La riforma dell’imposta preventiva naufraga in votazione popolare
Domenica l'elettorato svizzero ha rifiutato di abolire l'imposta preventiva sui rendimenti obbligazionari. La sinistra, che ha promosso il referendum, può esultare: è la seconda volta in meno di un anno che una riforma fiscale voluta dalla destra e dal mondo finanziario fallisce in un voto popolare.
La sinistra è stata sconfitta domenica su uno dei suoi temi chiave, la riforma delle pensioni, ma ha ottenuto un premio di consolazione alle urne: l’elettorato l’ha seguita nella sua battaglia contro l’abolizione dell’imposta preventiva del 35% prelevata sugli interessi maturati sulle obbligazioni emesse in Svizzera.
Anche in questo caso, però, la vittoria si è decisa sul filo di lana. La proposta è infatti stata respinta dal 52% delle persone recatesi alle urne e si sono dovuti aspettare i risultati dei Cantoni più popolosi – Zurigo, Berna e Vaud – per avere un quadro definitivo della votazione.
Risultato serrato
Secondo i fautori dell’abolizione parziale dell’imposta preventiva, la complessità del tema in votazione ha giocato un ruolo decisivo nel “no”. Comunque vada a finire, il consigliere nazionale dell’Unione democratica di centro (UDC, destra sovranista) Thomas Matter vede un segnale positivo nell’esito serrato dello scrutinio.
“Personalmente sono quasi positivamente sorpreso”, ha detto il parlamentare zurighese alla radio svizzero-tedesca SRF. Negli ultimi anni sono state bocciate numerose votazioni su temi fiscali. Ma gli ultimi risultati mostrano che c’è una crescente consapevolezza che la prosperità sta indebolendosi, ha affermato Matter.
La consigliera nazionale socialista Priska Birrer-Heimo, che si è battuta contro la riforma, ha spiegato il risultato con il fatto che le associazioni economiche questa volta hanno “serrato i ranghi” e che anche l’Unione svizzera dei contadini si è impegnata per il “sì” insieme a EconomieSuisse e all’Associazione svizzera dei banchieri.
Regalo ai ricchi
Il Partito socialista, i Verdi e i sindacati, che hanno raccolto le 50’000 firme necessarie per sottoporre a referendum la riforma, ritenevano che l’abolizione di questa tassa equivalesse a “dare via libera alla criminalità fiscale delle persone ricche in Svizzera e all’estero”. Una delle ragioni dell’esistenza della ritenuta alla fonte è quella di costringere chi investe a dichiarare il suo reddito per poterne recuperare una parte.
La sinistra considerava inoltre che la volontà di abolire l’imposta preventiva facesse parte di un piano più globale della destra e degli ambienti economici “per ridurre le tasse sulle grandi aziende e sulle persone ricche a scapito della comunità”.
Lo scorso febbraio la sinistra aveva già ottenuto una vittoria alle urne, grazie al successo del referendum contro l’abolizione delle tasse di bollo, voluta dal Governo e dalla maggioranza di destra in Parlamento.
Perdite fiscali
Come a febbraio, la competitività della Svizzera come piazza economica e finanziaria è stata al centro delle argomentazioni di chi sosteneva la riforma. Secondo il Governo e la maggioranza del parlamento, l’abolizione dell’imposta preventiva avrebbe riportato le operazioni di finanziamento in Svizzera, creando posti di lavoro e generando nuove entrate fiscali.
L’Associazione svizzera dei banchieri ha denunciato “una situazione dannosa che porta la Svizzera a regalare le sue tasse e i suoi posti di lavoro all’estero”. Secondo la lobby bancaria, le aziende, ma anche i Comuni, i trasporti pubblici e gli ospedali avrebbero potuto trovare finanziamenti più facilmente e a costi inferiori con l’abolizione di questa tassa.
