Lo spazio, ultima frontiera per l’investimento sostenibile
Lo spazio non è più appannaggio delle agenzie governative. Accanto ai mastodonti SpaceX, Blue Origin o Virgin Galactic, sono attive in questo settore migliaia di aziende di tutte le dimensioni. Una manna per gli investitori? Sì, a patto di avere passione e voglia di rischiare.
46 miliardi di dollari: è il valore stimato di SpaceX, la società di Elon Musk, che trasporta ormai gli astronauti sulla Stazione spaziale internazionale (ISS). La società ha già raccolto quasi 5,5 miliardi di dollari attraverso fondi di investimento. Più discreta, Blue Origin, l’altra grande azienda spaziale privata, riceve un miliardo di dollari all’anno dal suo fondatore Jeff Bezos. Se lo può permettere: il patron di Amazon è considerato l’uomo più ricco del mondo.
Virgin Galactic, fondata da un altro miliardario, Richard Branson, promette di inviare prossimamente turisti su voli suborbitali e ha ricevuto importanti finanziamenti da fondi sovrani con sede negli Emirati Arabi Uniti. È la prima grande società spaziale ad essere quotata in borsa.
Dalla finanza allo spazio
Queste cifre sono tratte da Hoch HinausCollegamento esterno, un libro pubblicato di recente (e per il momento solo in tedesco) da spacewatch.global e scritto da Raphael Röttgen. Le cifre sono il suo campo. Questo tedesco che vive sulla cosiddetta Goldküste di Zurigo ha un’esperienza ventennale nel settore della finanza. In particolare, ha lavorato per JP Morgan e Deutsche Bank. Nel 2017, ha deciso di riorientarsi verso lo spazio – passione di una vita – e si è laureato in studi spaziali all’International Space University di Strasburgo. All’inizio di quest’anno ha fondato E2MC, una società di consulenza per investitori nel settore spaziale.
Non bisogna però avere un diploma di finanza per divorare le 236 pagine del libro, nel quale vengono ripercorse le principali tappe dell’esplorazione spaziale, dai primi razzi alla lontana prospettiva di colonizzare la Luna o Marte. “Non ho voluto scrivere un manuale per gli investitori, che finirà negli scaffali specializzati delle librerie, spiega l’autore. Chi vuole investire lo troverà utile, ma anche chi intende lavorare nel settore spaziale e tutti coloro che vogliono semplicemente capire e meravigliarsi”.
Grande viaggiatore (la sua azienda ha uffici a Zugo, in Florida e in Brasile), Raphael Röttgen sostiene di incontrare ovunque lo stesso entusiasmo. “Lo spazio fa sognare, le prospettive sono esaltanti, il potenziale è enorme, è la nuova frontiera. Poi, coloro che ci sono già stati parlano di questo ‘overview effect’. Vista dal cielo, la Terra è senza frontiere. È una lezione per i nostri politici, che dovrebbero fare un giro in orbita. E forse ci arriveremo con il turismo spaziale. Più seriamente, lo spazio per me rappresenta un fattore unificate per l’umanità”.
Raphael Röttgen rivendica la sua visione ottimistica, anche se non esclude dei possibili sviluppi meno rallegranti. Ad esempio, una corsa agli armamenti nello spazio, il giorno in cui si tratterà di proteggere le rotte commerciali verso la Luna o gli asteroidi, le cui risorse minerarie stanno già mettendo l’acquolina in bocca ad alcune persone. Ma questo è un discorso di un futuro ancora lontano.
Il boom dei razzi
Nel frattempo, gli investitori possono sempre puntare sulle tecniche già esistenti. Il settore spaziale è già molto presente nelle nostre vite e lo è da molto tempo. Basti pensare alle telecomunicazioni, al GPS (e ad altri sistemi di posizionamento) o al monitoraggio del nostro pianeta (per il meteo, l’agricoltura, l’inquinamento e tanti altri campi).
