Biver.
Verticalizzazione
Sotto la sua direzione, Hublot ha «verticalizzato» le sue attività, aggiungendo al suo portafoglio movimenti di alta qualità. Ulysse Nardin, che ha deciso di investire 80 milioni di franchi sull’arco di dieci anni, ha compiuto lo stesso passo. Quest’anno a Baselworld, la società presenterà cinque nuovi movimenti piuttosto che una collezione di nuovi orologi.
Con questa strategia non vuole solo mostrare le prodezze microtecniche di cui è capace. È un modo per attirare i consumatori e presentare l’orologio come un bell’oggetto dotato di una meccanica affascinante.
Per Elisabeth Doerr, la manodopera altamente qualificata, che da decenni ha forgiato la reputazione dell’orologeria, è la chiave per riuscire. In futuro la musica non cambierà. «Gli orologiai devono preservare la loro storia e mantenerla viva».
(traduzione di Daniele Mariani)
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