La risposta alle crisi rimane il tallone d’Achille di Nestlé
Il gigante alimentare ha reagito tardivamente alla decisione delle autorità indiane di vietare la vendita dei suoi prodotti Maggi. Oltre a perdite finanziarie milionarie, i problemi di comunicazione potrebbero arrecare danni d’immagine a Nestlé. Non è la prima volta che la multinazionale svizzera deve far fronte a crisi di questo genere.
I guai di NestléCollegamento esterno sono iniziati quando le autorità di sorveglianza dei prodotti alimentari dell’Uttar Pradesh, uno Stato settentrionale dell’India, hanno chiesto il ritiro dei Maggi Instant NoodlesCollegamento esterno, spaghettini con verdure pronti in due minuti, per aver violato le norme in materia di etichettatura. Invece di piegarsi, la multinazionale elvetica ha scelto di contestare questa decisione, ponendo sotto i riflettori il suo prodotto alimentare, molto popolare in India.
“In situazioni simili un’azienda dovrebbe innanzitutto cercare di apparire onesta, trasparente e sincera”, rileva Herbert Koch, presidente dell’Associazione per la comunicazione in caso di rischi e di crisi, con sede a Ginevra. Nestlé ha invece preferito rivolgersi ai consumatori, affermando che tutto era in ordine.
Un divieto costoso
Il 5 giugno, l’autorità indiana di regolamentazione del cibo ha imposto a Nestlé di richiamare tutti i suoi pacchetti di spaghetti istantanei Maggi Istant Noodles, dopo aver constatato che contenevano livelli di piombo superiori ai limiti consentiti.
Il 12 giugno, la Corte suprema di Mumbai ha vietato a tempo indeterminato la commercializzazione dei prodotti di questa marca. Secondo una stima, queste decisioni potrebbero costare circa 47 milioni di franchi al colosso alimentare svizzero.
Pochi giorni dopo sei Stati indiani hanno però ordinato il ritiro dei prodotti in questione, affermando di aver rilevato un’eccessiva presenza di piombo e glutammato monosodico. “I prodotti Maggi possono essere consumati senza rischi”, ha garantito Nestlé, tentando di rassicurare i consumatori. Ma la multinazionale si trovava ormai su una posizione difensiva, costretta a cercare di spegnere gli incendi su diversi fronti.
“Una società deve essere proattiva ed prendere in mano la comunicazione sin dall’inizio. In caso contrario, non può che limitarsi a reagire e a nuotare contro corrente”, sottolinea Herbert Koch.
Lobby alimentare
“Eravamo e siamo tuttora concentrati al 100% sulla risoluzione di questo problema, per rimettere i prodotti Maggi sugli scaffali. Facciamo di tutto per raggiungere questo obbiettivo e non ci sembra quindi opportuno cominciare a discutere della nostra strategia di comunicazione”, dichiara un portavoce di Nestlé a swissinfo.ch.
Le grandi multinazionali sono abituate ad affrontare casi ben più gravi in India, osserva Devinder Sharma, esperto di politica alimentare. “C’è una lobby potente che comprende i maggiori operatori del settore, nonché agenzie di pubblicità e di pubbliche relazioni, e che agisce a diversi livelli del sistema per garantire che nulla possa ostacolare le loro attività”.
Ma nel caso dei prodotti Maggi, Nestlé ha perso rapidamente la padronanza del caso. La maggior parte degli esperti concordano sul ruolo chiave svolto dai media in questa controversia.
I giornalisti sono stati molto attivi negli ultimi anni per occuparsi di questioni legate alla sicurezza dei prodotti alimentari, conferma Kavitha Kuruganti dell’organizzazione non governativa (ong) India for Safe FoodCollegamento esterno. “Ad esempio, quando il Centro per la scienza e l’ambiente, un’altra ong, ha rivelato di aver trovato una grande quantità di pesticidi in bottiglie d’acqua e di bibite, questo caso è finito sulle prime pagine dei media”.
I precedenti del latte in polvere
“Quale più grande gruppo alimentare del mondo, Nestlé si dimostra arrogante. I suoi leader pensano che, ribadendo continuamente la stessa cosa, la gente finirà per credere loro”, ritiene Patti Rundall, direttrice di Milk ActionCollegamento esterno. Questa ong sta già conducendo da decenni una campagna in favore del boicottaggio della multinazionale elvetica.
A detta di Milk Action, Nestlé contribuisce alla “morte e a inutili sofferenze tra i bambini”, tentando di spingere donne in gravidanza, giovani madri e lavoratori nel settore sanitario ad acquistare i suoi prodotti e a rinunciare al latte materno.