Un settore in piena espansione è quello dei razzi. È lontano il tempo in cui le agenzie spaziali nazionali si rifornivano esclusivamente dai giganti del complesso militare-industriale. Arianespace, poi SpaceX e Blue Origin hanno spezzato questi monopoli. L’anno scorso, Israele è quasi riuscita a diventare la quarta nazione a compiere un allunaggio. La sua sonda Beresheet si è schiantata, ma rimane pur sempre la prima navicella spaziale finanziata principalmente da fondi privati a raggiungere un altro mondo.
La sfida è chiara: si tratta di far diminuire il prezzo per chilogrammo di carico utile sottratto alla forza gravitazionale della Terra, che attualmente è di diverse decine di migliaia di dollari. Innovazioni come il Falcon 9 di SpaceX, il primo razzo riutilizzabile, dovrebbero dare un contributo importante in questo senso.
L’amore per il rischio
Prima che l’azienda di Elon Musk riuscisse nell’impresa, ha dovuto anche lei fare i conti con una serie di incidenti. Il lancio di un razzo non è mai un’operazione di routine. E per analogia, anche investire nello spazio comporta dei rischi. In Svizzera nessuno ha dimenticato il tracollo di Swiss Space Systems, la start-up del cantone Vaud che pretendeva di voler ridurre notevolmente il prezzo della messa in orbita di piccoli satelliti e il cui ‘business plan’ si basava su un eccessivo ottimismo, per non dire su un grande bluff.
Raphael Röttgen ne è consapevole: “Investire nelle frontiere della tecnologia presenta sempre un rischio. Ma nello spazio, tende ad essere sempre più ridotto, perché le agenzie spaziali statali danno garanzie per progetti seri. Inoltre, il ritorno dell’investimento non è necessariamente lontano. A meno che, naturalmente, non si investa nello sfruttamento dell’acqua sulla Luna per le future colonie o per le missioni su Marte. Ma se si sceglie, ad esempio, un’azienda che elabora i dati inviati dai satelliti, si possono rapidamente avere dei profitti”.
Lo spazio sarebbe l’ultima frontiera dell’investimento sostenibile? Raphael Röttgen è convinto che l’impatto non può essere che positivo: “In campi come l’osservazione della Terra, che serve per capire il cambiamento climatico o per ottimizzare la pianificazione agricola, oppure la produzione di nuovi farmaci in situazioni di micro-gravità, direi che sono settori perfettamente in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite”.
Una start-up svizzera per fare pulizia in orbita
“Lo spazio aspetta la nuova Greta Thunberg”, scrive Raphael Röttgen nel capitolo che dedica al vero e proprio bidone della spazzatura che è diventata l’orbita terrestre. Dallo Sputnik 1 nel 1957, l’uomo ha lanciato nello spazio quasi 8’000 oggetti, 5’000 dei quali sono ancora in orbita. Solo circa 2’000 di questi oggetti sono controllati. Gli altri sono relitti, che a volte esplodono o si scontrano. Per questa ragione, circa un milione di pezzi di detriti di almeno un centimetro di diametro ‘galleggiano’ nello spazio circostante la Terra. Un centimetro può sembrare poco, ma visto che ruotano a una velocità 20 volte superiore a quella di un proiettile di fucile, l’energia di un singolo chicco di riso equivale a quella di una bomba a mano in caso di collisione.
Gli astronauti lo sanno e anche gli operatori satellitari. Non è quindi raro che sia necessaria una piccola correzione di rotta per evitare una collisione, come successo a inizio ottobre al telescopio spaziale svizzero CHEOPS. Ogni nuova collisione genera nuovi detriti, aumentando così il rischio di altre collisioni.
Una start-up svizzera ha sviluppato una possibile soluzione per affrontare il problema. Clearspace, nata in seno al Politecnico federale di Losanna, è riuscita a convincere l’Agenzia spaziale europea dell’importanza del suo progetto e riceverà 86 milioni di euro per implementarlo. Nel 2025 il primo “inserviente dello spazio” sarà un satellite capace di catturare i relitti e di inclinarli in modo che rientrino nell’atmosfera e così brucino.
Se il progetto sarà coronato da successo, Clearspace andrà ad aggiungersi al già fornito plotone di aziende svizzere attive nell’industria spaziale e che è composto di un centinaio di società.
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