L’abolizione della ritenuta sui rendimenti obbligazionari avrebbe comportato un calo del gettito fiscale difficilmente quantificabile, in quanto dipendente dal livello dei tassi di interesse. Il ministro delle finanze Ueli Maurer ha parlato di una perdita di 200 milioni di franchi svizzeri, ma il comitato referendario ha stimato le minori entrate per le autorità in circa 800 milioni di franchi svizzeri all’anno.
Una “insalata” di cifre
Secondo il Consiglio federale, questa perdita fiscale sarebbe stata compensata da un aumento delle entrate dovuto al rafforzamento del mercato dei capitali di terzi. In un’intervista rilasciata a diversi giornali svizzeri alla fine di agosto, Ueli Maurer ha dichiarato che negli ultimi 12 anni il 60% del volume delle obbligazioni è partito all’estero a causa della tassa.
Tuttavia, questi dati contraddicono quelli forniti dalla società SIX, che gestisce la borsa svizzera. Il volume delle obbligazioni sul mercato elvetico è passato da 80 a 90 miliardi tra il 2013 e il 2021, come ha rivelato un’indagine condotta dai giornali di Tamedia Group la scorsa settimana.
Marius Brülhart, professore di economia all’Università di Losanna, ha denunciato in una serie di tweet l'”oscurità” che ha contraddistinto la campagna. “Ciò che mi ha infastidito del dibattito è il fatto che sia stato preparato così male dai sostenitori della riforma. Hanno avuto anni di tempo per farlo, visto che una riduzione fiscale simile era stata decisa nel 2012”, ha dichiarato Brühlart a swissinfo.ch.
Mancanza di rigore nell’analisi
Secondo il professore dell’Università di Losanna, è innegabile che il mercato delle emissioni obbligazionarie sia meno sviluppato in Svizzera rispetto ad altre piazze finanziarie concorrenti. “Ma questa differenza è dovuta principalmente, o addirittura esclusivamente, all’imposta preventiva? Ci sono altri fattori che potrebbero giocare a nostro sfavore, come l’apprezzamento del franco svizzero o la mancata partecipazione della Svizzera al mercato unico europeo dei prodotti finanziari. I sostenitori della riforma non hanno presentato un’analisi rigorosa per distinguere queste diverse influenze e dimostrare la particolare importanza della ritenuta alla fonte”, si rammarica Marius Brülhart.
Invece di fornire un’analisi di questo tipo, i rappresentanti del settore finanziario hanno preferito chiedere ai cittadini di fidarsi ciecamente di loro. “Il problema è che, pur conoscendo il loro mestiere, hanno anche un interesse commerciale a esagerare le loro promesse”, afferma Brühlart.
Nonostante la complessità della questione e la difficoltà per formarsi un’opinione basata su informazioni solide sulle conseguenze della riforma, Marius Brülhart si compiace del fatto che l’elettorato ha potuto esprimere la sua opinione alle urne domenica. “È unico al mondo sottoporre una proposta così tecnica al voto dei cittadini e delle cittadine. Ovunque, questa riforma sarebbe stata decisa da pochi politici, lobbisti e addetti ai lavori in Parlamento e nei ministeri”.
Seconda vittoria fiscale dell’anno per la sinistra
Nonostante un Governo e un parlamento con una maggioranza di destra, gli elettori spesso si fidano della sinistra in materia di politica fiscale. Già all’inizio dell’anno, un referendum sostenuto dalla sinistra e dai sindacati contro l’abolizione dell’imposta di bollo aveva avuto successo.
Il quotidiano conservatore zurighese Neue Zürcher Zeitung aveva previsto che la sinistra avrebbe avuto buone probabilità di vincere il voto sull’abolizione parziale dell’imposta alla fonte.
Tuttavia, se la sinistra riesce spesso a far naufragare i progetti fiscali della maggioranza del Parlamento in occasione delle votazioni popolari, non ha altrettanto successo quando si tratta di far passare le sue proposte. Un anno fa, solo il 35% dell’elettorato ha votato a favore della cosiddetta iniziativa 99%, che chiedeva una maggiore tassazione dei redditi da capitale.
Traduzione di Daniele Mariani
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