Il divieto degli spaghetti Maggi
L’autorità di regolamentazione delle derrate alimentari dello Stato indiano dell’Uttar Pradesh ha individuato tracce di glutammato monosodico (MSG) in confezioni di pasta Maggi, appartenente alla Nestlé. La presenza di MSG non è indicata sulle confezioni dei prodotti.
Nestlé ha inizialmente fatto ricorso contro l’ordine di richiamare circa 200’000 confezioni di spaghetti istantanei Maggi Istant Noodles. In seguito al suo rifiuto, i campioni sono stati inviati ad un laboratorio, che ha confermato la presenza di MSG, oltre che elevate quantità di piombo.
Sei Stati indiani hanno quindi imposto a loro volta il ritiro dei prodotti in questione, la cui vendita è stata vietata in tutto il paese dal 5 giugno. Nestlé ha quindi ceduto e dato inizio al programma di ritiro da tutti i negozi dei prodotti Maggi.
Impiegando troppo tempo per reagire, il gruppo svizzero ha lasciato alimentare le polemiche, soprattutto sui social network, osservano i media indiani. La multinazionale ha inoltre attirato delle critiche, presentando la sua decisione come reazione alle pressioni dell’opinione pubblica, piuttosto che come un problema di salute pubblica.
Il gigante alimentare ha risposto, spiegando che i decessi di neonati sono stati causati dalla pessima qualità dell’acqua utilizzata e dalla malnutrizione delle madri, non dai suoi prodotti. Ciò non ha impedito a diverse ong, tra cui Milk Action, di accusare Nestlé di “uccidere i bambini”.
Campagna di Greenpeace
La multinazionale ha dovuto affrontare altri attacchi nel 2010, quando GreenpeaceCollegamento esterno ha lanciato una campagna, accusando Nestlé di provocare la deforestazione in alcuni paesi tropicali, producendo olio di palma proveniente da fonti non rinnovabili. Per questa campagna, l’organizzazione ambientalista ha prodotto un video, pubblicato anche su Youtube, in cui propone una parodia di una pubblicità di KitKat, lasciando intendere che la produzione delle barrette di cioccolato mette in pericolo la vita degli oranghi delle foreste tropicali.
Nestlé ha chiesto a YouTube di rimuovere il video, facendo valere una violazione dei diritti d’autore, e ha pubblicato delle reazioni sulla sua pagina di Facebook. Tentativi che hanno destato piuttosto disapprovazione da parte dell’opinione pubblica e hanno contribuito a rendere virale il video.
“L’opinione pubblica mostra generalmente un grande interesse, quando una società, che cerca di controllare ogni cosa, perde questo controllo”, dichiara Ian Duff di Greenpeace. “Penso che Nestlé avrebbe fatto meglio a rispondere alla nostra campagna apertamente e onestamente, affrontando le questioni sollevate dal pubblico”.
Controllo dei danni
Se la multinazionale non è riuscita a reagire in modo ottimale alle campagne relative al latte materno e alla deforestazione, i suoi tentativi di riparare i danni alla sua immagine hanno avuto maggiore successo.
“Ora siamo considerati leader nel campo del marketing responsabile per quanto concerne il latte in polvere e la lotta contro la deforestazione”, sostiene Nina Kruchten, responsabile della comunicazione del colosso alimentare. Nestlé è l’unica azienda produttrice di sostituti del latte materno finora inserita nel FTSE4Good IndexCollegamento esterno, che valuta le pratiche pubblicitarie delle imprese alla luce di una serie di criteri di responsabilità sociale.
Nonostante la sua reazione iniziale alla campagna di Greenpeace, Nestlé si è chiaramente pronunciata nel 2010 a favore della lotta contro la deforestazione, promettendo di usare solo olio di palma proveniente da fonti sostenibili. Il gruppo svizzero è stato il primo ad impegnarsi in questo modo e da allora è stato seguito da molte altre aziende del settore energetico, fa notare Nina Kruchten.
Non è mai troppo tardi per ritornare a galla dopo una prima reazione disastrosa, ritiene Helmut Koch. “Partendo da una visione a corto termine, una società può certamente rifiutarsi di ammettere errori di comunicazione, nella speranza che il pubblico finisca per dimenticare”, spiega l’esperto di crisi. “Ciò non sarebbe solo sbagliato dal profilo etico, ma potrebbe avere anche un impatto negativo sulle vendite della società a lungo termine”.
Traduzione di Armando Mombelli
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