La Grecia rischia tutto in nome della democrazia
Il referendum annunciato dal primo ministro greco George Papandreou rimette in discussione il piano di salvataggio europeo. Per la stampa svizzera la questione solleva interrogativi esistenziali. Per l’Europa, la Grecia e la democrazia.
«Papandreou è impazzito oppure è estremamente furbo?». Il titolo a piena pagina del Blick riassume bene la reazione di diversi quotidiani elvetici, che forniscono due chiavi di lettura all’annuncio del referendum greco.
Per il 24 Heures, l’iniziativa di Papandreou appare «suicidaria». Il referendum previsto per l’inizio del 2012 congelerà ogni passo in avanti per almeno tre mesi, sostiene il giornale romando.
Il referendum è fonte di ulteriore insicurezza e nervosismo sui mercati, osservano pure Der Bund e Tages Anzeiger. «Fino a gennaio Bruxelles non potrà fare alcuna pressione su Atene», si legge nel loro commento comune. Lo «shock di Atene», insiste il Blick, rimette tutto in discussione.
La Grecia come la Lehman Brothers
Se il primo ministro greco è arrivato a questo punto, scrive il 24 Heures, è perché la pressione nel suo paese è diventata troppo forte. Anche il suo governo è diviso sull’austerità drastica imposta dalla Troika del Fondo monetario internazionale, della Banca centrale europea e della Commissione europea.
L’annuncio a sorpresa di Papandreou getta dubbi sulla capacità del primo ministro di mantenere i propri impegni, ritiene da parte sua Le Temps, per il quale si tratta dell’ennesimo imprevisto in una crisi che dura da oltre 18 mesi.
«Papandreou è con le spalle al muro», scrive la Neue Zürcher Zeitung (NZZ), secondo cui l’idea del referendum è un ultimo tentativo per spingere l’opposizione a cooperare. Nel caso di un rifiuto popolare alle misure decise la settimana scorsa, «la bancarotta con tutte le sue imprevedibili conseguenze sarà inevitabile».
Per Le Temps, la Grecia sta giocando col fuoco, dal momento che a pagare le spese non sarebbe soltanto il paese mediterraneo. La crisi potrebbe infatti «propagarsi a tutto il pianeta», analogamente a quanto successo in ambito finanziario dopo il crollo della Lehman Brothers. «Sarebbe il caos».
Un atto di democrazia
I greci, prevede il 24 Heures, diranno sicuramente di no alle misure annunciate dall’Eurogruppo. Le conseguenze sarebbero allora pesantissime: la Grecia uscirebbe dalla zona euro, andrebbe incontro al fallimento e tornerebbe «indietro nel tempo di almeno 20 anni».
Sebbene abbia irritato un po’ tutta l’Europa, la proposta di Papandreou ha comunque degli aspetti positivi, sottolineano diversi quotidiani. Il fatto di lasciar decidere il popolo «è un atto di democrazia», ricorda la NZZ.
Il nuovo pacchetto di aiuti, osserva il foglio di Zurigo, non prevede soltanto ulteriori tagli, ma anche un maggior controllo sulla politica greca da parte dell’Europa. Un’intromissione che disturba molti greci, che ritengono di aver esportato la democrazia nel mondo.
I greci dovranno rispondere a una domanda basilare: vogliono continuare a contare sull’aiuto europeo? Se sì, dovranno cambiare le loro abitudini, il loro atteggiamento nei confronti dello stato e della comunità, osservano Der Bund e Tages Anzeiger. «Una decisione che i greci devono prendere da soli».
Il «coraggioso» Papandreou contro la dittatura dei mercati
A Papandreou potrebbe anche riuscire «un colpo da maestro», afferma il Blick. In caso di successo, la Grecia sosterrebbe per la prima volta in modo democratico le controverse riforme imposte dall’Europa. Per coloro che sono esasperati dalla «dittatura dei mercati», scrive il 24 Heures, potrebbe trattarsi di una vittoria del «coraggioso Papandreou».
Il referendum, concorda il professore di economia all’Istituto di studi internazionali di Ginevra Charles Wyplosz, intervistato da swissinfo.ch, «è un’opportunità per riportare un elemento di democrazia in un processo che è stato estremamente tecnocratico».
Ottobre 2009: il partito socialista Pasok vince le elezioni. Il deficit 2009 è al 12%, il doppio rispetto a quanto previsto dal governo uscente.
Gennaio 2010: la Grecia vara un piano triennale di risanamento che prevede un deficit al 2,8% nel 2012 grazie a riduzioni della spesa, lotta all’evasione fiscale e nuove tasse.
Febbraio 2010: il debito raggiunge i 350 miliardi di euro. Il paese è posto sotto controllo UE.
Maggio 2010: l’UE e l’FMI raggiungono un accordo con la Grecia per un piano di salvataggio da 110 miliardi di euro.
Qualche giorno dopo, l’UE lancia un Fondo europeo di stabilità finanziaria per soccorrere i paesi in difficoltà nella zona euro.
Giugno 2011: la Grecia adotta un nuovo piano di austerità e privatizzazioni, per poter continuare a ricevere aiuti internazionali.
Luglio 2011: l’UE raggiunge un accordo su un nuovo pacchetto di misure da 160 miliardi di euro per salvare la Grecia ed evitare il rischio di contagio ad altri paesi.
Ottobre 2011: i leader dell’Eurozona varano un piano anticrisi che prevede il taglio del 50% del valore delle obbligazioni e una riduzione di un terzo del debito di Atene in cambio di nuove risorse per 130 miliardi di euro.
Novembre 2011: a sorpresa, il premier George Papandreou decide di sottoporre a referendum il nuovo piano di aiuti. La notizia non piace ai politici europei che accusano Atene di cercare di sottrarsi all’accordo.
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